sabato 28 ottobre 2017

Sara Cardellino: Un film per te Claudio Di Scalzo. L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford. Film di Andrew Dominik. Adatto all'Olandese Volante il 9 gennaio 2017.



Sara Cardellino

Un film per te Claudio Di Scalzo

L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford

Film di Andrew Dominik. Adatto all'Olandese Volante il 9 gennaio 2017

 
(FINE  OTTOBRE  2017) - Un film per te, Claudio, che sei cresciuto con i miti del West come Billy The Kid e Wild Bill Hickok. Qui c’è Jesse James. Potente come una poesia di Borges come un romanzo di Conrad sul tradimento.

Se devo essere sincera fino all'estremo, questo film vale per quanto ti è successo, nel gennaio 2017, riguardo all'Olandese Volante. Lo posso scrivere perché io conosco la rabbia che puoi creare nel cuore di una donna.

Anch'io ho cercato, il 20 novembre 2011, a Villa Malcontenta sul Brenta, di ucciderti. Ma l'ho fatto guardandoti negli occhi, parlandoti, e sparando parole. Ci siamo quasi uccisi a vicenda. Tu sei molto veloce. Poi ho smesso di scrivere. Ma l'ho fatto per amore. Perché odiandoti ho capito che ancora ti amavo. E tu custodendo nel ricordo inesausto Sara Esserino... ancora mi amavi. Sennò non ci sarebbe oggi la "tua" Sara Cardellino.

E se devo ulteriormente essere sincera provo una sorta di residua pena, per l'assassina codarda, che ti ha sparato senza guardarti negli occhi, senza neppure parlarti al telefono nascosta dietro la segreteria telefonica, perché si è consegnata a un rimorso devastante ancora amandoti. Non sapeva che entrando nel tuo libro poi ci si rimane. Come reale persona come personaggio. Anche se, come personaggio, me l'hai confidato, soltanto per un mese freddo, invernale, ostile. Come il gennaio di quest'anno.







E per questo "gesto" letterario e reale, verrà ricordata.
Ha una sola possibilità, per salvare il suo vissuto, scrivere su questo suo prima totale amore in devozione (che tu invece chiedevi "alla pari", compresa la scrittura, perché intuivi che l'eccesso di devozione, i versi tuoi presi in imitazione, dove si picchiano "musate" può cambiare di segno) poi porta al dramma dell'odio e poi su come esso sia diventato rabbioso e assassino, ricavandone un libro. Scriverebbe il suo capolavoro, avrebbe la "fama" letteraria che cerca. Assieme a una scoperta tecnica di scrittura unica. Ma non lo farà.

Troppo presa, da quanto ho letto in giro, da fumose teorie che valgono nulla; devota a sapienti ridicoli per prosopopea che si parlano addosso e, in ogni caso, funzionari dalla parte della "legge" con tanto di medaglia. Ha sparato al "bandito" ed è andata a prendere encomi dagli sceriffi della "legge poetica" da far rispettare. Giusto una pistolettata alle spalle per te, ha prodotto, e un libretto, con poesie scelte nate sull'Olandese Volante spesso a quattro mani, pubblicato, che cadrà subito nell'oblio curato da un addetto Pinkerton che assolda con "lettera calorosa" (prestampate da ufficio reclutamento tutte uguali) chi spara ai banditi come te. Libretto dove ci sei tu... anche se firmato da sola... seppure assente, espunto, sparato.

Sa tanto dei miti antichi dell'Ellade ma poco dei miti moderni, come Billy the Kid o Wild Bill Hickock o Jesse James.

Io ho seguito una strada diversa. Ti ho sfidato ci siamo sparati guardandoci con odio con amore folle. E poi invece di scrivere quanto a te atteneva ed a me in amore, ho riversato tutto nello studio e nell'esecuzione della musica per il mio strumento. E oggi sono una brava interprete. E posso tornare a te, come Sara Cardellino. Sono stata coraggiosa e intrepida anche se tu, teneramente mi chiamavi Formica Puma o delicata Aglaia del Melodramma.

E tu ancora, mi stringi, e ancora possiamo vivere l'avventura insieme, solo per noi due, senza pubblicazioni. E tu ancora sei vivo, hai una cicatrice in più a quelle che la tua vita drammatica ti ha imposto in tanti anni, e sei vivo perché hanno ucciso a tradimento una delle tue apparizioni, non la tua realtà. E' stata ingenua quella mano con la pistola, dall'impugnatura madreperla che le avevi donato, dietro le tue spalle.

