sabato 4 giugno 2011

Anonima: Piccolo Requiem celeste per Paolo Fatticcioni

    





PICCOLO REQUIEM CELESTE PER PAOLO FATTICCIONI DETTO "IL PAZZO"

L’uccellino blu non avrà più bisogno dell’esistenza leggera
perfetto passerà il tempo senza linfa senza rugiada senza le ombre della sera.
Non incanterà più l’aria né giocherà col vento
posato sulla roccaforte di un bastone da passeggio.
Si è fatto di legno per non morire.


Gentile Claudio Di Scalzo, ...la raggiungo con questa e-mail in un luogo che presumo nel nord Italia, non avendola vista al funerale di Paolo detto “Il Pazzo”. So della vostra amicizia - che mi hanno detto rinsaldata dagli anni passati nella formazione politica di Lotta Continua e in tante scorribande di gioventù nelle sale da ballo di Viareggio - e per questo ho vinto la mia ritrosia a disturbarla. Ho anche letto sulla sua rivista - e qui ho trovato il suo indirizzo elettronico, in “Vite con ribellioni”, (Riferimento all'annuario Tellus 26, 2005. Volume esaurito. NdC) come Paolo Fatticcioni racconta la sua vita di barbiere a Nodica e di Don Giovanni un po’ ovunque, e questo mi ha convinto a chiederle una cortesia. Ho scritto per Paolo una specie di poesia, unendola a un’immagine catturata dal mio telefonino. (Le immagini che ricevetti nel 2006 erano tre, stesso soggetto. Ndc). Le chiedo, caro Di Scalzo, di pubblicarla sulla rivista come se fosse un requiem per quest’uomo che ritengo una persona veramente speciale e indimenticabile. Non cerco di essere diversa da altri amici e amiche che si sono affidate a una corona di fiori, oppure a una preghiera, perciò non le dirò niente di me. Il mio requiem sarà anonimo, l’uccellino azzurro è un simbolo e tale voglio che resti: inafferrabile ma presente come un saluto inscalfibile. Addio professore, ignori il mio indirizzo e-mail che subito cancellerò, non mi risponda dunque, conto che mi esaudisca.







Ho ricevuto una e-mail con immagine e didascalia dedicata a Paolo Fatticcioni, il barbiere di Nodica morto giorni prima, il 14 novembre 2005.  La composizione, nel suo insieme, unisce poesia e dolore trasfusi nel fiabesco. Scelgo di pubblicarla sull'annuario Tellus, che già nel numero 26 ospitò il mio amico con la sua ironica confessione. Il volume è dedicato al "viaggio",... e c'è per tutti quello nel regno delle Ombre.  L’uccellino azzurro dell'Anonima è una lettura del dolore e dell’assenza che consola e turba: come la poesia può fare, come l’amicizia sincera suggerisce, come l’amore che non si consuma impone. Che cos’è la Morte se non l’indurirsi di una mancanza dove l’assente diventa come un bastone per avere ancora, con lui, il contatto verso la terra? E la scelta del tono irreale ha ancor più valenza di simbolo. Lo trovo così elegiaco questo spartito con immagine, così delicato, che mi sono permesso, nel pubblicarlo, di metterci un titolo e di trascriverlo a stampa come: Piccolo requiem celeste per Paolo Fatticcioni, e non avendo potuto rispondere alla mittente senza nome lo faccio qui, in calce a questa nota: “Gentile inventrice dell’Uccellino azzurro, le confido che se non ero al funerale è stato perché tenedomi la mano stretta mi disse: "Accio, non venire dietro la bara, non tu, vai a ricordarmi sul molo di Viareggio". E così ho fatto. Sappia che anch'io aspiro, come dono che sigilli la mia avventura, a un uccellino simile. Magari un cardellino con le zampette posate su dei versi testimonianti che l'amore non fu vissuto per nulla. E tali perciò da accompagnare protettivi nell'arduo viaggio"  Claudio Di Scalzo, 2006







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Il Comune di Vecchiano ha dedicato il campo sportivo La Coronella di Nodica, lungo gli argini del Serchio, a Paolo Fatticcioni detto Il Pazzo. La stele dell’architetto Fabio Daole, che esprime l’energia e la circolarità della vita,  ricorda la sua dedizione al gioco del calcio come evento di vitalismo giocoso lontano dagli stereotipi in auge.  L’epigrafe che mi sono sentito di dedicare al mio amico dice: "Paolo Fatticcioni raccontò e ascoltò storie nella sua barberia, tu che passi e qui sosti, aggiungi una storia al vento, al silenzio di questa stele". Io lo faccio tutte le volte che lì sosto tornando a Vecchiano.






