Giovanni Boine malato timbrato
al pari nella sofferenza d'amore
inchiostro per timbri su carta - cm 30 x 40
maggio 2017
(cds)
Giovanni Boine muore il 16 maggio 1917 a Porto Maurizio. In
questo maggio è il centenario della sua morte.
Giovanni Boine
PROSA A MARIA
-Le tue domande sono i perché dei bimbi; l’acqua di fonte
colla sua borraccina ti fa venire sete, e subito vi tuffi la mano. Allora
l’acqua di mare così tanta com’è, mi chiedi perché non ti vien voglia di bere.
-Ma nell’acqua di mare quelle bisce chiare quando è in
bonaccia e il fondo, di su dagli scogli lo vedi com’è, quelle anche ti
piacciono che non quetano mai.
-Però le cose che piacciono a te son quelle che ecco
ci sono, e non ci sono più, la spuma che ride via… e c’è di nuovo
il blu!
-Le bolle di sapone quando le fa la bimbetta del giardino di
sopra, così lustre-leggere, così zitte-farfalle! Le segui a respiro sospeso e
quando subito scoppiano batti le mani.
-Le gioie improvvise che non sai perché, quelle subito
t’alzi e scintilli; ma è più di tuo gusto quel riso sereno di quando hai
pianto, che io t’accarezzo.
-Le lacrime senza ragione quando non c’è nessuno, che poi io
vengo e gli occhi li hai di rugiada ed il fazzoletto lo scordi, sono le più
buone lo so, ed il cuore è subito come quando ha spiovuto.
-Ci sono i giorni delle lente malinconie, guancia alla palma
sul tuo sedile, ma così dolci così lievi che ecco la rondine ti guizza vicina
col suo grido che punge e via se le porta.
-Le cadenze lontane delle canzoni che si sentono non si
sentono, subito ti fermi in ascolto. Credi che non sappia che ti fa lacrimare
da sola da te nel tuo letto, quando vengono la notte sotto le finestre zitti, e
la serenata si leva?... – come un bisbiglio si leva, come un bisbiglio se ne
va.
-Le cose che piacciono a te son quelle che ecco ci sono e
poi non sono più; i pianti che inventi al piano sono domande brevi, sussurri di
notte, lamenti di brezza, e le dici ripeti da te tutta una sera, perché
risposta non c’è. I tasti bianchi e neri li tocchi appena appena; allora, se
entro, tengo il respiro cammino da non svegliare.
-Quella musica così primavera, canto d’angioli, così da
svenire, all’alba di Pasqua rugiada la musica che dice nel Faust: “or la natura
si desta all’amor!” m’hai detto una volta che è la più bella, che proprio tutti
i giardini mettono i fiori.
-Ma le musiche che cerchi da te, quando dall’orto t’ascolto
(vengon da sé, non si sa come!) muoiono di dolcezza subito, c’è dietro lo
sconfino dell’ansia. Son come lucciole, le accendi e le spegni, le appendi a un
filo lucente nell’infinito.
– Son quelle perle di nubi sottili, soffi
dell’iride, perline di velo nel tramonto sereno qua e là, che ecco ti volti e
non ci sono più.
-Sei così soffio, cos’ iride-soffio, e cristallo sottile che
mi dai l vertigine della fragilità. – Ma la ragione che t’amo è che dilati a
volte gli occhi di disperata passione e la morte ci passa vicina. Dici con voce
di groppo allora: - Abbandonami! Fammi del male perché io sia perduta. Battere
il capo nel muro! Ho voglia di disperazione.
Giovanni Boine con la donna amata prima di ammalarsi
(cds)
Claudio Di Scalzo
L'INFELICITA' DI BOINE - AMORE E LUOGHI
COMUNI
C’è l’amore e ci sono i luoghi comuni sull’amore.
Giovanni Boine ne “Il peccato” sparge alcuni luoghi comuni decadenti. Invece
nella Prosa a Maria, pubblicata postuma dal solito Novaro, che
espunge incolla come gli pare gli inediti, Giovanni Boine che
scrive dell’amore e della sua possibile perdita o come esso sia
insidiato dalla possibile rovina - sovrapponendo i lineamenti di Maria Gorlero
con quelli della suora protagonista de “Il Peccato” - raggiunge gli esiti più
alti nella forma frammento. Boine racconta l'amore vissuto nel quotidiano di
atti a prima vista non poetici e poi scrive, evitando i luoghi comuni, su
quanto lo insidia o che finisce per lacerarlo.
I luoghi comuni sull'amore, anche ad inizio novecento ce ne
erano di accatastati in ogni porto letterario. I luoghi comuni sull'amore
possono rendere, anche l’amore più alto, a posteriori, semplicemente una delle
tante stazioni dove ci si è ricreati con l’amorosa sostanza. No, Boine nelle
Prose a Maria, non stacca come in una collana i diversi grani delle donne
conosciute e amate, qui Maria e la suora, le rende fermaglio di quanto porterà
con sé morendo.
