Buck Eden personaggio ideato da Claudio Di Scalzo
nel 2005 sul giornale Telematico Glocale Tellusfolio
Vi voglio donare il flebile vanto della mia lezione. Sul web che abitiamo. Del resto è una giornata alpina con striature di sole che mitigano il gelo sui monili che sparsi ho sulla scrivania: di ritorno da Parigi. Dai lucori turistici di Montmartre e altre apparenze scorte in quadri che come rampicanti mi tediano nel ritorno. Il Web, cari adoratori orfani della carta che carriera non vi ha dato abbastanza! né nome in classifiche d’ogni genere, né piacere all’altezza dei vostri sessi ragionevoli, il Web dicevo è un po’ come la frontiera, almeno a me piace immaginarlo così, e la frontiera, che ne so, il Klondike di London, lì, mi pare, niente è di nessuno, lì vale solo “la saggezza della pista”; la situazione è elementare e nell’elementare molte sono le possibilità e molti i rischi. Lì quelli come me sono astuti come la bestia che uccidono senza tanti problemi e testardi nello sgusciare nell’informe di ciò che cade dal cielo dell’insignificanza d’ogni evento. Anche familiare, anche letterario, anche politico, anche etico. Non so se mi spiego. Qui il mio essere incalzato dai venti contrari mischia come una spremuta, di nervi e sangue, la cialtroneria e l’aristocrazia in bella rima; ho anche fifa perché il miscuglio assomiglia a qualcosa di innominabile. Forse il baffuto Nietzsche mi comprenderebbe. Tengo echi del suo pensiero nella bisaccia con la frasetta hegeliana che il concetto puro deve conferire alla filosofia l’idea della libertà assoluta. Croste comprese cari signorini che tenete siti per leccarvi fra voi a margine delle plaquette di turno. La creatività assoluta è parlare senza coperture, non derivante da altro, non fondato in altro, che cresce e si sviluppa da se stesso, an-archico, che poi significa anche selvatico. Nel buttare via ogni cosa. Non salvare neppure lo spazio, geografia della via, della pista che hai attraversato. In nervosa allegria, sputo dilagante sopra il vetro dell’impronte digitali di una qualsiasi firma.
Scalza che sia.
Intendete? Nelle vostre postazioni riscaldate e foderate di “classici”?
Ah che disdetta ambire alla comunità degli aurei linguaggi, aprire un cottage sul web, e poi mostrarsi letterati nella midolla, professori del distinguo, perché diploma feudale e gerarchia vi diedero! e un maestro da sé nominatosi vi fece inginocchiare. In qualche premio. In qualche prefazione. In qualche conciliabolo per mesti scambi. Comunisti, socialdemocratici, cattolici, impegnati a lenire le sofferenze del genere umano, ne fate macchia fiorita nelle vostre biografie. Bollini premio. Santità posticce. Io spurgo - in me - ogni segno di umanità da voi antropologicamente manualizzata. Sulla pista. Il piano è corrugato. Il socialismo realizzato delle idee e delle scritture è una poltiglia, spesso infame, come lo fu nel reale di tanti paesi con i partiti comunisti al potere. Di questo paesaggio non m’importa. La mia intelligenza animale non è affatto collettiva, bensì individuale, meglio: singolare. Se mi seguite vi sperdo, se mi cercate vi sbudello, se mi copiate vi avvelenate. Intanto questo bolo lascio da dove sono passato. Con le cartoline di Parigi e il fumo ritrovato della merda di mucca sotto casa.
Oltre il biancore della pista attraversata c’è il nulla l’abbandono l’unione a qualcosa che non so. A questa creatività inconoscibile che mi modella, perché scelta brada feci, affido l’intero mio destino… la doppiezza del nome il quartetto della vista.
Buck Eden
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