Buck Eden
L'INCONTRO SULLA PISTA CON IL LUPO ADDOMESTICATO
Quanti rallentamenti sulla pista! Appena avverti accanto, invisibile tra gli arbusti, un animale astuto. Il mio procedere guardingo diventa motto per trarmi in inganno… dallo scoiattolo che saltella sul larice frondoso alla volpe che fugge veloce. Boschi secolari valico e pianure dove l’erba suona nel vento un vibrato oscuro che nell’immediata emozione di non decifrarlo so che trasmette il pianto di chi so io. In questa vecchia capanna, mentre fuori sfavilla qualche infortunio di stelle con pianeti su di giri, capanna che ogni volta è più cadente, ho trovato o si è fatto trovare il Lupo che si fece addomesticare. Viene dagli Apologhi per la sera muta (*) di un mio amico, rimasto in città, e che ha la pretesa di scrivere mentendo e di dire la verità sempre scrivendo ma scuoiando dalle parole l’ombra della finzione. Come se fosse possibile! Non funziona a cose normali figurarsi in amore. Però a portarne il peso e la colpa son io. E anche il Lupo ha la sua razione. Castità posticce, tradimenti, versi di una bellezza grezza come diamanti scheggiati, vocazioni smentite il tempo di dormirci sopra, tutto gli viene leggero se a purificarne le responsabilità sono uomini come me e bestie come il Lupo.
Mi ero fatto addomesticare, racconta con occhi contenenti il midollo spinale piegato nella cuccia, perché pensai che l’unica realtà da vivere fosse quella domestica, e la selvaticheria era un lusso che volli dismettere. Ora che invecchio vado verso le selve dove sono nato. Ti seguo da giorni, anche tu scappi da qualcosa. Vai verso un altro immaginario? Un residuo epos da vivere come ti pare sul Web? Per un attimo, addormentandomi con quelle fauci accanto, nella brace del pelo vicino al collo, penso divertito a come sia sul punto di essere divelta ogni tradizione se anche un animale così addomesticato scappa dalla carta stampata, dove l’avevano rinchiuso per apologheggiare un destino biografico non suo.
Nel sonno, che magari custodisce il reale di chi ci sta inventando, il Lupo mormora che smetterà di scrivere tornando libero. Gli carezzo il pelo ispido della fronte con moto fraterno. E io che libero sono, se vado verso ogni selvatichezza solitaria, senza neppure una squaw, cosa scriverò e come? Ancora mi sarà di divertimento e vaghezza?
Buck Eden
(*) Sacrificio. Il Lupo si fece addomesticare, convinto che l’unica vita da scrivere fosse quella domestica. Ne ricavò un petto maciullato dagli obblighi, ma l’opera ogni giorno gli veniva fuori scodellata. (“Apologhi per la sera muta, 2.11.1986”, Annuario Tellus 27, “Dalla Torre Pendente alle Alpi, 2006)
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