Paolo Fatticcioni è nato il 10 ottobre 1948 a Laura, sulle colline pisane, ed è morto a Nodica, Pisa, il 14 novembre 2005. Barbiere di grandissimo talento. Portiere dilettante. Fondatore di Lotta Continua a Vecchiano. Cacciatore di padule con richiami nel lago di Puccini. Anche di frodo spesso. Tiratore al piattello. Giocatore di carte. Scopritore di talenti nel calcio e organizzatore di tornei. Ma soprattutto dongiovanni. Alla morte non l’ha data vinta fino all’ultimo giorno, fumando lo stesso con un tumore in gola e bazzicando locali e tavoli da poker a Viareggio.
Mi piace immaginare che l’Anonima, scrivendo per lui i versi con L’uccellino azzurro, abbia scritto un’elegia indimenticabile.
A questo personaggio che ha fatto della sua vita un romanzo orale da lui interpretato e da tante voci raccontato, e che sicuramente tante altre arricchiranno di nuovi capitoli, va la mia protezione nel viaggio che ora lo vede coinvolto.
Ha raccontato qualcosa di sé in “Vite con ribellioni”: Annuario Tellus 26, 2005. Volume esaurito. 
(dall'annuario Tellus 27: Dalla Torre Pendente alle Alpi, Viaggi e altri viaggi", 2006. Volume esaurito)


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(Scelta di narrazioni dedicate al Pazzo)

L'ULTIMA VOLTA...
  

                                     
LA RADIO LIBERA CON IL PAZZO E WILLY DEWILLE
                                                


TORNANDO DA VIAREGGIO

http://claudiodiscalzotellusfoglio.blogspot.com/2010/04/tornando-da-viareggio-con-immigrant-son.html


IL PAZZO E ACCIO E SILVIA COMOGLIO A CACCIA DELCINGHIALE






venerdì 3 giugno 2011

Claudio Di Scalzo: Il sogno che t’aspetti di Accio e del Pazzo

    

                                                                       Accio e il Pazzo




Ieri sera guardando il disegno dei due amici in esergo, che mi accompagna da mesi, ho pensato che i due personaggi potevano essere anche Accio e Il Pazzo. Io con il mio amico che è morto di cancro nel 2005. Nella notte l’ho sognato. Stamani ho trascritto il sogno come meglio potevo. E aggiunto una didascalia possibile, dopo quanto sognato, ai due sulla riva dell’oceano. In me la “narrazione” funziona così. È il mio modo di pregare ricordando un’amicizia. Che la Morte non ha scalfito. In tanti ci hanno “fatto la lezione” e condannati come inaffidabili e rovinosi per le esistenze a cui ci legavamo. Forse è stato proprio così. Eravamo "imputabili". Ma poi ci si riscatta o scrivendo o sapendo morire come altri non sanno fare. E qui sta il “sughero”. Mi piace pensarlo nel giugno ventoso. Dopo un sogno...

                                       -Andiamo, Pazzo, dobbiamo partire da questo luogo per un’altra avventura
                                       -Partiamo subito?
                                       -Prima devo andare in Tribunale... sarà una cosetta da nulla!
                                       -Ne sei sicuro?
                                       -Sì... mi sembra...
                                       -Lo spero. Allora vado in barberia, ho un cliente. Passa di lì...
                                       -Impegnativo?
                                       -Una cosetta da nulla.
                                       -Lo spero, Pazzo. Ci vediamo tra poco e poi si parte...



IL SOGNO CHE T’ASPETTI DI ACCIO E DEL PAZZO.
(SOGNO A GIUGNO)



-Lei è imbutabile, dice il Giudice, per quanto accaduto. Come si dichiara?
-Come vuole che mi dichiari! su di una parola che non esiste! e poi perché mi dà del Lei,... vengo qui un mese si e uno no a rispondere di accuse e a pagare pignoramenti! Ci conosciamo ormai...
-Non le ho dato del Tu quando l’ho condannata la prima volta, che per me è una specie di amore a prima vista, figurarsi se cambio adesso che condanna dopo condanna il suo caso mi ha stancato, ah non dica impietosito! non provo pena per i dannati come LEI!... ripeto Lei è Imbutabile... ne tragga le conseguenze. Segua la procedura di Lontananza e Gelo che impone la sentenza.

