venerdì 28 febbraio 2020

Accio: Anonima Ateniese Veneziana per Nostro Sacro Eros ovvero uso spericolato manuale sex della mitologia greca, 3




Anonima Ateniese Veneziana - Scatti per "Nostro Sacro Eros", 3






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Anonima Ateniese Veneziana per Nostro Sacro Eros 
ovvero uso spericolato manuale sex 
della mitologia greca



III
                     

Mio pisano Kouros,
mi sono scordata sul tuo polpaccio l’ultimo bacio, prima che ti facessero partire
per un’altra battaglia, abbandonando l’ombra calda della tua assenza
dentro la forma del mio corpo.


Mi sono imbattuta nella saggezza dell’enigmatico irrisolto.


Il mio dio non me lo perdonerà: ti guarderà con invidia, perché la sua sacerdotessa si concede con voglia al membro eretto del Gaudente. Non gli spiegherò l’esistenza della mantica del corpo che ti attraversa per liberare: per lui, l’invasata non si concede al piacere, e il suo godimento è prigionia nel razionale disvelamento della violenza del maschile.


Hanno conosciuto altre donne la danza del tuo pene dentro di loro?


E quale sapienza ne hanno tratto?








Il miele che mi doni, te lo spiegherò – come i tuoi auguri leggevano il volo dei volatili, così io interpreto il movimento del tuo sperma nel mio ventre.


La poesia ha toccato bocche impreparate o insulse. Altre si sono ritratte, ustionandosi.


E tu in loro ti sei prosciugato in irriverenti sconcerti, specchio del piacere dato.


Ma bisogna essere perfetti anche nell’incastro. Bisogna che le lingue battano dove la parola geme senza paura di richiudersi in morte.


Bisogna, la morte, averla attraversata, mio Kouros. E tu non temi di vedere il bianco dei miei occhi, mentre la vita s’accosta ai confini estremi del corpo.


Crescano lontano i loro figli! Abbattano le loro case, e fuggano lontano da noi!

Non tollereremo l’insipienza che culla le loro menti.


Lo sapevi prima di conoscermi, che la vita ti doveva parlare attraverso l’amore immortale. Va’ dunque alla guerra, e torna rinnovato dalla tua verità.


KOURUS







Accio: Anonima Ateniese Veneziana per Nostro Sacro Eros ovvero uso spericolato manuale sex della mitologia greca , 2



Anonima Ateniese Veneziana
 Scatti per "Nostro Sacro Eros", 2





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Anonima Ateniese Veneziana per Nostro Sacro Eros
ovvero uso spericolato manuale sex 
della mitologia greca



II

Oggi il tuo volto ha bucato il lenzuolo in cui ero avvolta.
Puoi negare che ti manchi la tua mantica amica?
Ti ho visto sorridere a qualcosa di indefinito attraverso tutto quel bianco,
e ho capito che sei al sicuro.
Abbiamo svolto il compito più arduo: argomentare la nostra radice, allontanarci dall’ideologia di noi stessi:
per far questo mi hai dovuta penetrare con forza, e io ho dovuto cedere al piacere
che si nasconde sempre!, dietro il dolore.




Mi hanno voluto per la mia spada? No! – dici – l’ardore in guerra era la scusa per avvicinare le loro paure da sotto strati di pulsioni inascoltate.

Hanno usato la guerra (che incombe sul mio capo da una vita!) per imputarmi l’assenza di pace nelle loro case!
Poi m’accusavano di crudeltà. Poi mi dicevano ch’ero un guerriero spietato. Poi prendevano lo scudo e si lanciavano nelle prime file, in qualche baruffa da mercato, e si definivano guerriere impavide e affidabili, sbraitando il loro nome nella ciarliera agorà.
Ma è bastato vedessero il tuo sesso aperto per abbandonare lo scudo (non esiste atto più pavido, anche per opliti da strada!) della loro miserevole guerra!
Volevano uccidere chi dialoga con la morte.
Volevano la morte di chi con la morte ha pasteggiato in lontananze siderali.
Hanno ucciso sé stesse.


