lunedì 7 giugno 2010

In morte di Mauro Puntoni. Da Claudio Di Scalzo detto Accio

 

                                                         Malevich - Quadrato nero - 1915


IN MORTE DI MAURO PUNTONI

Due giorni fa, con un messaggio su Facebook, avendomi letto sul Weblog “Vecchiano un paese”, un mio compaesano, Mariano Nencini, e intanto sono passati quaranta anni, mi ha scritto un biglietto: “Caro Accio, credo tu sia l’Accio che conobbi alla Pergola, sono Mariano, ti saluto e ti do purtroppo una triste notizia: il Puntoni è morto.
Giovanissimo, facevo i primi anni di Ragioneria a Pisa, e prima di conoscere il Pazzo, bighellonavo in un bar di Vecchiano: La Pergola. Aveva ed ha un glicine che proteggeva in estate i tavolini. Con le prime sedie all’americana dove potevi stare come un papa perché cilindriche e variopinte. Qui la sera appariva il Puntoni. Mauro Puntoni. Un ragazzone alto, corpulento, fasciato in una camicetta troppo piccola. Che parlando a scatti diceva: Passami una sigaretta. Dai! Passami una sigaretta. Che poi veniva fumata tenendola sul suo faccione con minuzia, stretta tra l’indice e il pollice fino al filtro. Fumava come ci si aspettava che facesse l’attore in certe comiche in bianco e nero prima di scivolare sulla classica banana. Il Puntoni, arrivando da Piazza Garibaldi e in avvicinamento alla combriccola amicale, era salutato con richiami e qualche fischio e lui si dondolava con passo incredibilmente felpato per la sua mole: Che si dice, ragazzi, che si dice! Passami una sigaretta! Stasera andiamo a vivere! Eh! Vado dalla mia bella. Aveva una ragazza il Puntoni? Sì e no. E credo che Mariano Nencini sappia qualcosa in più di quanto so e ricordo io. Il Puntoni, o “Maurino”, aveva in questi amici, a volte eccessivamente scherzosi, un punto di riferimento sicuro, che lo faceva vivere allegro e spensierato quanto l’allegria e spensieratezza consentiva a un giovanotto con qualche rotella in meno. Viveva la giovinezza, oltre la protezione asfissiante di genitori preoccupati. Prima che arrivassero le ASL con i medici annoiati e le loro note incomprensibili sul disagio mentale, prima del politicamente corretto che magari ti consegna a una solitudine infernale. Il gruppo in cui ero capitato aveva inventato, invece, un’originale cura psicologica per far “vivere” bene il Puntoni. Mariano Nencini era uno di questi “medici”. Scanzonato portava in giro il Puntoni, a Torrre del lago, anche a Viareggio. Che altrimenti non avrebbe mai visto! Non so come, non lo ricordo, ma qualcuno, deve aver pensato che era tempo di far conoscere al Puntoni la sessualità. La prassi. Ne parlava a scatti, con confusi riferimenti, lo chiedeva con circonvoluzioni d’immagini a volte oscure, che denotavano anche una chiara sofferenza a non aver mai assaggiato la nicchia, la topa, la passera. Rapida colletta, salto a Viareggio, la più bona e costosa, per la bisogna, putttana in circolazione, e il gioco era fatto. Debitamente istruita la puttana fu dolce, comprensiva a sobbarcarsi quel corpaccione accaldato e tremolante, e fece un’opera veramente dolce e sublime.
Però Mauro Puntoni s’innamorò. Forse era da prevederlo. E non della passera e basta!, no, della donna, di quegli occhi dolci, di quella voce, di quel profumo, di quel viale, di quell’appartamento, fino allo zerbino tanto fine, al campanello dal suono melodioso, fino ai cinque minuti regalati, a lui, Mauro, per fumare una sigaretta, bere una bibita da un frigo assolutamente moderno. E ora come tenercelo lontano? Bisognava portarcelo ancora e ancora e ancora? E fare altre collette o sviarlo? E se partiva a piedi? E se chiedeva il passaggio a dei malintenzionati? Non tutti, fuori da Vecchiano, lo conoscevano e lo “accudivano”.
Non so come sia andato a finire l’amore di Mauro Puntoni. A breve mi trasferii in un altro bar. Nel paese vicino. Nodica. Dove trovavo Il Pazzo. Per raggiungere, insieme, la Capannina di Franceschi o la Bussola, e lì Puntoni non l’avrei certamente trovato. Non l’avrebbero nemmeno fatto entrare! Me lo racconterà casomai Mariano, il proseguo. Ricordo però che da quando si diffuse notizia della passione amorosa del Puntoni, tanti paesani presi dal caos emotivo e pulsionale per un amore dove il punto di vista implicava trasformare Dulcinea in una Dama, venivano battezzati come “maurini”, è un “maurino”, dicevano sarcastici. E tutti capivano. Il fondatore, intanto, del neologismo continuava a raggiungere la pergola, il glicine, e chissa come cadeva, il fiore, sulla sua testa a cucuzzolo, quando ne scoteva i rami fingendosi arrabbiato contro tutti.
Il Puntoni è morto in un centro per anziani. Solo. I suoi genitori da tempo non c’erano più. E neppure la combriccola della pergola, a renderlo personaggio nelle sere estive: guardando verso Viareggio. Al Puntoni, per il lutto, lascio un glicine sul quadro di Kasimir Malevich, tutto nero. Una lapide meno anonima di quella che gli avranno frettolosamente scolpito. Dal suo lontano amico Accio. E ringrazio Mariano Nencini, di avermi dato l’occasione di ricordare un paesano. Stamani all’alba.