E ciò è l’altezza dell’amore assoluto. Resa possibile dalla
sofferenza inaudita di Boine. Il ceppo del male non più inutile.
Serve, come Croce, dove conoscere custodire capire l’amore terreno e quello
celeste.
Boine negli ultimi giorni della malattia, è profondamente
cristiano, rileggendo il manoscritto “Prosa a Maria”, pensa che la sofferenza
di lei per amore (che pure lo ha lasciato solo nella malattia dopo indicibili
litigi) è “alla pari” con la sua, e così si sente alla pari nella sofferenza
con altre figure femminili amate.
Giovanni Boine con Maria Gorlero che piange
(cds)
Quando legge il biglietto: “è ormai evidente che non vuoi
proprio che il mio dolore sia minimamente paragonabile al tuo!”. Rimane
stravolto perché non ricorda, sta perdendo la memoria nella malattia estrema,
chi glielo scrisse e perché lui in amore non è così. Non sono questo! si dice
tenendosi la testa tra le mani. Non merito questo chiodo!
Non vuole alcuna sommità dalla quale guardare le sue vicende
sentimentali. Lasciando la donna a naso all’insù. Vorrebbe dire, in quegli
attimi, alla sconosciuta che gli ha scritto la lapidaria frase, con la più
assoluta purezza che lui sceglie in amore la spiaggia, la parità, non la
collina. Tanto più ora che muore. Anche alla letteratura. Ma non può farlo. E
allora rileggendo la Prosa a Maria si dice che tutto in questo
scritto dice del suo accostarsi alla pari alla vicenda d’amore. Nella gioia
come nella sofferenza. Anzi in alcuni frammenti si capisce che le parole di
Maria “Abbandonami fammi del male perché io sia perduta. Battere il capo nel
muro! Ho voglia di disperazione". Quando lei le profferì, la popolana, fu a lui superiore in passionalità. E allora , come per pareggiarsi, Boine avvicina
la fronte al muro e ce la batte, fino a ferirsi la fronte nel sangue. Che fa il
paio con quello che gli uscirà dalle labbra tra qualche minuto.
Tossendo.
Chi ha veramente amato evita, non tanto nell’ascesa
dell’amore ma nella sua catastrofe o nella sua perdita, i luoghi comuni. Non so
immaginare quelli di un inizio novecento, ma oggi sono del tipo: chi ama
non recrimina, chi ama non rivendica, chi ama è felice che l’altro incontri
persone perché gli incontri arricchiscono il rapporto… sono felice se ti
capitano altre cose belle… Galateo ineccepibile della cultura
“democratico-borghese” che non rivela gli sfracelli, il caos, la neritudine
degli atti, gli equivoci e le soccombenze che l’amore tragico o estremo porta
con sé.
Galateo amoroso per disporre i piatti rotti con creanza
sulla tavola del tempo che fu!, inutile e scialbo. Se fosse vero questo
"galateo" così come quello del Casati contro le relazioni perigliose
di Boine, quella con Maria Gorlero su tutte,... sparirebbero i grandi romanzi e
i grandi poemi tragici sull’amore, anche i sentimenti tragici nel
melodramma,... perché il grande amore si basa sull’eccesso, e su quell’eccesso
poi non vissuto, non speso si forma la follia, pure l’assurdità
negli atti, e anche il disdicevole, la ferita inconsumabile. Insomma, non sono
un intellettuale, ma il Bataille che scrisse su “Cime tempestose”, su
Heathcliff e Catherine!, un poco me lo ricordo.
Boine sa di essere uno sciagurato in amore, sa i suoi
limiti, le sue colpe, le sue superficialità verso le gonnelle, ma sa pure che
per scrivere d’amore, bisogna calarsi nel camino scuro delle voglie delle
recriminazioni delle lamentele delle furibonde sciabolate, delle crudeltà
immotivate, delle improvvise tenerezze indivise, nel mostrare le proprie
fragilità accanto al nerbo del disperato marinaio che non fece altro che
cercare porto adatto. Perché l’amore è il caos con lacrime duro metallo tragico
sul quale si può scivolare comicamente come su bilie!, scrive in una lettera
poi andata perduta a Maria Gorlero!, e qualche rigo di poesia o di arti non può
che dare una momentanea isoletta nel magma a chi vive l’amore in ascesa e
perdita. Boine lo sa. E per questo scrive qualcosa di trasparente, si
confessa, col fragile cristallo della “Prosa a Maria”, che il galateo dei
sentimenti non può intendere; e infatti il tragico in amore di Boine (e i lati
umoristici accosto) è proprio quanto i valenti interpreti di teorie letterarie
svicolano. Cosa volete ne sappiano d’amore, di natura, di pulsioni chi vive di
cultura da mattina a sera fasciandosi l’io di citazioni e il
non io di chi li avvicina?
Per il centenario che viene, 16 maggio 2017, riguardo a
Giovanni Boine l’assente sarà come lui intendeva l’amore e come in esso errò
giungendo alla completa infelicità.
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