CDS: ROSSETTO CANDORE PERFETTO (particolare)
Claudio Di Scalzo
VIRGILIO
DOLCISSIMO PATRE
alla latinista Sara
Cardellino
Rossetto Candore Perfetto
Rossetto Candore Perfetto
Festa del papà a me oggi così
di dà
19 marzo 2018)
19 marzo 2018)
1
Oggi festa der babbo du patri der
papà m’aggio preso assai vogghia di scrivene con mea gnuranza in manera
azzardente per lo mio ammure Sara Cardellino che gli’è studiosa latinista di
Virgilio: ‘onosce Dante come suo ROSSETTO CANDORE PERFETTO. Paradisiaco
parecchio se la guardo dall’elettronio tetto. Con ogni tatto.
Ir poema dantesco insegna un
bùscherio di ‘ose anco a chi vor poemar.
Dante allarga assai ogni contesto
dei linguaggi. Ogni immagine. Il suo verso si libera sempre dall’artificio e
dal simbolismo smaccato.
Ciò non riesce ai dannati malnati spropositati emuli del poema nei gironi infernali dei siti web. A questi poeretti dalla voglia di fama sorretti ego-cosmici per natura e ambizione sfugge che l’efficacia della parola è affidata alla tensione che scarta di lato rispetto al suo uso corrente. Se lo ficchino in mente. Oppure intu culo. Da bravi dannati e dannate.
Il verso può, anzi deve, planare pure sulla banalità der cotidiano der peccato dell’idiozia della scemenza anch’essa scienza, semo homini semo donne scariati via dal Paradiso Terrestre, epperò sul piano retorico, deve, esso versus, mantenere risonanza emotiva (vasta mentre lievitate pasta poetica) dando al lettore la situazione per entracci.
Dante scrive anche per chi colto non è. E il suo successo l’han determinato i lettori comuni. Chi scrive poemi oggi lo fa per sbavà su tomi di filosofia ai piedi di chi ritiene sapiente e che invece è culo che fé trombetta Argentieri che devoti e ancelle in fretta leccan fieri.
Ciò non riesce ai dannati malnati spropositati emuli del poema nei gironi infernali dei siti web. A questi poeretti dalla voglia di fama sorretti ego-cosmici per natura e ambizione sfugge che l’efficacia della parola è affidata alla tensione che scarta di lato rispetto al suo uso corrente. Se lo ficchino in mente. Oppure intu culo. Da bravi dannati e dannate.
Il verso può, anzi deve, planare pure sulla banalità der cotidiano der peccato dell’idiozia della scemenza anch’essa scienza, semo homini semo donne scariati via dal Paradiso Terrestre, epperò sul piano retorico, deve, esso versus, mantenere risonanza emotiva (vasta mentre lievitate pasta poetica) dando al lettore la situazione per entracci.
Dante scrive anche per chi colto non è. E il suo successo l’han determinato i lettori comuni. Chi scrive poemi oggi lo fa per sbavà su tomi di filosofia ai piedi di chi ritiene sapiente e che invece è culo che fé trombetta Argentieri che devoti e ancelle in fretta leccan fieri.
Rammentati questi ridioli
perversi che spargono merda
immaginandosela oro,… vegno alla mia interpretazione da povero scrittore di
‘ampagna per la su' amata ‘ompagna Cardellina. Fino ad inventammi dantista per
avella nella festa der papà Comedia in vista.
Dante nel XXX Canto der
Purgatorio, avverte se medesim agitassi
perché intuisce la presenza di Beatrice. Il momento della sua entrata in scena
lui sentendosi ciucciata sema. Si gira indietro. Cerca Virgilio che se n’è ito.
“VIRGILIO DOLCISSIMO PATRE”
profferisce e nella dedizione si stordisce Dante. Questi versi, tersi, immensi,
vibrano risonanza emotiva che flette come scarica elettrica, elettronia se
tradotta, watszappata instagrammata in tutte fibre du poema spalmata.
Miracolo momento miracolato
lettore incantato della poesia universale. Tutti a imparà come poesia si fa
invece de stà a teorizza minchiate ricevute e date.
Un lampo di pochi versi balugina
simultaneamente l’intera narrazione delle prime due cantiche.
Dante pellegrino còre fino si
gira sur fianco, ma con l’ocio nella direzione duve “sentiva”, cane da folle
amore annusante, il tartufo dell’amor mai di se stesso stufo e cioè rizoma Beatrice
deLux Deleuze pronunciando ste’ parolle barcarolle folle chopinizzate scekerate:
“Men che dramma/ di sangue m’è rimaso che non tremi:/ conosco i segni dell’antica fiamma”.
Dante senza ‘apì né vedé accorgìsi che Virgilio se n’è ito, partito, sparito, anco perché voltandosi verso di lui continua a guardà innanzi, cume facea solitamente per familiarità e intimità e sicurtà con la guida presente.
“Men che dramma/ di sangue m’è rimaso che non tremi:/ conosco i segni dell’antica fiamma”.
Dante senza ‘apì né vedé accorgìsi che Virgilio se n’è ito, partito, sparito, anco perché voltandosi verso di lui continua a guardà innanzi, cume facea solitamente per familiarità e intimità e sicurtà con la guida presente.
Te stai a sorprenne Sara
Cardellina per cume stramono Virgilio e Dante e l’amure… o ti garba il povero
scrittore ‘ampagnolo che tenta ermeneutio volo? Stando sul ramo del fico?... che
si sa si piega non regge si spezza e ti butta a tèra marconcio come un accio
fio poo maturo!
Ner munno che Dante à traversato
in traversie restie e pie… gliera lo mondo trascendente fitto di scene film
sequel e prequel ove ‘ompariva immancabilmente e visibilmente e
instancabilmente Virgilio. Il PADRE. Stava nella visione di Dante personaggio
quanto in sua vita sognata infernalata purgatoriata di sé stesso scrittore. Mi
disse un dì la Kristeva … Cristo santo Accio intendi questo e tornatene a Vecchiano sull’Argine che lì Dante va a pescà allegorie più che ner Quartiere Latino!
Dante traversa le bolge infernali
e l’incorniciate animae purgate vedendo quel mondo come personaggio con
Virgilio padre e in quanto scrittor-poeta vedendo quei mondi dell’oltre sempre
con Virgilio. Come gli apre quei mondi, della visione dell’estetica? Come?…
dandogli il mestiere adatto l’accesso? Virgilio gli apre quei mondi con un
gesto con la parola, con il passo. Dante sta tra Virgilio e quel mondo e non si
sa immaginare in solitudine davanti ad esso. Ma ogni rivoluzione di ogni
artista, grande o piccino che sia, è stare solo davanti al mondo reale a quello
metafisico.
2
Dante è preso per mano, spiritualmente per le maniglie della
sua anima, per due cantiche. Pelo e
contropelo poetico. