IL CINEMA-TEATRO OLIMPIA E COSA RACCONTA
Parto per Vecchiano. Accanto a me, sul sedile, il libro, corale, che il direttore della banda del paese Sauro Scalzini, assieme alla giornalista Divina Vitale, ha curato sul restaurato cinema-teatro Olimpia dei fratelli Bartalini; e che verrà riaperto, grazie al Comune, il 9 aprile prossimo. Questo compagno di viaggio, non sarà silenzioso, nei 420 chilometri che dalla Via Manzoni 21 di un paesino alpino, San Cassiano Valchiavenna - che fa rima con Vecchiano - portano in via Indipendenza 9. E, illustrato, mi consegnerà tre foto in esso non riprodotte ma che ho presenti. Esse racconteranno momenti della mia vita legati a questo teatro, a un libro che pubblicai nel 1997 per Feltrinelli dove questo edificio appare, e mi suggeriranno l’occasione per delineare come sia autore, cioè scrittore, nell’epoca del Web.
Molte delle vite qui accolte e che si raccontano, sono amici di Accio o di mio padre Lalo, e con essi mi sono scambiato in questi ultimi tempi, on line, su Facebook e sul Weblog che non a caso ha il titolo del libro:
Vecchiano, un paese. (
http://vecchianounpaese.blogspot.com/ ); e nel weblog ci sono loro racconti, in filigrana l’architettura presente nel libro, e l’ispirazione per la mia prefazione che recita: ”Cinema con danza tema di grande importanza”.
La prima foto che nel libro non c’è, ma su Tellusfoglio sì, (
http://claudiodiscalzotellusfoglio.blogspot.com/2011/03/claudio-di-scalzo-accio-piccolo-poeta.html ) risale al 17 marzo 1961, quando sul palco dell’Olimpia recitai una poesia con l’enfasi del piccolo Garibaldino.
Patria parola sì breve! sii grande fra tante parole. La seconda foto, è del 1977, e sono tornato da Bologna, dal “Convegno contro la repressione”, dove ho preso molto sul serio, non tanto le frenesie dell’Autonomia Operaia, bensì l’idea del filosofo Gilles Deleuze che i linguaggi si stiano sgretolando in altro, come le immagini del resto, e un flusso incontrollabile di intrecci con ogni sogno ideologico frantumato vada dilatandosi; è tempo di evitare lo svettare verticale dell’albero con le sue gerarchie, anche nel ruolo dell’intellettuale o dell’autore, e affidarsi al rizoma, alla patata, imitandone la ramificazione. E così, con questi rimandi, partecipando ad un premio, il primo e l’unico della mia vita, del quale non è rimasta traccia, dedicato al carnevale del paese, uno dei più antichi, vinco con una poesia che accoglie riflessi futuristi. A premiarmi una giuria prestigiosa, perché ospite in casa dello scrittore, Antonio Tabucchi, che di lì a poco pubblicherà “Il gioco del rovescio”. Dal Saggiatore. C’è Silvio Guarnieri critico e amico di Montale, Luigi Blasucci docente emerito studioso di Machiavelli, Piero Bigongiari poeta ermetico che abita a Pistoia. Dopo la premiazione mi fanno intendere che vogliono conoscermi, perché m'invitano, generosamente, a cena. Ma in sala c’è il mio amico barbiere
Paolo Fatticcioni detto il Pazzo, e vado con lui a Viareggio a ballare al Principe di Piemonte, perché, ora non ricordo se eravamo attesi da due belle ragazze, ma se non lo eravamo, l’avremmo trovate, perché siamo una coppia formidabile in materia. E forse rappresentavamo la vitalistica e dionisiaca estasi dell’avanguardia, vagheggiata a parole, e mai messa in pratica, dai bravi intellettuali in giuria per il premio, e anche dagli esaltati organizzatori del “Convegno contro la repressione” di Bologna, nel ’77, proponenti una rivoluzione nella parola e nei flussi desideranti. Noi semplicemente la vivevamo senza saperlo di viverla. E per questo essendo divertimento puro, avrebbe detto Foucault, era rivoluzione anche sessuale. Tabucchi non la prese bene la mia assenza alla cena. Aveva sostenuto Accio e questo si comportava così. Incomprensibile alla sua latitudine.