Così mi raggiungi, e più t’allontani più la tua voce riverbera la mia conoscenza.
Quelle donne che dici, le vedo dal Tempio: racimolano il tempo impiegato ad essere altro, allungano l’occhio al Sacro Altare, per spiare l’ombra dell’Anonima Ateniese Veneziana
che si muove sopra il tuo corpo.
Non siete buone per questo uccello! Sciò!
Non vi darà mai l’appagamento che a me può dare, perché io ne moltiplico il gusto di prendermi. E in noi ogni amplesso prepara nuove triremi pronte a salpare! È per noi il fumo odoroso del legno di concave navi che bruciano il mare!

Ti vedo coperto di cenere, sorridi dentro il mio petto.





KOURUS







Accio: Anonima Ateniese Veneziana per Nostro Sacro Eros ovvero uso spericolato manuale sex della mitologia greca, 1


Anonima Ateniese Veneziana
Scatti per "Nostro Sacro Eros", 1





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Anonima Ateniese Veneziana per Nostro Sacro Eros
ovvero uso spericolato manuale sex 
della mitologia greca


I
     
Ho vinto le differenze tra me e te.
Oppure le abbiamo vinte assieme, ma non ricordo più né dove, né quando: i giorni fuggono, come voci che si rincorrono nel vento dell’Acropoli.


Mi hai detto, quando ci siamo incontrati, che i corpi non ti interessavano più. Ne avevi conosciuti tanti, e tuoi sensi erano ebbri di storia. Quanto chiedi ora (quanto avevi sempre chiesto) è l’eternità.


Vedo, non sei un guerriero come gli altri. A te non serve battaglia per morire
o per dare la morte, e nei tuoi occhi io sola!, ho potuto ammirare tutte le mie rinascite! Sono la Pizia che scopre l’enfasi dell’invasamento d’un dio diverso.

Questo racconta

il tuo membro teso e bagnato massaggiandomi le labbra.

È Dioniso che mi possiede e che da me viene posseduto.


Ma voi, voi che vi siete fatte attaversare da lui come carni di giumenta per una ecatombe! Voi!, portavate dentro la morte! Siete buone appena per il lupanare... per qualche panchina, per il sedile d’un auto, disgraziate che avete scambiato la musica di un dio per il rumore delle vostre menzogne!

Io sola, che da lui sono stata presa tutta, e che lui tutto ho preso per un giorno intero, e una notte, e un giorno e un’altra notte ancora, sono la Sposa che con lui condivide il Talamo nuziale e che ne accoglie il sonno, dopo l’amore, sulla propria spalla.


Piango con le sue lacrime, godo con i suoi sensi. Io, parlo la sua lingua!


Chi non ne è capace, sparisca!


Oppure osservi da lontano, se proprio vuole restare; perché tormentare l’eterno attira a sé sciagura. Non si attenta a chi ama. Altrimenti, ricordatelo!, si viene uccisi: perché ogni nostro orgasmo è la contrazione del male chiuso nelle vostre gole strozzate
dalla profanazione del Sacro.


                                                                                                                                                                      KOURUS








venerdì 14 febbraio 2020

Karoline Knabberchen: Tre poesie: due pisane e una lucchese. A Fabio Nardi mio fidanzato (1979). Cura Claudio Di Scalzo



CDS: "Karoline ultimo sole" 

Karoline Knabberchen 
(Guarda, Engadina, 1959 - 1984 Norvegia, Lofoten,Austvågøy





Karoline Knabberchen

TRE POESIE: DUE PISANE E UNA LUCCHESE
(a Fabio Nardi, mio fidanzato)
(cura Claudio Di Scalzo)





     SAN MARTINO IN LUCCA

     Cuspidi d'insondata materia,
     Coltri d'eterna memoria, senza scampo:
     Su di voi vortica, elevata virtù,
     La compassione:
     Enunciata attende, al crocicchio,
     Un suono di rinascita.
     Varcherà allora le porte della città eterna,
     Confiderà quanto in petto
     Cancellò il tempo.
     Attende lo squillo ampolloso,
     Il corno che apre alla battaglia:
     Su Lucca, splendente nella conchiglia
     Della mano, San Martino veglia
     E chiude le Mura
     Il galoppo della sua legione.
     Vento di dicembre, schianto
     Di cristallo tra le costole dei basamenti:
     Unico suono di natività questo mutare
     Del cielo, questo incrinar leggero
     Delle torri il capo.
     Non so dirti quale dolcezza tutta
     Ai piedi delle mura si rapprende e tace,
     Mentre il Serchio in là curva e s'allontana.