Ma tutto ciò è il passato. Quanto vale è la luce che conservo di noi due nella Venezia di questo primo ottobre. E il tuo braccio tanto reale che mi teneva in tutti i sensi la vita varcando il ponte che già varcammo nel 2010. Felice di essere la donna che visse due volte nel cuore dello stesso uomo. Che bandito lo è stato con le sue colpe ed errori, ma che come ogni Buon Ladrone con l'amore può salvarsi. E io voglio accada!



L’ASSASSINIO DI JESSE JAMES PER MANO DEL CODARDO ROBERT FORD

(THE ASSASSINATION OF JESSE JAMES BY THE COWARD ROBERT FORD)








Film di Andrew Dominik del 2007. Con Brad Pitt, Casey Affleck, Sam Shepard, Mary-Louise Parker, Paul Schneider, Jeremy Renner, Zooey Deschanel, Sam Rockwell, Garret Dillahunt.

Il titolo già rivela la conclusione del film.  Ciò è un fatto abbastanza singolare: anche se la storia è nota a tutti, ma qui si dice qualcosa di più: c’è un preciso giudizio morale nell’aggettivo con cui si definisce Robert Ford, l’assassino.

Siamo alla fine degli anni sessanta dell’Ottocento. I fratelli James erano noti in tutto il Missouri per l’abilità con cui assalivano treni e diligenze e svaligiavano banche. La guerra di secessione era terminata nel 1865 e molti ribelli erano entrati al servizio in particolare di Jesse, il più giovane e carismatico dei fratelli James, ottimo tiratore, elegante e affabile nei modi.

I fratelli Ford erano anch’essi al soldo della banda e il più giovane di questi il ventenne Robert riesce a farsi reclutare pur non vincendo del tutto le diffidenze di colui che era per lui un idolo, Jesse.

L’averlo così mitizzato risulta però molto pericoloso perché per Robert la vocazione protettiva spesso rude nei suoi confronti, dovuta prevalentemente alla giovane età, diventa un vero insulto e trasforma l’adorazione in odio, anche quando Jesse inizia col nutrire nei suoi confronti dell’affetto. Così, almeno questa è la versione più accreditata, quando i Pinkertons, dei cacciatori di taglie, lo assoldano per uccidere a tradimento il ricercatissimo bandito, Bob gli spara a tradimento, con un colpo alle spalle, nella sua casa: è il 3 aprile 1882.

Da quel momento inizia la leggenda di quello che divenne un mito come “bandito sociale”. Jesse James! Il pistolero ribelle invincibile. Che solo il tradimento poteva fermare. Come per Billy The Kid, come per Wild Bill Hickock.

La disperata ricerca di gloria da parte del giovane Ford non ha alcun sbocco, la transitoria fama per aver ucciso Jesse James, un po’ alla volta, a mano a mano che il mito di Jesse cresce, si ritorcerà contro Bob che finirà devastato dal suo stesso rimorso. L'uccisore viene ucciso dall'assassinato. Il cinema qui è potente quanto una poesia di Borges quanto un romanzo di Conrad.








Il regista ha dato un particolare rilievo all’analisi psicologica dei personaggi, più che alla stessa vicenda sicuramente già nota al grande pubblico ed è molto studiata la personalità dei due, vittima e assassino, protagonisti della vicenda narrata. Di certo Bob appare un giovane dominato dalla sete di successo, di riconoscimenti, un giovane pieno di complessi di inferiorità che si è costruito un mito a cui chiede quel riconoscimento e quella gratificazione di cui ha un disperato bisogno. Quando crede che non gli sia possibile ottenere tutto ciò l’eccesso di sentimenti positivi rapidamente si trasforma in pari eccesso di pulsioni negative. 

Anzi, Bob matura l’illusione di trarre dal suo gesto “codardo” quella gloria che non era riuscito ad ottenere da Jesse. Ma non si può tradire impunemente un amico o chi si ama: la gloria, con un curioso gioco del destino, ancora una volta, sarà tutta di Jesse James e la morte per tradimento lo trasformerà in una vera leggenda.