L’altra foto, accennata ma non riprodotta, sta nel libro epistolare “Vecchiano un paese”, e parla appunto di questo premio, dove inviando foto all’amico che ha scritto Sostiene Pereira, in realtà scrivo su Vecchiano e vite non illustri e sulla sezione più stravagante di tutta Lotta Continua perché di giorno, segretario compreso cioè Accio, sono proletari e la sera fino a notte fonda sono borghesi alla Bussola. La vita di Tabucchi, è, nel libro, una vita tra le tante. Alla fine si troverà sì destinatario di foto e lettere, dentro un piccolo romanzo epistolare, ma incorniciato dalle vite di Fanfulla del Pazzo di Passerone. E non gradirà affatto. E stato il mio gioco del rovescio per lui. Per un maestro cosmopolita, e vecchianese soltanto per il buon ritiro dell’intellettuale. Maestro sia chiaro, perché carta canta, e i libri che ha scritto, come “Il gioco del rovescio” o “Piccoli equivoci senza importanza” hanno salvato la tradizione del racconto e sono tra i maggiori del secondo Novecento italiano. Però, per me, Vecchiano, è il “rizoma” anche telematico, strapaesano, del mio vissuto. Esso mi consente di essere uno scrittore antico perché legato alle radici, e qui partono dal ‘200 mica scherzi, se passava Dante vedeva la torre campanaria già in funzione, e insieme modernissimo stando in Rete. E per questo, travalicando il mero elenco delle presenze - sulle quali tornerò - scrivo sull’importanza del libro, “Cinema Teatro-Olimpia dei fratelli Bartalini”, mentre parto verso Vecchiano. Ed è questa la terza foto che non è stata ancora scattata, ma lo sarà: il 9 aprile. Quando racconterò cosa è successo, al mio ruolo di scrittore, dopo il 1997.
Pubblicato il libro feltrinelliano ho scelto di affidarmi, nomade, esclusivamente al Web, con grande sorpresa, del mio compaesano illustre, perché dopo un primo libro poi ce n’è sempre un secondo e un terzo. A Feltrinelli e Sellerio preferii la Rete perché secondo me la carta stampata aveva esaurito la sua funzione. Preferii la Rete e curare una rivista di frontiera che teorizzava un nuovo accesso ai saperi e alla letteratura: Tellus (1990-2009). E su di essa inventare un giornale on line Tellusfolio (2005-2009). Non rimpiango questa scelta. Che oggi si concretizza nei Weblog “Tutti i figli di Tellus”: Tellusfoglio, Tellus in Love, Compagna Tellus, tra cui Vecchiano un paese, per arrivare all’Olandese Volante magazine a breve on line. E questo perché oggi la letteratura e la poesia, devono nell’orizzontalità della rete, diventare romanzo corale o poema corale, accettando però, l’autore di essere una voce tra le altre. Come accadde in “Vecchiano un paese”, prima nel libro e poi, oggi, nel weblog, e come qui nella storia stampata, (ma che con me torna in Rete) del Cinema teatro Olimpia, dove la mia è una voce tra tante. Che trova significazione, però, proprio perché ha le altre accanto e non, badate, viceversa.
Così dovrebbe accadere anche per la poesia. Scomparendo, l’Autore, se ha talento e invenzioni nel magma dei linguaggi-vite, meglio ri-appare. Ogni linguaggio non gli è precluso, trova la sua morte e trasfigurazione nello spettro telematico. E un piccolo teatro, come l’Olimpia, dagli anni trenta ad oggi, diventa centro di un universo che si allarga, sasso in acqua, e questa è una comunità narrante on line, che può essere imitata.