     Ho camminato per le vie dipinte,
     Con zoccoli d'alce ho scovato l'eco
     Simulata della tua natura.
     Una selva indicibile brucia tra le campane
     Delle cento chiese.
     In quest'aria torta a forza come un turacciolo
     Dal legno della croce, ecco:
     Ho adorato lo spirito del Cristo.
     Verrà il momento, mi son detta,
     In cui il morbido infantile tormento,
     L'assoluto tormento sopito
     Dentro questa imperfezione,
     Evaderà da quel varco minimo,
     Affiorerà alla vita.

     E tu con me, deposto fiore tra mille altre recisioni,
     Cancellerai ogni sforzo nel ricordare:
     E vanisce il segno, l'adolescenza di questa città
     Fragile d'altre mille percosse
     All'uomo.
     Irriconoscibile, ho varcato la soglia:
     Lo sguardo nudo del peccato
     Si schiude nella cova del Cristo Nero.
     Una madre s'invola:
     Una madre e un padre con tutta la loro
     Durezza di diamante ascendono
     Al cielo dell'irreparabile distacco.
     Dicono non sia umano il suo volto;
     Che il saggio Niccodemo lasciò cadere
     Lo strumento innanzi alla Sua Grazia,
     E quanto in lui viveva nel ricordo
     Prese forma
     Senza ch'egli toccasse il legno.

     Un altro occhio incontro,
     Il tuo,
     Pallido come d'abbandono.
     S'abbatte alle fontane, infuoca
     L'acqua battesimale:
     Il suo abito è ricordo dissepolto
     Sotto cumuli d'altra cenere.
     Nulla è perduto!, gridi e mi sorridi.
     La mia babele, tra queste quattro mura:
     S'è destata perché affiori quanto ci riguarda.
     Sei tu la mia spinta verso l'alto?
     Tu la sorda devozione?
     Le strade, leggere come petali, ci attendono;
     Il tramonto ne consuma la voce,
     Le invecchia e protegge l'oscurità
     Che a me manca.

     A San Martino mi portavi a sera:
     Perché non m'inquietasse l'ombra
     Sulle colonne chiare,
     E tutta in me vibrasse l'eco dei passi
     Tra il selciato e la soglia;
     E ti chiedessi poi, sulle Mura,
     Altra, piena confessione
     E la mia totale assoluzione,
     Per poi spegnermi devota
     Nell'inconciliabile che mi porgevi.

      (1979)
 



 SERA A RIPAFRATTA

 Sovrapporre nome ad altro nome,
 Confondere le maniere in cui l'uno
 Posa sull'altro, per pietà di se stessi:
 Con questo peso che inganna
 Perché privo di misura nel midollo,
 Si accosta a noi la prossima stagione.
 Nome che scalza altro nome,
 Compleanni d'oro come piume della mitica chimera;
 Cos'altro tra questi avanzi di quieta civiltà,
 Tra questi sassi accatastati per la grazia
 D'altri tempi?
 Tra le tempie la prossima deposizione,
 Tra le tempie tese come due colonne
 Accedo al tempio d'ogni dissoluzione.
 Freme sotto la febbre che ammanta
 L'ultimo profilo, nero:
 Ripafratta,
 Una gola serrata in cui arretrano
 Le ere a me sconosciute,
 Una canzone che procede rovesciata
 Lungo il corso della storia.

 (1979)





 PIAZZA DEI MIRACOLI 

 Con quanta allegria gratta in cielo l'ultima stella!
 Anche questo è un tramonto, penso;
 Questa densità che piano respira
 - Vai sù -
 E dilegua ogni perplesso limite
 Sulla soglia.
 Questo rincasare quando tutti i confini
 Si sono infranti
 E San Ranièri a tre angeli senza nome
 (tuoi parenti? Te li sei inventati?
 Sembrano bolscevichi ex pope ortodossi
 Con quelle barbe lunghe)
 ha spento l'ultima candela.
 Un verso più lungo, che attenda me
 Sull'uscio, lo sguardo teso al rimprovero.