                                                 Claudio Di Scalzo detto 


Ps: A un amico di Como che, di recente, mi istruiva su come Facebook sia un meccanismo frivolo, per scambi tutto sommato futili, o al massimo per stare in circolo come fans, come adepti di una foto, di un video, di un incontro poetico o artistico, dimostro che si può fare anche altro con la scrittura, con l’amicizia, con il proprio volto ritrovato su Facebook. Che si può scrivere sulle vite non illustri, quando si è scelto come me, sempre e comunque, di illustre non esserlo. Però poi accade che ti cerchino 40 anni dopo, che cerchino Accio, sapendo che scriverà sul Puntoni. E non per un premio, per una plaquette, per aggiungere un titolo a un curriculum di autore. Per me essere scrittore così grazie a un biglietto di Mariano Nencini, operaio in pensione della Piaggio, è già un dono grande. E credo proprio che l’amico di Como abbia sbagliato indirizzo a scrivere a uno come me. Meglio impieghi le sue risorse a dialogare con addetti ai lavori più fini e introdotti in faccende letterarie. cds







 

giovedì 3 giugno 2010

Willy DeVille: I call your name per Olandese Volante. Ricordo di un incidente d'auto... della Radio Libera Gong... e del barbiere Paolo Fatticcioni. A cura di Claudio Di Scalzo detto Accio


 

                                               William “Willy DeVille” Bursay, 1953 - 2009



Claudio Di Scalzo

L'INCIDENTE D'AUTO DI ACCIO 
E IL PAZZO CHE SA COME GUARIRLO

Willy DeVille è morto il 9 agosto 2009. Quando lessi la notizia trafiletto su di un quotidiano era inutile ne parlassi con gli amici di Marina di Vecchiano. Tanto non lo conoscevano. E il Pazzo, l’unico che ne sapeva qualcosa, non c’era più in giro. (1949-2005. In Rete, sull'Olandese Volante, su Tellusfoglio, sull'annuario Tellus lo ricordo. Amico del Cuore. E nella Rivoluzione). Per ricordare che era stato lui a farmelo conoscere. Tra le tante avventure strampalate messe in piedi c’era anche quella di organizzare una Radio Libera. A fine anni Settanta. Radio Gong. Con cui ci svenammo di spese. Ed anche a chiamare i Gong in concerto a Viareggio. 

Trasmettemmo per qualche mese, appunto. Poi il Pazzo per recuperare i soldi spesi andò a fare il Disc-Jokey al Principe di Piemonte, e io lavorai con mio padre, a guidare il camion da mattina a sera, anche in estate, per pareggiarmi. 

Willy DeVille veniva dal punk newyorkese, all’inizio aveva un gruppo i Mink Willy Deville, e poi inventò dischi ibridi con musicalità latine. Nel 1982 quando stavo attraversando Viareggio, diretto alla Bussola-tenda dove cantava Battiato, in fulgore allora con Bandiera bianca, all’incrocio di via Alfieri con via Foscolo, non mi fermai allo stop, anche perché le strade interne a Viareggio si somigliano tutte, e una Renault 9, me la ricordo con precisione!, mi sfece la fiancata alla Mini sbattendomi contro un muretto. Mi lussai una spalla, sbattetti la testa, e mi portarono all’ospedale per controlli. 