Dal volto di persone che ridacchiano nel salone intendo che sono perduto, però non mi viene rivelato in che supplizio... capisco solo che morirò... tutte le altre volte ho trovato una via di fuga e nella sopportazione del dolore mi mettevo in salvo. Ha un ultimo desiderio? Sì, Giudice! devo salutare un amico che abita qui vicino. Guardie accompagnate l’Imbutabile perché non scappi. M'incammino verso la barberia con i due alle calcagna che rimpiccioliscono fino a diventare due talpe: siamo armate mi dicono tracotanti riducendosi ai minimi termini. Entro nella barberia del Pazzo: sta tagliando i capelli a un cliente. In silenzio. Il che mi sembra strano. Cosa ti è successo? mi chiede guardandomi nello specchio. Mi hanno dichiarato Imbutabile! Lo guardo anch’io nello specchio: ha le fattezze da venticinquenne! Le talpe salgono sulle sedie a leggere giornali di cronaca nera e si leccano i baffi in modo volgare. Ci diamo un’occhiata, come ai tempi delle nostre avventure in Versilia e scattiamo via di corsa; le Talpe ci seguono al trotto, e anche il cliente che si porta dietro le forbici. Noi corriamo verso il Tribunale. Grido al Pazzo che dobbiamo trovare un’altra strada perché nel prato del Tribunale c’è un enorme imbuto dove verrò gettato. Dove verremo gettati, corregge. Perché non scappiamo? chiedo interrogativo. E’ il Conto Accio, non fare il duro di comprendonio! lo sai cos’è il Conto?! ti hanno presentato il Conto! fino ad ora te le sei cavata perché sapevi che il Conto in un modo o nell’altro l’avresti pagato! ora sei Imbutabile! da lì non si scappa secondo la condanna! si precipita giù come vino nella bottiglia senza fine. Nessuno sa dove si finisce. Allora perché non torni in barberia? Sono Imbutabile anch’io. Guarda il Cliente chi è. Mi volto. E vedo la faccia dello stesso Giudice. Si divide in più persone come vuole, mi dice ironico Il Pazzo. Immagina un po’ chi è Accio!? Ci vuol poco a capirlo!

Vediamo il parco del Tribunale. Con al centro una specie di piscina a forma d'imbuto interrata dove gorgoglia un liquido scuro. I trampolini da cui ci getteremo si flettono nel vento di giugno. Sono due infatti. E più in altro sopra un albero vedo un uomo pallido che gocciola sangue sull’ultimo ramo. Anche lui sta per tuffarsi. E ci guarda e ci dice: usate quanto avete rubato ieri sera se siete imbutabili. E venitemi dietro. Ma chi è? chiedo al Pazzo. Come chi è? risponde meravigliato, come fai a non riconoscerlo! E’ Cristo! - Cristo? ... allora noi siamo i due ladroni. Così uno di noi due non si salva! E chi te lo dice! stavolta ci salviamo in due! Cosa vuol dire usate quanto avete rubato ieri sera? Non ti ricordi più nulla Accio. Abbiamo bevuto due bottiglie di Champagne e poi siamo scappati dal retro del ristorante saltando la finestra! Ah già... e allora? Tu hai portato con te i due tappi. Per ricordo, hai detto. Potevamo pagare ma per il gusto di rubare il pranzo al ristoratore avido siamo scappati. I due tappi tirali fuori. Ne passo uno al pazzo. Che lo stringe. Con sguardo deciso. Ora vediamo se funziona! Si muore assieme, dice! e forse si torna a galla da un’altra parte. Quelli come noi finiscono male ma hanno vissuto sapendo cos’è il bene avendone nostalgia. Lui ci aiuta a scoprirlo, ci dà la sua mano, Accio. Non potevamo che morire così! Imbutabili...

Il Cristo s’era già tuffato e nuotava come un pesce spandendo sangue. In alto il Giudice, affacciato al muretto, aveva il viso corrucciato come se la sua sentenza potesse essere vanificata e insieme era soddisfatto perché sparivamo. Il Conto è salato, mi urla il Pazzo mentre sprofondiamo come in un maelström... e ha il viso deformato dal dolore e dall’agonia. E anch’io riesco a malapena a rispondergli, è atroce questa sentenza!,  ho la nuca strattonata in una specie di garrota che mi toglie il fiato... il Conto è salato... com’è giusto che sia! gorgoglio, e stringo il sughero.



Notte tra il 2 e il 3 giugno
A Paolo Fatticcioni detto Il Pazzo
da Claudio Di Scalzo detto Accio