 La famigliarità da volgo offeso
 Della Torre,
 Il rispetto ieratico del Padre che t'attende
 - ormai fuori albeggia -
 Alla porta istoriata del Battistero.
 Rivedo le mie forme, le assolute,
 Che compiono giri infiniti
 Per ripiombare nel pieno tormento della vita.
 Qui, ancora, l'Arno è il mio pericolo,
 La natura inconciliabile che s'impenna
 E disarciona opprimendo il cavaliere.

 (1979)





Karoline Knabberchen









Claudio Di Scalzo
IL CANZONIERE DI KAROLINE KNABBERCHEN



Il Canzoniere di Karoline Knabberchen, è un immaginario, per estensioni tematiche, che tiene in sé presupposti speculativi che sono anche carne e sangue, reale, di un’avventura poetologica e narrativa. Romanzo. Il personaggio di Karoline ha il cuore angelico oceanico, e può contenere anche altre firme, che ne dilatano il battito. Come per il fumetto e cinema e serie televisive auspico che altre firme ne scrivano un altro lemma, di questa partizione. Transmoderno.

Nel suo viaggio terrestre e da presenza oltre la morte Karoline ci dona il suo elenco di illusioni e allusioni perché noi si possa, io e Fabio Nardi, comporre l’atto consustanziale alla sua biografia con testi creativi che siano anche recita, preghiera, religione, alchimia. L’angolatura prospettica della storia di Karoline Knabberchen morta, taglia la parola personale perché accolga nella ferita un sistema di immaginario in dialogo con la prosodia, la cadenza, il respiro adatto ai nomi del reale e di quanto lo valica.


La presenza della "ranocchietta" saltellante Knabberchen, noi due, Claudio Di Scalzo e Fabio Nardi, la conduciamo nelle pieghe del mondo per danzare ogni rapporto di creazione linguistica come fuoco in-fatuato tra pagina stampata ed elettronica, sperando somigli a fuoco divoratore dei tempi a noi consentiti non spegnendosi. Scriviamo perché la voce di Karoline Knabberchen vinca ogni consumazione. E resti racconto per chi la vorrà incontrare.


L’arditezza si confà a questa scommessa, nostra, con la delicatezza di una giovane donna svizzera, che sostò a Pisa, nei primi anni Ottanta, e nel paese di Vecchiano, e che molto viaggiò nella sua breve esistenza (Guarda.Engadina 17 IV 1959 - Lofoten.Norvegia 20 VIII 1984), a volerne raccontare, nei generi più diversi, ogni reale extratestuale per proliferazione di eventi e apparizioni.


Dai rami del bosco a Guarda, dove Karoline nacque, arriva il muschio del tronco che s’affida a un nord perenne, e la fragranza scaldata dal sole autunnale dei rami a Sud. Se immaginate chi scrive che questo tronco abbracciano avrete il rigore circolare costruttivo che ci anima.

Però il poema necessità che il bosco e il tronco e i rami da noi scelti guardino il mare, e noi con loro, l’oceano e il cielo stellato che di esso fa calco nel visibilio di certe notti, perché noi cerchiamo una semantica della forma che sia pura, e il Sacro s’accosta soltanto all’immensità. In questo processo, e ci sentiamo molto antichi, le nostre identità si mischiano negli spazi vissuti a quelli da vivere, all'intreccio del già scritto a quanto verrà versato nell’abisso concavo dell’immaginario. E le nostre psiche avranno la loro morfologia - spacchiamo il presente nel passato e futuro, invertiamo i tempi - nello sguardo della donna svizzera che ci guida.

Ogni procedimento artistico diventa, se sposato, un anello da portare al dito indice con cui si scrive; io e Fabio Nardi nel Canzoniere di Karoline Knabberchen ne accettiamo che esso distringa la mano e le ossa e la pelle nella crescita del procedimento artistico perché ogni lacerazione reale abbia legittimazione nella trama iridescente della fascinazione di quanto verrà letto e guardato nell’opera avendo al suo stesso interno la finzione della poesia: perché ogni anello ti consegna a una fede e insieme ti lacera le falangi se mai volessimo staccarlo dall’impegno preso. L’amore per Karoline Knabberchen è per sempre!