Notevole è anche lo studio della personalità del bandito Jesse James che col passare del tempo dimostra tutta la stanchezza per la vita a rischio condotta fino ad allora, fa emergere in sé  il desiderio di normalità, di pace, di calma familiare. Intorno alla sua esistenza di pistolero ribelle aveva costruito una serie di barriere, aveva cercato di non cedere mai alle emozioni e di non farsi permeare dai sentimenti, tranne che per i più stretti legami familiari.  Eppure Jesse è come se sapesse che la tranquillità gli sarebbe stata per sempre negata, e che avrebbe pagato ogni cedimento sentimentale, quasi fosse consapevole dell’imminente tradimento.








giovedì 26 ottobre 2017

Claudio Di Scalzo: Rina Rètis scrive a Fosco Neri: Ti amo come un universo acceso

                             
                                                                                                                       
Cds/Fosco Neri
 "Ti amo come un universo racceso"
 Barcellona, marzo 2012



TI AMO COME UN UNIVERSO ACCESO
 


Gioia sia nostra casa
vista dalle Mura Ramblas di Lucca Barcellona
  Altri luoghi  
avranno  stesso verde e giallo e rosso e celeste
per noi 
 
Tua Rina
  perché MAI fu altrimenti.
 Prima di rincontrarti
  Non di conoscerti
  Non di averti baciato
  Non di averti difeso dal Male con il Bene
  vedendoti intero in luce in ombra.
         
                 
 Quanto un giorno fu intrecciato in catena
che non si spezza
  se fu Cardiodramma
ancora sarà (facile rima complesso mistero)
fiamma





NOTA CDS

RINA RÈTIS è un personaggio da me ideato  a fine 2011 – Rina Rètis vive con il compagno Fosco Neri. Fino al febbraio 2017 quando quest'ultimo muore in un incidente stradale.  

Tutti i personaggi da me ideati sono copyright di Claudio Di Scalzo e soltanto su mia autorizzazione - alcune volte l'ho concesso ad altre firme come accade nel fumetto e nel cinema - possono usarne nome e cognome  e vicende.




martedì 10 ottobre 2017

Alessandro Assiri - Claudio Di Scalzo: Sulla buona o cattiva poesia. Con ricordo de L'Olandese Volante Transmoderno.




Immagine dalla bacheca Facebook di Alessandro Assiri. 






Alessandro Assiri – Claudio Di Scalzo

SULLA BUONA O CATTIVA POESIA

(dalla bacheca Facebook di Alessandro Assiri)


(AA)  Io non so niente della buona poesia e non so più nulla dei poeti, perchè non riesco più a starci dietro, perchè per giudicare bisognerebbe perlomeno conoscere. Ma in questa espansione infinita della necessità di parola emergono solo atteggiamenti che si possono in maniera raffazzonata associare a un testo.
Ho sempre pensato che anche se non si era poeti una cazzata scritta bene poteva anche capitare, e allora chiedimi come riconosco un poeta perché della poesia oggi non è rimasto quasi niente.

Il problema del riconoscimento è troppo connesso alla forte pressione di tutto ciò che vuole farsi leggere, al punto che la poesia oggi è solo avvenimento senza conseguenze. Credo ci sia una fortissima responsabilità culturale in quello che ha per decenni permesso il fatto che la spinta dell’antipoetico facesse credere che tutto avrebbe potuto essere poesia. In questa spinta alla negazione, in cui è stato trascinato tutto il mondo dell’arte, si è preteso di trasformare tutto in estasi estetica, incrementando una conseguenza di eccesso di vanità. Come tutte le altre cose, il gusto è diventato un escrescenza, effetto di un proliferare di generi che caratterizzavano l’impoetico e allontanavano il lettore che smarriva per strada gli strumenti di giudizio, se di giudizio è sensato parlare, per orientarsi.

La pancia è rimasta come unico arbitro per stabilire delle affinità: questa è la poesia del maalox, quella costretta a fidarsi del disturbo. La poesia istintiva che si riconosce per educazione sentimentale mi mette tristezza; questa nostalgia empatica che sembra diventato l’unico metro di lettura mi avvilisce.
Come riconosco una buona poesia vuol dire sapere come si riconosce un incontro; e anche se questo vale per tutta la letteratura, il “vieni qui” a cui la poesia ci chiama meriterebbe di essere ascoltato sinesteticamente. Sinestesia come contaminazione dei sensi, unico strumento per una percezione dell’accadimento poesia, perchè questo occorre sempre tener presente : una buona poesia è un accadimento, un incedere del presente.
La poesia dove non si scorge un Dio che nasce mi interessa poco. Nella mia concezione di poesia esiste sempre un volto che irrompe verso l’io; in questa irruenza scorgo anche epidermicamente quella che per me potrebbe diventara buona poesia, perché un testo non è mai buono subito: si forma nel riconoscimento, nella trasformazione di una iconologia del presente. Basterebbe forse cercare di azzerrare la distanza tra il dispositivo e la domanda, invece, spesso, la poesia contemporanea vorrebbe ridurre lo spazio tra il volto e il nome.

