sabato 2 giugno 2018

Claudio Di Scalzo: Ornitologia Vecchianese da banco per Karoline Knabberchen. Mitologia della Ranocchia d’Engadina - 1 (1988)


Lucherino Karoline Knabberchen







Claudio Di Scalzo

ORNITOLOGIA VECCHIANESE DA BANCO
 PER KAROLINE KNABBERCHEN

MITOLOGIA DELLA RANOCCHIA D’ENGADINA











INDICE DEL LIBRO

(1988)

Lucherino (Teologia razionale/negativa – G. Bruno, Spinoza…)
Verdone (Gnosi, Eone ecc)
Ciuffolotto (Logicismo, Crisi del Fondamento, Frege, Russel…)
Verzellino (Eterno Ritorno, Apocastasi, Zenone…)
Cardellino (Esistenzialismo, Kierkegaard, Lucio Fontana…)
Codirosso (Feuerbach, Horkeimer, Adorno, Marcuse,…Marx/Freud)
Frusone e Beccofrusone (Platone…Bello/Brutto…)
Passero solitario (Zen…)
Fanello (Zen…)
Merlo (Freud…)
Organetto (Freud e Breton…)
Tordo (Freud e Reich…)
Fringuello (Pitagora, Plotino, Illuminazione cristiana)
Usignolo San Dionigi, Misticismo, Illuminazione,…)
Cincie (Decostruzionismo.Derridà)
Storno - Lacan
Deleuze - Gazza
Lèvinas – Passero
Foucault – Calandra…


ecc














Claudio Di Scalzo

LUCHERINO IN GABBIA E FUORI

1

Lucherino aggraziato e piccino dal ciel hai mandato a starci vicino. Queste semplici rime contadine, dei contadini che allevano volatili in gabbia, dicono che il Lucherino si adatta perfettamente alla vita captiva nel giro di pochi giorni. Passato un mese non ha più alcun timore dell’uomo, della mano che entrando nella gabbia porta semi tra le dita. Sul palmo zampetta e pulisce il becco sulle linee della vita.

Tra il Lucherino in volo e quello da gabbia c’è però una differenza teologica fondamentale. Il Lucherino in volo si conforma alla Scolastica. Non sospinge mai, nelle sue planate e risalite, l’idea della trascendenza divina fino a cinguettare nel vento che essa impone una separazione irrimediabile tra volatili e Dio. Nella teologia razionale del Lucherino, Dio anche se sede di ogni perfezione, resta un ente analizzabile dall’intelletto del Lucherino in volo. Contrariamente. Il Lucherino in gabbia, nella vita captiva, aderisce alla teologia negativa. Egli sostiene l’incommensurabilità tra uomo e Dio. La divinità non può essere definità in alcun modo, tantomeno saltellando in un rettangolo di legno e dondolii di plastica; Dio è nello stesso tempo luce e ombra esattamente come il nero e il bianco imposto dalle sbarre sul pavimento su cui cadono escrementi e miglio con semi integri e sbucciati. Dio è quiete sul piccolo trespolo terrestre dove posa il suo piede e movimento e volo immenso nell’universo da una galassia all’altra; Dio è un paradosso che non può esser pensato dalla mente di un Lucherino.

Il Lucherino, dalla sua idea di trascendenza, sia in gabbia che in volo, ha modellato piumaggio e abitudini. Si è sforzato di non diventare troppo appariscente nei colori rispetto all’illimitato del divino. Si potrebbe quasi pensare che L’Uno-Bene ben colorato incommensurabile nella sua lontanaza e natura gli derivi da Plotino. Probabile che i due Lucherini, in volo e in gabbia, subiscano l’influenza delle filosofie panteistiche di Giordano Bruno e Spinoza accumunate dal rifiuto a concepire Dio come ente esterno al mondo e da esso distinguibile. Potrebbe confermare ciò la sua livrea con il dorso verde oliva – richiamo probabile alla vigna del Vangelo – striato di nero, teso a intridersi con ogni ramificazione arborea, anche nella notte nerofumo anche nell’autunno nerastro, che regge il cielo; e il petto giallo oro che rimanda alla vocazione iconica sacra della patristica, mentre il giallino e biancastro sul ventre, umilmente, richiama il colore delle feci della materialità accanto alla grazia delle ali. Il Lucherino semplifica nei colori capo ali e remiganti primarie: calotta nera, ali verde oliva con tre strisce gialle – la Trinità – separate da due fasce nere che per alcuni interpreti sono la prima e la seconda morte anche qui come da Vangelo e Apocalisse.