La tensione nell’immaginario per Karoline è unificante. Come la paglia tagliata conserva l’oro e la recisione della falce.

Ogni rappresentazione porta con sé l’eterogeneità e sta alla tensione unficante – useremo la dialettica? – estrarre dal caos del “racconto” quanto ha forza detto mito del sacro nella vita nella biografia poi morte e quanto vale meno di un’ombra di scodella rimossa vuota dal tavolo.


Karoline Knabberchen raggiunse con Fabio Nardi, nel Marzo 1981, la tomba di Giovanni Boine a Imperia/Porto Maurizio. (Da questo viaggio la raccolta: Clikka: Karoline Knabberchen: La Resurrezione di Giovanni Boine) Una tomba può rivelare che quanto sembrava noto nasconde l’gnoto in cerca d’altro nome. L’esperienza stratificata nell’oblio del poeta ligure rivela che il nostro immaginario è sempre affamato di alterità, verso quanto si rivela dedizione, custodia, cura, e anche un gorgo nell’oceano può somigliare ad un fiore che ancora fiorisce nel circolo dell’eternità da depositare dove la pietra parla.






PERSONAGGI PRINCIPALI 
DEL "CANZONIERE DI KAROLINE KNABBERCHEN"
KAROLINE KNABBERCHEN

Poetessa svizzera che studia letteratura e filosofia all’università di Pisa
e che si suicida venticinquenne alle Lofoten, Austvågøy, il 20 agosto 1984

FABIO NARDI
Fidanzato vecchianese di KK e artista fotografo dalla vena eclettica

LIBERTARIO NARDI
Babbo sempre evocato senza tomba fissa

ELVIRA SPINELLI
Madre di Fabio, sarta in ogni luogo apprensiva

ETEOCLE SPINELLI
Nonna di Fabio

ANDRI KNABBERCHEN
Padre dei pomeriggi in barca

GERDA ZWEIFEL
Madre severa, signora degli incubi

RUT ZWEIFEL
Nonna dei garofani rosa

UGO SENTITO
Filosofo misteriosofico









PIANO DELL'OPERA

KAROLINE KNABBERCHEN. CANZONIERE D’AMORE IN VITA


Libro-Introduzione
"Le età dell'angelo svizzero Karoline Knabberchen - Diario Bagnato"

La freccia di sabbia. Libro Primo. Due tomi.
Due piante nel nocciolo. Libro Secondo.
Bave. Viaggiatori da Biblioteca.
Ornitologia vecchianese ed engadinese per KK.  Libro Terzo. Due tomi
Quaderno illustrato vecchianese. Libro Quarto.
Viaggio intorno a un volto. Libro Quinto. Due tomi.
Spuma sulla carrucola in risalita. Libro Sesto.
Anello Rovente. Libro settimo.

KAROLINE KNABBERCHEN. CANZONIERE D’AMORE IN MORTE

Il verso annuale della ranocchia. Fiabe del camino.

Telegrammi sott’acqua. Candele spente.
Come apparve la morte a Karoline Knabberchen. Libro ottavo

Karoline disegna. Libro Nono.
Filosofia da baita. Proiezioni musicali. Libro Decimo.
Tavolozza per Gaudio e Requiem. Cardiodramma. Libro Undicesimo
Fabio Nardi - Karoline Knabberchen. Epistolario. Lettere. Biglietti postali. Cartoline. Libro Dodicesimo
La Resurrezione di Giovanni Boine. Libro Tredicesimo



Del “Canzoniere di Karoline Knabberchen” in trentasette anni sono stati pubblicati pochi estratti da “La freccia di sabbia”,


“Quaderno illustrato vecchianese”, “Viaggio intorno a un volto”,

“Cardiodramma”, soprattutto sulla rivista poi annuario Tellus, e sporadicamente in mostre collettive di poesia visuale negli anni Ottanta.


CDS cura il racconto illustrato in versi e prosa e fotografia: "Karoline e il fotografo"




SULL’OLANDESE VOLANTE - Barra Rossa - ALCUNI CAPITOLI





Karoline Knabberchen: Il Bambino e la Bambina che saltavano i fossi (Libro Perduto di Karoline Knabberchen - a cura di Claudio Di Scalzo)




Karoline Knabberchen l'immortale amata nell'ultimo sole - cds






Karoline Knabberchen


IL BAMBINO E LA BAMBINA CHE SALTAVANO I FOSSI


(per il libro perduto di KK - a cura di Claudio Di Scalzo)

Conobbi il bambino Fabio che saltava i fossi. Da bambina mi ci innamorai. Seppi subito che costeggiando con me i fossi nella campagna che va al lago di Massaciuccoli, verso il padule, prima o poi sarebbe saltato di la. Ero pronta a seguirlo. Forse precederlo. Mi disse con competenza ironica… se salti attenta alle canne che tagliate aprono i polpacci come coltelli. Evita anche l’ortia che poi ti gratti per ore fino a scortiatti e il prurito ùn passa. Altre bambine s’erano innamorate di lui. E lui le portava lungo i fossati. Poi lo avevano visto ancora solo. Per certo era saltato dall’altra parte. Secondo me non l’avevano seguito. Quando saltò io lo seguii. Dall’altra parte accovacciati per lo slancio, ruzzoloni, sbucciati nei ginocchi,… ci guardammo. Seppi che se fossi caduta in acqua lui m’avrebbe dato la mano per risalire. Lo stesso avrei fatto con lui. Cominciammo a correre e a ridere. Ranocchietta… che non sei altro, mi diceva, gre gre gre - Rospo rospaccio che non sei altro, rispondevo. E mi tirava il ciuffo ribelle sulla fronte… e lo spedatavo negli stinchi… e poi riprendevamo a correre a saltare altri fossi. Senza il salto che ci mise alla prova non avremmo corso assieme nel pomeriggio estivo. Lui è il mio eroe io la sua eroina. Ci ameremo anche da grandi. E sarà per sempre.



°°°


Ho conosciuto la bambina Karoline mentre io, monello, tiravo con la fionda da un ramo del melo nel campo subito fuori il paese. La trovai lì, due gambine secche secche con la ginocchia sbucciate, il musetto da topina affilato con la luce di una stella. Lei mi guardò, scese dal ramo veloce come una lucertola e mi invitò:'Bimbo, vieni con me a saltare i fossi?'
Che strano, pensai... Una bambina che mi sfida proprio lì dove non ho rivali. 'Attenta' risposi 'se cadi e poi ti bagni io non torno indietro a prenderti!'. La guardavo con aria di sfida, ma in realtà non capivo neppure io perché il cuore mi battesse così forte in petto che mi pareva dovesse schizzar fuori più veloce dei sassi che tiravo con le mie fionde.
'Non cadrò, non ti preoccupare. Tu sei bravo a saltare. Non mi diverto con gli altri bimbi che non san saltare bene.'
Corremmo ridendo fino al fosso. 'Attenta alle canne tagliate... E alle ortiche... È pieno di ortiche di là'
Lei mi guardò e sorrise. Mi guardò e capii che sapeva cosa stava facendo, e che forse sapeva saltare meglio di me. Capii, senza che me lo dicesse, che se fossi caduto lei sarebbe tornata indietro a tirarmi fuori dalla corrente.
Fu l'attimo in cui m'innamorai, e giurai con uno sguardo, con un sorriso, che mai l'avrei abbandonata... Solo lei, in salto, avrei amata.


°°°


Ho ritrovato questo scritto della mia Karoline a Vecchiano. E’ un dittico. Nacque così. “Io scrivo come fossi te che parli di me, e tu fai all’incontrario”. M’è sembrato che le idrovore mi prosciugassero il sangue come facevano con l’acqua dei fossi nella bonifica verso il lago di Massaciuccoli. Uscì nella notte e s’affidò all’oceano, all’acqua delle Lofoten. Non potei darle la mano a risalire. Alla mia Ranocchietta Knabberchen nel salto che fece. Ero un eroe da nulla.