Di quanto scrivo ne feci una relazione, l'anno scorso di questi tempi, a un incontro sulla poesia on line, in una città del nord, di cui ho dimenticato il nome - ma non il suggestivo vicolo del Gatto - compreso quello degli organizzatori. Peccato che abbiano ignorato ogni mio suggerimento. Per fortuna appare un libro simile, e così trovo conferma che tra web e carta stampata può esistere questa scommessa estetica ed esistenziale. Che si possa evitare ogni gerarchia che già mi faceva venire il nervoso nel ’77 verso chi la proponeva e chi la subiva. E chi la rappresentava erano maestri della critica della poesia della narrativa dell'editoria non pallide copie esangui. Non so se mi spiego. Dunque, secondo me, una prassi possibile, adatta ai tempi, la indica questo libro e quanto vi accade. Ed è una fortuna che esista, che sia apparso, posso sperare di non essere dentro un’assurda, ancora una volta Accio!, utopia impraticabile. Senza sbocchi concreti. Questo libro con le sue foto dice che la formazione dell’autore sta nell’intreccio con vite-linguaggi veramente altri, nella storia concreta dei vissuti e dell’immaginario.
Al teatro Olimpia ho appreso la finzione filmica, le storie hollyvoodiane, Nello Bartalini, proprietario, mi portava ad ascoltare Gerry Mulligan e mi fece conoscere il Cool Jazz, e nei veglioni, nelle sale da ballo a lato, capii che l’aspetto ludico della vita, la danza, la sensualità, la seduzione sono la componente essenziale della scrittura dei corpi e del loro scambiarsi. Ben prima di leggere Foucault. E dei giovani, vecchianesi, organizzati nel Circolo Howl, come da regola formato beat generation!, e nel libro lo testimoniano, poterono negli anni Settanta - che dei superficiali reazionari chiamano anni di piombo - invitare all’Olimpia Guccini, Gaetano, Battiato, Dalla, e diffondere la musica dei nuovi cantautori nella zona… tutte cose oggi impossibili ma che andranno re-inventate con la Rete proponendo dei luoghi, nuovi che fanno centro, nucleo, anche episodico, per la musica e la presa sul reale con i linguaggi di oggi.. Questo dirò all’Olimpia e insieme sarò ancora Accio e in sala ci sarà una figura assente, che a Vecchiano ha un suo racconto orale, lo stesso a cui io ambisco più di ogni altro libro, Libertario Di Scalzo detto Lalo. Mio padre.
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CINEMA CON DANZA TEMA DI GRANDE IMPORTANZA
Il restauro cinema-teatro Olimpia è uno di quegli eventi che travalica l’esemplare dedizione di una giunta comunale nel restituire alla comunità un edificio fruibile perché questo luogo è anche racconto in attesa di avere un suo proseguo, altri capitoli, altre vite che in esso depositino voci, gesti, presente. Se quindi penso ai divertimenti della mia infanzia e adolescenza negli anni Cinquanta e primi Sessanta, che vissi con il soprannome di Accio, dopo aver giocato nei campi del prete davanti casa o sull’argine del Serchio o avventurose salite verso il santuario della Madonna di Castello, era il Cinema-teatro Olimpia che ci aspettava alla sera per consegnarci trame - vedendo pirati in azione, erculei greci in lotta contro tiranni, e trapper nel lontano west - da trasferire dalla celluloide a reali avventure di bambini in calzoncini corti. Ridenti e chiassosi. E a volte piangenti per le botte date e prese e i rimproveri familiari. Ma il cinema Olimpia non ci dava soltanto l’avventura filmica che sembrava uscita dai romanzi di Salgari e Dumas, sia in inverno sulle poltroncine in noce al chiuso che in estate su quelle verdi e di metallo all’aperto sotto le stelle, ci avvicinava anche all’amore recitato da aitanti divi americani