Una buona poesia è uno spiazzamento comunicativo, non una forzata risemantizzazione. Credo che sotto certi aspetti la poesia vada istigata a rivelarsi, a darsi nei suoi sapori. E forse è arrivato il tempo di smettere con questa lingua da centrifuga per tornare al punto zero dell’immagine a parlare di scrittura.








(CDS) L’intervento di Alessandro Assiri sullo stato della Poesia oggi on line mi suggerisce questo contributo. Sposto la questione ad un ABC: A) Il “Mestiere della poesia” o il “Mestiere del poeta” B) Chi dà l’accesso o riconosce il Mestiere di poeta e la poesia stessa? C) La poesia e il sovvertimento non solo delle forme ma dello strumento editoriale che pubblica poesia nel più generale mezzo di produzione capitalistico. 


Sul Mestiere di poeta ho care tre indagini-libri-antologia con dichiarazioni dei poeti: Maselli-Cibotto: Antologia popolare di poeti del 900 Vallecchi, (anni cinquanta); “Chi è il poeta di Batisti-Bettarini (1980); “Il mestiere di poeta”di Ferdinando Camon (1982). Di tutte le dichiarazioni ho sempre amato quella di Montale. “Ho la terza media. La poesia è un quid, e se ce l’hai la fai sennò amen”. Più o meno dice così. Ma lui era crudele anche con se stesso sennò non avrebbe inventato le poesie sceme-stronze (idea di Flaubert) per la Annalisa-Cima. Aveva capito che la poesia era destinata alla Betise, anche alla stronzata. 



Ognuno di queste dichiarazioni è superata dall’avvento del web. E ancora più dai social poco più avanti. M anon la dichiarazione di Montale, si badi bene. Il capitalismo schizoide-web ha fatto saltare ogni gerarchia editoriale-critica-accademica che dava l’accesso al “Mestiere di poeta” accogliendolo in una Gerarchia Vassallatica Imperiale. Che fosse Fortini o Pasolini o Porta o Sanguineti o Cucchi. Punto. Storia finita ed è un bene sia finita. Quanto volevano ribaltare le avanguardie sovversive novecentesche lo realizza il capitalismo. Sorta di capita-comunismo dove tutti sono poeti e scrittori e artisti. Ma non come lavoro culturale liberato, quindi non merce, non feticizzato, come auspicava il Marx dei Manoscritti-economico filosofici” o il Situazionismo di Debord, bensì come lavoro-merce poesia-cultura per sostenere la pubblicità nel social della multinazionale. Vincere il Premio Viareggio o il Premio Sagra delle Anguille di Fucecchio è lo stesso. Han bisogno del web-social per farsi notare, nell'affidarsi ad esso scompaiono. Punto.



I social come Facebook o Instagram… hanno spazzato via anche l’utopia in cui ho creduto dal 2000, dal 2000 sono in rete con siti e blog, della creazione di siti e spazi elettronici Cyber-Soviet-Comunità di poeti e artisti che sfruttando la rete creavano zone libere. Fallimento. Anche perché la poesia in rivoluzione vive se c’è la rivoluzione. E l’ultimo episodio è stato il 1977. Personalmente credo nella Poesia come Rivoluzione non solo nei segni ma anche nel sociale. Se un soggetto rifiuta qualsiasi carriera letteraria, tra l'altro impossibile, ha realizzato il suo soviet personale. La sua presa del Palazzo d'Inverno. E' arduo, ma si può fare. 



Personalmente penso che la poesia possa tornare in un’epoca di rivoluzionamento che però non passerà più dall’Europa ma chissà dove. Poesia intrecciata ai generi più vari e altri. Tanto da non essere più poesia come è stata conosciuta: bensì altra forma commista a fumetto teatro musica pittura scienza designer. Un’opera totale adatta al duemila di cui s’intravedono frammenti qua e là. E dove l’autore non c’è più. C’è la Firma anche anonima. Come in opere di Street Art anarchiche. Oppure c’è il Personaggio. Questa prassi io la chiamo transmoderna. Il Transmoderno e sull’Olandese Volante ho cercato, fallendo, di organizzarlo come appunto romanzo in vari linguaggi. Ma a questo tendo. 