VOCE DELLA FIGURA MISTERIOSA:


Caro Fabio, io ero una bimba che saltava i fossi. So quale patto vi ha legati per l'eternità: il patto che lega due esseri che - unici - capiscono di poter saltare assieme. Ti sarà capitato, in tutti gli anni che seguirono l'ultimo salto di Karoline (quello che lei decise di spiccare da sola) di incontrare altri amori... Eppure, lo sai, lo hai visto tu stesso: non sono molti coloro i quali sanno tener calibrare la spinta, meno ancora quelli disposti a tenderti la mano quando cadi.

Annota Karoline sul suo diario:"Fabio spicca voli predatori, quando mi raggiunge, in picchiata, ha lo sguardo trasversale del Pellegrino. Non fuggo, anche quando nell'iride rispecchio l'intenzione della lepre. So che non mi prederà, lui sa che il mio volo è identico al suo."












Claudio Di Scalzo
IL CANZONIERE DI KAROLINE KNABBERCHEN


Il Canzoniere di Karoline Knabberchen, è un immaginario, per estensioni tematiche, che tiene in sé presupposti speculativi che sono anche carne e sangue, reale, di un’avventura poetologica e narrativa. Romanzo. Il personaggio di Karoline ha il cuore angelico oceanico, e può contenere anche altre firme, che ne dilatano il battito. Come per il fumetto e cinema e serie televisive auspico che altre firme ne scrivano un altro lemma, di questa partizione. Transmoderno.


Nel suo viaggio terrestre e da presenza oltre la morte Karoline ci dona il suo elenco di illusioni e allusioni perché noi si possa, io e Fabio Nardi, comporre l’atto consustanziale alla sua biografia con testi creativi che siano anche recita, preghiera, religione, alchimia. L’angolatura prospettica della storia di Karoline Knabberchen morta, taglia la parola personale perché accolga nella ferita un sistema di immaginario in dialogo con la prosodia, la cadenza, il respiro adatto ai nomi del reale e di quanto lo valica.



La presenza della "ranocchietta" saltellante Knabberchen, noi due, Claudio Di Scalzo e Fabio Nardi, la conduciamo nelle pieghe del mondo per danzare ogni rapporto di creazione linguistica come fuoco in-fatuato tra pagina stampata ed elettronica, sperando somigli a fuoco divoratore dei tempi a noi consentiti non spegnendosi. Scriviamo perché la voce di Karoline Knabberchen vinca ogni consumazione. E resti racconto per chi la vorrà incontrare.

L’arditezza si confà a questa scommessa, nostra, con la delicatezza di una giovane donna svizzera, che sostò a Pisa, nei primi anni Ottanta, e nel paese di Vecchiano, e che molto viaggiò nella sua breve esistenza (Guarda.Engadina 17 IV 1959 - Lofoten.Norvegia 20 VIII 1984), a volerne raccontare, nei generi più diversi, ogni reale extratestuale per proliferazione di eventi e apparizioni.



Dai rami del bosco a Guarda, dove Karoline nacque, arriva il muschio del tronco che s’affida a un nord perenne, e la fragranza scaldata dal sole autunnale dei rami a Sud. Se immaginate chi scrive che questo tronco abbracciano avrete il rigore circolare costruttivo che ci anima.


Però il poema necessità che il bosco e il tronco e i rami da noi scelti guardino il mare, e noi con loro, l’oceano e il cielo stellato che di esso fa calco nel visibilio di certe notti, perché noi cerchiamo una semantica della forma che sia pura, e il Sacro s’accosta soltanto all’immensità. In questo processo, e ci sentiamo molto antichi, le nostre identità si mischiano negli spazi vissuti a quelli da vivere, all'intreccio del già scritto a quanto verrà versato nell’abisso concavo dell’immaginario. E le nostre psiche avranno la loro morfologia - spacchiamo il presente nel passato e futuro, invertiamo i tempi - nello sguardo della donna svizzera che ci guida.



Ogni procedimento artistico diventa, se sposato, un anello da portare al dito indice con cui si scrive; io e Fabio Nardi nel Canzoniere di Karoline Knabberchen ne accettiamo che esso distringa la mano e le ossa e la pelle nella crescita del procedimento artistico perché ogni lacerazione reale abbia legittimazione nella trama iridescente della fascinazione di quanto verrà letto e guardato nell’opera avendo al suo stesso interno la finzione della poesia: perché ogni anello ti consegna a una fede e insieme ti lacera le falangi se mai volessimo staccarlo dall’impegno preso. L’amore per Karoline Knabberchen è per sempre!