e da irraggiungibili bellezze hollyvoodiane. Spiavamo incuriositi le seduzioni, i baci, le passioni che andavano incontro alla disperazione ma più spesso al lieto fine. E questo tumulto recitato sullo schermo, io e certi miei compagni di giochi, magari un po’ più cresciuti, lo ritrovavamo in declinazione sentimentale, e sguardi, e corteggiamenti nelle sale da ballo che allora ebbero presenza nel paese: La “Casina dei fiori” e la “Paloma” sul Serchio. Accompagnando i nostri genitori o al seguito di cugini più grandi entravamo nella musica, nelle canzoni suadenti di Gino Paoli, dei balli americani, ed era uno sfarfallìo di vesti colorate, rossetti, profumi, allegria e qualche malinconia e tristezza scoperta in chi non ballava non aveva la fidanzata o l’aveva perduta. Conoscevamo il gioco bellissimo e crudele dell’amore. Senza saperlo ci stava entrando sottopelle e nel muscolo cardiaco e prima e poi le corse e i giochi a rimpiattino e le fionde ci sarebbero apparse superate, inutili, avremmo indossato i pantaloni lunghi e un giorno saremmmo andati al cinema Olimpia e poi al ballo per vedere e cercare la prima ragazza di cui ci eravamo innamorati e che ci stava cambiando la vita.
Del mio paese ho scritto in un libro pubblicato nel 1997 da Feltrinelli, “Vecchiano un paese, lettere a Antonio Tabucchi”. Quanto ho qui scritto è un ideale post scriptum.
da "Cinema-teatro Olimpia dei fratelli Bartalini", a cura di serena Vitale, marzo 2011. Europolis Editing
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(Il palcoscenico del cinema-teatro Olimpia allestito per il Premio Vecchiano, 1977. Foto a colori formato cartolina)
Caro Antonio,
intanto resta una foto, un’inquadratura di un tavolino sul palcoscenico del cinema-teatro Olimpia dove un professore di letteratura italiana dell’università di Pisa - che si commuoveva ricordando la sua amicizia con Montale – e il futuro autore de Il gioco del rovescio guardano sottecchi un militante di Lotta Continua prestato alla poesia d’avanguardia. E anche questa foto voglio spedirtela. Sebbene pensi che le foto tu non le ami. Temi forse che dentro le foto si abbia in sorte una particolare vista sul mondo che cambia?, o un particolare tipo di invecchiamento fatto di soli pensieri?
In quella sala del cinema Olimpia c’era lo spiritello della cultura, lo si scopre dai volti dei presenti: è gente interessata quella che vedi seduta nelle poltroncine, che capisce che si sforza di capire che cos’è la poesia e forse questo è già un modo per intenderla. Chi tiene riviste sottobraccio, chi libri sulle ginocchia magari stampati a proprie spese. Era un’Italia fatta di impiegati, di operai, di figli di camionisti come me, ai quali appariva normale passare una serata a un premio di poesia. Ecco, proprio così, caro Antonio, c’era questo sforzo che ora non c’è più. Poi su come sia mutata la cultura e il modo di viverla io ho un’idea balzana ma voglio raccontartela (…). La mia stramba illuminazione dice questo: la cultura, ma vorrei dire un frammento di poesia, un paesaggio in un quadro, una formula matematica dell’universo, può depositarsi nell’inconscio delle persone come un rivolo sottile e passare quasi per osmosi da una persona all’altra, da un potenziale poeta all’altro, da un potenziale scrittore all’altro, pur senza mai concretizzarsi o manifestarsi sotto forma di libro, ma scivolando e gonfiandosi da inconscio a inconscio quasi ubbidendo a una lievitazione lunare e poi diventare fiume in un campana, un Tozzi, uno Sbarbaro. Metafisica spinoziana a buon mercato? Metafisica spinoziana a buon mercato. (…)
Tuo Claudio
da "Vecchiano, un paese", Feltrinelli, 1997