Escludo che si possa creare ancora accesso al “Mestiere di Poeta” con nuove gerarchie che propongono il ritorno alla sapienza poetica anche metrica. Qui si creano enfiati poemi mitologici senza capo né coda. Pesanti come mattoni leggeri come merda di piccione. Ci vuole l’enciclopedia Treccani per decifrarne un rigo. C’è già stato Onofri mi sembra. E, in ogni caso, una poesia breve di Penna o di Govoni o di Saba ma anche del poeta recentemente scomparso come Cappello, vale queste metrature farcite di filosofia e letterarietà che appunto non è poesia. Le gerarchie, per mia formazione anarchica, le trovo sempre un po’ fasciste e reazionarie. Ed anche mediocri perché nelle Gerarchie Imperiali di un tempo c’erano i Baldacci i Bo i Contini i Mengaldo come critici con poeti come Montale Caproni Bertolucci Pagliarani Rosselli ecc, ed ora le gerarchie, in siti o blog, sono del tutto sottoproletarie, cultura da lumpenproletariat piccolo borghese frustrata in cerca di rivincite o di un posticino-librino al sole di un click mi piace o nel premino che si dà anche al più cretino. 



Vedo invece con favore embrioni attivi di comunità poetiche amicali che tentano anche un’editoria volta con autori stranieri oppure volta all’estero in lingua inglese. Oppure di poeti che in coppia d’amore e con amici propongono una sorta di nuova predicazione cristiana. E poi c’è sempre l’esempio di Serse Cardellini. Uno smette di far poesia. Pubblica quanto gli interessava. E va in Cina studiare la cucina di quei popoli. Per quanto mi riguarda in estate pesco orate a Bocca di Serchio nella Repubblica di pescatori Kronstadt-Durruti e nelle altre stagioni studio musica e con essa entro nell’estetica anche letteraria e fotografica. I personaggi che inventai vanno poi dove vogliono. Saluti. E, ovviamente, non siete tenuti a leggermi, ogni contributo su Facebook, forse anche altrove in siti di settore, è cenere verso il nulla del tutto che si nomina virtuale per chi ci sta (noi) e concreta realtà per chi il capitale sa amministrà.







sabato 7 ottobre 2017

Alessandro Assiri – Claudio Di Scalzo: Lotta con uno “sforzino” contro il Capita-comunismo del social Facebook


Immagine dalla bacheca di Alessandro Assiri. 
Foto virata, con tecnica situazionista, nel "rovesciamento" linguistico  
per forma di guerriglia nei segni on line. 






Alessandro Assiri – Claudio Di Scalzo

LOTTA CON UNO "SFORZINO" CONTRO IL CAPITA-COMUNISMO DEL SOCIAL FACEBOOK

(dalla bacheca Facebook di Alessandro Assiri)



Facciamo uno sforzino piantiamola di chiamare eventi le cose che facciamo. Incontri, accadimenti va bene uguale. Gli eventi fanno la storia e quelli non siamo noi (AA)


La lotta inesausta contro il linguaggio imposto dal social multinazionale ha qualcosa di eroico. E l'ironia è l'arma adatta. Scoprire che qualcuno lo fa dichiarando che sarebbe uno "sforzino" non accettare le sigle proposte come "eventi" per avere un maggiore appiglio sul proprio reale e sul reale complessivo, mi garba. Ma c'è di più (e sto semplicemente salutando due amici che stimo, io non faccio teoria letteraria non metto "cappello" su scritture altrui come oscenamente spesso accade, né sono un intellettuale: scrivo da compagno che vive la stessa noia per certa sigla FB), e questo ravviso in Alessandro Assiri in Nicola Manicardi, e cioè la prassi-web intenta a demistificare o rovesciare con la prassi-aforistica il capita-comunismo del social, che nei fatti, annichilisce ogni crescita possibile di altro linguaggio, perché diffonde l'auto-celebrazione di ognuno come vite "letterarie" o come esseri negli eventi atti al ricordo. Il capita-comunismo dei social che è schizoide ha una strategia: quella di appiattire linguisticamente il mondo, ad esempio, per depotenziare e impedire si formi una lingua realmente che sa, nel reale e sul web, costruire eventi di sovvertimento. (CDS)