Il canto del Lucherino è semplice, però piacevole, e modulato. Si può parlare di canto francescano. Nel Lucherino in gabbia il canto si colora di accenti patetici e nostalgici verso gli elementi da cui è escluso. Ma senza toni di afflizione senza rimedio o moti di dramma. La fiducia nel Cristo è intatta.
Il Lucherino compie frequenti abluzioni, se libero nelle pozzanghere, sul greto dei torrenti, sulle grondaie; se in gabbia nella bacinella. Richiamo al battesimo con sorella acqua? Può darsi. Il Lucherino privato a lungo di bacinella, se quest’ultima viene reinserita senza cautele, potrebbe esagerare, bagnante primaverile!, prendendosi una pericolosa costipazione.

Le unghie del Lucherino in gabbia tendono a crescere molto, alcuni studiosi pensano che ravvisando nel legno dove posa le zampe, l’ancora evangelica, che sia inutile e dannoso accorciargliele. Anche il becco cresce troppo ed è possibile si ferisca ravviandosi piume. Ma questo potrebbe attenere ad una scelta penitenziale.

In vecchiaia il Lucherino da gabbia può andare incontro a forme di epilessia che possiamo considerare stati di deliquio ascetico e meditativi per rinnovare la sua alleanza con il Signore. Ciò accade anche per il Lucherino libero. Ottima la scelta di posare il vecchio lucherino, quando è in questo stato, … ….nell’incavo tra ramo e tronco d’albero o su foglie in verde primavera. Il Lucherino alla fine pregherà per la mano che lo posa nella natura e per il bene eterno dei giusti.









Claudio Di Scalzo

SULLA MITOLOGIA DELLA RANOCCHIA

SULL'ORNITOLOGIA D'ENGADINA E DI VECCHIANO

“Lucherino in gabbia e fuori” inaugura “Ornitologia vecchianese per Karoline Knabberchen. Mitologia della Ranocchia d'Engadina”. La voce narrante è quella del fotografo Fabio Nardi fidanzato di Karoline Knabberchen (1960, Guarda, Svizzera -1984, Lofoten, Norvegia). “Ornitologia vecchianese per KK. Mitologia della Ranocchia d'Engadina”, studio sopra volatili, è una parte del libro “Viaggiatori da Biblioteca”, libro Terzo del Canzoniere di Karoline Knabberchen. Questo volo assieme ad amici pennuti artisti e filosofi ha per protagonista la filosofa e poetessa svizzera che Fabio Nardi chiama affettuosamente “Ranocchietta”, dato che il suo cognome Knabberchen tradotto significa saltellante.

Stamani sta finendo luglio, è un bel luglio, dalla mia finestra vecchianese la magnolia risplende nel suo nobile verde e i pini a Marinella verdeggiano popolarescamente – ospitando tortore filosofiche (Husserl e le tortore in parentesi) – gli ultimi cascinali contadini verso Sarzana. Sono nello stesso tempo, ancora, il chierichetto di Don Gino, chierichetto monello, e uomo sale di vissuto e pepe di scemenza sulle tempie, nel doppio un uomo fortunato, forse un po’ lucherino, che domani sarà Verdone e poi Ciuffolotto, e che fra poco leggerà, alcuni degli inediti, manoscritti, che Karoline Knabberchen affidò a Fabio Nardi in custodia.