La tensione nell’immaginario per Karoline è unificante. Come la paglia tagliata conserva l’oro e la recisione della falce.

Ogni rappresentazione porta con sé l’eterogeneità e sta alla tensione unficante – useremo la dialettica? – estrarre dal caos del “racconto” quanto ha forza detto mito del sacro nella vita nella biografia poi morte e quanto vale meno di un’ombra di scodella rimossa vuota dal tavolo.


Karoline Knabberchen raggiunse con Fabio Nardi, la tomba di Giovanni Boine a Imperia/Porto Maurizio. (Da questo viaggio la raccolta: Clikka: Karoline Knabberchen: La Resurrezione di Giovanni Boine) Una tomba può rivelare che quanto sembrava noto nasconde l’gnoto in cerca d’altro nome. L’esperienza stratificata nell’oblio del poeta ligure rivela che il nostro immaginario è sempre affamato di alterità, verso quanto si rivela dedizione, custodia, cura, e anche un gorgo nell’oceano può somigliare ad un fiore che ancora fiorisce nel circolo dell’eternità da depositare dove la pietra parla.






PERSONAGGI PRINCIPALI
DEL "CANZONIERE DI KAROLINE KNABBERCHEN"
KAROLINE KNABBERCHEN

Poetessa svizzera che studia letteratura e filosofia all’università di Pisa
e che si suicida venticinquenne alle Lofoten, Austvågøy, il 20 agosto 1984

FABIO NARDI
Fidanzato vecchianese di KK e artista fotografo dalla vena eclettica

LIBERTARIO NARDI
Babbo sempre evocato senza tomba fissa

ELVIRA SPINELLI
Madre di Fabio, sarta in ogni luogo apprensiva

ETEOCLE SPINELLI
Nonna di Fabio

ANDRI KNABBERCHEN
Padre dei pomeriggi in barca

GERDA ZWEIFEL
Madre severa, signora degli incubi

RUT ZWEIFEL
Nonna dei garofani rosa

UGO SENTITO
Filosofo misteriosofico



PIANO DELL'OPERA

KAROLINE KNABBERCHEN. CANZONIERE D’AMORE IN VITA


Libro-Introduzione
"Le età dell'angelo svizzero Karoline Knabberchen - Diario Bagnato"

La freccia di sabbia. Libro Primo. Due tomi.
Due piante nel nocciolo. Libro Secondo.
Bave. Viaggiatori da Biblioteca.
Ornitologia vecchianese ed engadinese per KK.  Libro Terzo. Due tomi
Quaderno illustrato vecchianese. Libro Quarto.
Viaggio intorno a un volto. Libro Quinto. Due tomi.
Spuma sulla carrucola in risalita. Libro Sesto.
Anello Rovente. Libro settimo.

KAROLINE KNABBERCHEN. CANZONIERE D’AMORE IN MORTE

Il verso annuale della ranocchia. Fiabe del camino.

Telegrammi sott’acqua. Candele spente.
Come apparve la morte a Karoline Knabberchen. Libro ottavo

Karoline disegna. Libro Nono.
Filosofia da baita. Proiezioni musicali. Libro Decimo.
Tavolozza per Gaudio e Requiem. Cardiodramma. Libro Undicesimo
Fabio Nardi - Karoline Knabberchen. Epistolario. Lettere. Biglietti postali. Cartoline. Libro Dodicesimo
La Resurrezione di Giovanni Boine. Libro Tredicesimo



Del “Canzoniere di Karoline Knabberchen” in trentasette anni sono stati pubblicati pochi estratti da “La freccia di sabbia”,


“Quaderno illustrato vecchianese”, “Viaggio intorno a un volto”,

“Cardiodramma”, soprattutto sulla rivista poi annuario Tellus, e sporadicamente in mostre collettive di poesia visuale negli anni Ottanta.


CDS cura il racconto illustrato in versi e prosa e fotografia: "Karoline e il fotografo"



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