Per un laureato in lettere che non aveva alcuna voglia di insegnare letteratura, e che normalmente faceva il perdigiorno, era un segnale! Il Pazzo transitato un quarto d’ora dopo con la sua macchina, vedendo la mia mal ridotta, si precipitò in ospedale a vedere cosa mi ero fatto. Volevano tenermi lì per controlli la notte. Ma io volli andar via. Le lastre non davano niente di rotto. E il ghiaccio in testa potevo tenercelo da solo. 

In auto il Pazzo mi disse: Ascolta questo cantante, è un fenomeno. Non ricordo che canzone fosse di DeWille. Amo pensare fosse una canzone sentimentale, ma di quel sentimentalismo acre, e tagliente, che sembra venir fuori da qualche film sceneggiato da chi ha letto Conrad e Faulkner. Escludemmo di andare al concerto. E chi ci aspettava tanti saluti. Andammo a pescare sul lago. Al casotto con la rete. Le ammaccature e la spalla dolevano. Però le canzoni di Deville erano vitali, riconciliavano con la felicità d'averla fatta franca al dolore che mutila. Paolo, il Pazzo, era protettivo, come un fratello maggiore, aveva tre anni più di me, Accio l'hai scampata bella! ti ricordi come a me sia andata peggio! eh!, e aggiunse: telefona alla Nada e le dici che siamo a pescà, la macchina domani G. te la ripara e Lalo non se n'accorge; poi telefona anche a lei... dille che hai avuto un incidente, vedrai che smette di studià i filosofi, ansiosa scende dall’Engadina, fate pace, ti sistema la carrozzeria, testa compresa! e così vai più piano! 

Seguii il consiglio. Mentre alzavo la cornetta sorridevo. Con la testa che mugliava come il mare. Con Deville a complicare il ronzio. cds











L'Olandese Volante, in uscita on line a metà giugno, sarà diretto da Claudio Di Scalzo,

   







   

mercoledì 2 giugno 2010

Willy DeVille per Olandese Volante: My forever came today. Assoluto in navigazione



 


Sempre, per sempre, nei secoli dei secoli dei secoli /Ever, forever, ever and ever and ever / Reaching out for me / Raggiungere per me / Something warm in your eyes / Qualcosa di caldo nei tuoi occhi /Touched my heart / Toccato il mio cuore / And all the love I never knew, I found in you / E tutto l'amore che ho mai conosciuto, ho trovato in te / Suddenly, my world, my life was standing still / Improvvisamente, il mio mondo, la mia vita era ancora in piedi / And you touched my hand / E hai toccato la mia mano / For everlasting love, I've been forever dreaming of / Per amore eterno, ho sempre sognato / At last, at last, my forever came today / Finalmente, finalmente, mio per sempre è venuto oggi / Reso la mia vita solitaria un paradiso / It came today, forever came today / E 'venuto oggi, per sempre è venuto oggi / Ooh, look in my eyes and see how much I want ya Ooh / guarda negli occhi e scopri quanto ti voglio / Feel my touch, you know how much I need ya / Senti il mio tocco, sai quanto ho bisogno di te / I may be young, but I'm old enough to know / Posso essere giovane, ma sono abbastanza vecchio da sapere / Look at me, I will never let it go / Guardami, non potrò mai lasciarlo andare / Let this moment thrill me a lifetime / Facciamo sì che questo momento sia brivido di una vita / Make it last, make it last / Farlo durare, farlo durare / Make it last forever / Farlo durare per sempre

                                                       Ever, forever - Sempre, per sempre
Make it last forever - Farlo durare per sempre
Ever and ever and ever - Sempre e sempre

Ooh, you're my precious little flower - Ooh,  tu sei il mio prezioso fiore piccolo
Girl, you give me so much sweetness - Ragazza, tu mi dai tanta dolcezza

Make it last for more than just a day - Farlo durare di più di un giorno
Make it last for more than just an hour - Farlo durare di più di un'ora
Make it last forever - Farla durare per sempre

I believe we can make it last forever - Io credo che possiamo farlo durare per sempre
That we can make it last forever - Che possiamo farlo durare per sempre

Ever and ever and ever -  Sempre e sempre