Questo racconta il romanzo nelle sue prime pagine: dove un lucherino fa il nido, stamattina. E ciò immagino, sono certo lo è, Grazia, Salvezza, Religione. L’angelico che nella gioia ritorna dopo il tragico.













Claudio Di Scalzo

IL CANZONIERE DI KAROLINE KNABBERCHEN

Il Canzoniere di Karoline Knabberchen, è un immaginario, per estensioni tematiche, che tiene in sé presupposti speculativi che sono anche carne e sangue, reale, di un’avventura poetologica e narrativa. Romanzo. Il personaggio di Karoline ha il cuore angelico oceanico, e può contenere anche altre firme, che ne dilatano il battito. Come per il fumetto e cinema e serie televisive auspico che altre firme ne scrivano un altro lemma, di questa partizione. Transmoderno.

Nel suo viaggio terrestre e da presenza oltre la morte Karoline ci dona il suo elenco di illusioni e allusioni perché noi si possa, io e Fabio Nardi, comporre l’atto consustanziale alla sua biografia con testi creativi che siano anche recita, preghiera, religione, alchimia. L’angolatura prospettica della storia di Karoline Knabberchen morta, taglia la parola personale perché accolga nella ferita un sistema di immaginario in dialogo con la prosodia, la cadenza, il respiro adatto ai nomi del reale e di quanto lo valica.


La presenza della "ranocchietta" saltellante Knabberchen, noi due, Claudio Di Scalzo e Fabio Nardi, la conduciamo nelle pieghe del mondo per danzare ogni rapporto di creazione linguistica come fuoco in-fatuato tra pagina stampata ed elettronica, sperando somigli a fuoco divoratore dei tempi a noi consentiti non spegnendosi. Scriviamo perché la voce di Karoline Knabberchen vinca ogni consumazione. E resti racconto per chi la vorrà incontrare.


L’arditezza si confà a questa scommessa, nostra, con la delicatezza di una giovane donna svizzera, che sostò a Pisa, nei primi anni Ottanta, e nel paese di Vecchiano, e che molto viaggiò nella sua breve esistenza (Guarda.Engadina 17 IV 1959 - Lofoten.Norvegia 20 VIII 1984), a volerne raccontare, nei generi più diversi, ogni reale extratestuale per proliferazione di eventi e apparizioni.


Dai rami del bosco a Guarda, dove Karoline nacque, arriva il muschio del tronco che s’affida a un nord perenne, e la fragranza scaldata dal sole autunnale dei rami a Sud. Se immaginate chi scrive che questo tronco abbracciano avrete il rigore circolare costruttivo che ci anima.


Però il poema necessità che il bosco e il tronco e i rami da noi scelti guardino il mare, e noi con loro, l’oceano e il cielo stellato che di esso fa calco nel visibilio di certe notti, perché noi cerchiamo una semantica della forma che sia pura, e il Sacro s’accosta soltanto all’immensità. In questo processo, e ci sentiamo molto antichi, le nostre identità si mischiano negli spazi vissuti a quelli da vivere, all'intreccio del già scritto a quanto verrà versato nell’abisso concavo dell’immaginario. E le nostre psiche avranno la loro morfologia - spacchiamo il presente nel passato e futuro, invertiamo i tempi - nello sguardo della donna svizzera che ci guida.


Ogni procedimento artistico diventa, se sposato, un anello da portare al dito indice con cui si scrive; io e Fabio Nardi nel Canzoniere di Karoline Knabberchen ne accettiamo che esso distringa la mano e le ossa e la pelle nella crescita del procedimento artistico perché ogni lacerazione reale abbia legittimazione nella trama iridescente della fascinazione di quanto verrà letto e guardato nell’opera avendo al suo stesso interno la finzione della poesia: perché ogni anello ti consegna a una fede e insieme ti lacera le falangi se mai volessimo staccarlo dall’impegno preso. L’amore per Karoline Knabberchen è per sempre!

La tensione nell’immaginario per Karoline è unificante. Come la paglia tagliata conserva l’oro e la recisione della falce.

