venerdì 3 giugno 2011

Claudio Di Scalzo: Il sogno che t’aspetti di Accio e del Pazzo

    

                                                                       Accio e il Pazzo




Ieri sera guardando il disegno dei due amici in esergo, che mi accompagna da mesi, ho pensato che i due personaggi potevano essere anche Accio e Il Pazzo. Io con il mio amico che è morto di cancro nel 2005. Nella notte l’ho sognato. Stamani ho trascritto il sogno come meglio potevo. E aggiunto una didascalia possibile, dopo quanto sognato, ai due sulla riva dell’oceano. In me la “narrazione” funziona così. È il mio modo di pregare ricordando un’amicizia. Che la Morte non ha scalfito. In tanti ci hanno “fatto la lezione” e condannati come inaffidabili e rovinosi per le esistenze a cui ci legavamo. Forse è stato proprio così. Eravamo "imputabili". Ma poi ci si riscatta o scrivendo o sapendo morire come altri non sanno fare. E qui sta il “sughero”. Mi piace pensarlo nel giugno ventoso. Dopo un sogno...

                                       -Andiamo, Pazzo, dobbiamo partire da questo luogo per un’altra avventura
                                       -Partiamo subito?
                                       -Prima devo andare in Tribunale... sarà una cosetta da nulla!
                                       -Ne sei sicuro?
                                       -Sì... mi sembra...
                                       -Lo spero. Allora vado in barberia, ho un cliente. Passa di lì...
                                       -Impegnativo?
                                       -Una cosetta da nulla.
                                       -Lo spero, Pazzo. Ci vediamo tra poco e poi si parte...



IL SOGNO CHE T’ASPETTI DI ACCIO E DEL PAZZO.
(SOGNO A GIUGNO)



-Lei è imbutabile, dice il Giudice, per quanto accaduto. Come si dichiara?
-Come vuole che mi dichiari! su di una parola che non esiste! e poi perché mi dà del Lei,... vengo qui un mese si e uno no a rispondere di accuse e a pagare pignoramenti! Ci conosciamo ormai...
-Non le ho dato del Tu quando l’ho condannata la prima volta, che per me è una specie di amore a prima vista, figurarsi se cambio adesso che condanna dopo condanna il suo caso mi ha stancato, ah non dica impietosito! non provo pena per i dannati come LEI!... ripeto Lei è Imbutabile... ne tragga le conseguenze. Segua la procedura di Lontananza e Gelo che impone la sentenza.

Dal volto di persone che ridacchiano nel salone intendo che sono perduto, però non mi viene rivelato in che supplizio... capisco solo che morirò... tutte le altre volte ho trovato una via di fuga e nella sopportazione del dolore mi mettevo in salvo. Ha un ultimo desiderio? Sì, Giudice! devo salutare un amico che abita qui vicino. Guardie accompagnate l’Imbutabile perché non scappi. M'incammino verso la barberia con i due alle calcagna che rimpiccioliscono fino a diventare due talpe: siamo armate mi dicono tracotanti riducendosi ai minimi termini. Entro nella barberia del Pazzo: sta tagliando i capelli a un cliente. In silenzio. Il che mi sembra strano. Cosa ti è successo? mi chiede guardandomi nello specchio. Mi hanno dichiarato Imbutabile! Lo guardo anch’io nello specchio: ha le fattezze da venticinquenne! Le talpe salgono sulle sedie a leggere giornali di cronaca nera e si leccano i baffi in modo volgare. Ci diamo un’occhiata, come ai tempi delle nostre avventure in Versilia e scattiamo via di corsa; le Talpe ci seguono al trotto, e anche il cliente che si porta dietro le forbici. Noi corriamo verso il Tribunale. Grido al Pazzo che dobbiamo trovare un’altra strada perché nel prato del Tribunale c’è un enorme imbuto dove verrò gettato. Dove verremo gettati, corregge. Perché non scappiamo? chiedo interrogativo. E’ il Conto Accio, non fare il duro di comprendonio! lo sai cos’è il Conto?! ti hanno presentato il Conto! fino ad ora te le sei cavata perché sapevi che il Conto in un modo o nell’altro l’avresti pagato! ora sei Imbutabile! da lì non si scappa secondo la condanna! si precipita giù come vino nella bottiglia senza fine. Nessuno sa dove si finisce. Allora perché non torni in barberia? Sono Imbutabile anch’io. Guarda il Cliente chi è. Mi volto. E vedo la faccia dello stesso Giudice. Si divide in più persone come vuole, mi dice ironico Il Pazzo. Immagina un po’ chi è Accio!? Ci vuol poco a capirlo!

Vediamo il parco del Tribunale. Con al centro una specie di piscina a forma d'imbuto interrata dove gorgoglia un liquido scuro. I trampolini da cui ci getteremo si flettono nel vento di giugno. Sono due infatti. E più in altro sopra un albero vedo un uomo pallido che gocciola sangue sull’ultimo ramo. Anche lui sta per tuffarsi. E ci guarda e ci dice: usate quanto avete rubato ieri sera se siete imbutabili. E venitemi dietro. Ma chi è? chiedo al Pazzo. Come chi è? risponde meravigliato, come fai a non riconoscerlo! E’ Cristo! - Cristo? ... allora noi siamo i due ladroni. Così uno di noi due non si salva! E chi te lo dice! stavolta ci salviamo in due! Cosa vuol dire usate quanto avete rubato ieri sera? Non ti ricordi più nulla Accio. Abbiamo bevuto due bottiglie di Champagne e poi siamo scappati dal retro del ristorante saltando la finestra! Ah già... e allora? Tu hai portato con te i due tappi. Per ricordo, hai detto. Potevamo pagare ma per il gusto di rubare il pranzo al ristoratore avido siamo scappati. I due tappi tirali fuori. Ne passo uno al pazzo. Che lo stringe. Con sguardo deciso. Ora vediamo se funziona! Si muore assieme, dice! e forse si torna a galla da un’altra parte. Quelli come noi finiscono male ma hanno vissuto sapendo cos’è il bene avendone nostalgia. Lui ci aiuta a scoprirlo, ci dà la sua mano, Accio. Non potevamo che morire così! Imbutabili...

Il Cristo s’era già tuffato e nuotava come un pesce spandendo sangue. In alto il Giudice, affacciato al muretto, aveva il viso corrucciato come se la sua sentenza potesse essere vanificata e insieme era soddisfatto perché sparivamo. Il Conto è salato, mi urla il Pazzo mentre sprofondiamo come in un maelström... e ha il viso deformato dal dolore e dall’agonia. E anch’io riesco a malapena a rispondergli, è atroce questa sentenza!,  ho la nuca strattonata in una specie di garrota che mi toglie il fiato... il Conto è salato... com’è giusto che sia! gorgoglio, e stringo il sughero.



Notte tra il 2 e il 3 giugno
A Paolo Fatticcioni detto Il Pazzo
da Claudio Di Scalzo detto Accio






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