Ogni rappresentazione porta con sé l’eterogeneità e sta alla tensione unficante – useremo la dialettica? – estrarre dal caos del “racconto” quanto ha forza detto mito del sacro nella vita nella biografia poi morte e quanto vale meno di un’ombra di scodella rimossa vuota dal tavolo.


Karoline Knabberchen raggiunse con Fabio Nardi, la tomba di Giovanni Boine a Imperia/Porto Maurizio. (Da questo viaggio la raccolta: Clikka:  Karoline Knabberchen: La Resurrezione di Giovanni Boine) Una tomba può rivelare che quanto sembrava noto nasconde l’gnoto in cerca d’altro nome. L’esperienza stratificata nell’oblio del poeta ligure, rivela che il nostro immaginario è sempre affamato di alterità, verso quanto si rivela dedizione, custodia, cura, e anche un gorgo nell’oceano può somigliare ad un fiore che ancora fiorisce nel circolo dell’eternità da depositare dove la pietra parla.







PERSONAGGI PRINCIPALI 

DEL "CANZONIERE DI KAROLINE KNABBERCHEN"


KAROLINE KNABBERCHEN

Poetessa svizzera che studia letteratura e filosofia all’università di Pisa
e che si suicida venticinquenne alle Lofoten, Austvågøy, il 20 agosto 1984

FABIO NARDI
Fidanzato vecchianese di KK e artista fotografo dalla vena eclettica

LIBERTARIO NARDI
Babbo sempre evocato senza tomba fissa

ELVIRA SPINELLI
Madre di Fabio, sarta in ogni luogo apprensiva

ETEOCLE SPINELLI
Nonna di Fabio

ANDRI KNABBERCHEN
Padre dei pomeriggi in barca

GERDA ZWEIFEL
Madre severa, signora degli incubi

RUT ZWEIFEL
Nonna dei garofani rosa

UGO SENTITO
Filosofo misteriosofico





PIANO DELL'OPERA

KAROLINE KNABBERCHEN. CANZONIERE D’AMORE IN VITA


Libro-Introduzione
"Le età dell'angelo svizzero Karoline Knabberchen - Diario Bagnato"

La freccia di sabbia. Libro Primo. Due tomi.
Due piante nel nocciolo. Libro Secondo.
Bave. Viaggiatori da Biblioteca. 

Orinitologia da banco vecchianese ed engadinese. Libro Terzo.
Quaderno illustrato vecchianese. Libro Quarto.
Viaggio intorno a un volto. Libro Quinto. Due tomi.
Spuma sulla carrucola in risalita. Libro Sesto.
Anello Rovente. Libro settimo.

KAROLINE KNABBERCHEN. CANZONIERE D’AMORE IN MORTE

Il verso annuale della ranocchia. Fiabe del camino.

 Telegrammi sott’acqua. Candele spente. Libro Ottavo.
Come apparve la morte a Karoline Knabberchen. 

Karoline disegna. Libro Nono.
Filosofia da baita. Proiezioni musicali. Libro Decimo.
Tavolozza per Gaudio e Requiem. Cardiodramma. Libro Undicesimo
Fabio Nardi - Karoline Knabberchen. Epistolario. Lettere. Biglietti postali. Cartoline. Libro Dodicesimo

La Resurrezione di Giovanni Boine. Libro Tredicesimo


Del “Canzoniere di Karoline Knabberchen” in trentasette anni sono stati pubblicati pochi estratti da “La freccia di sabbia”,
“Quaderno illustrato vecchianese”, “Viaggio intorno a un volto”,
“Cardiodramma”, soprattutto sulla rivista poi annuario Tellus, e sporadicamente in mostre collettive di poesia visuale negli anni Ottanta.


CDS cura il racconto illustrato in versi e prosa e fotografia: 
"Karoline e il fotografo"



SULL’OLANDESE VOLANTE - Barra Rossa - ALCUNI CAPITOLI 






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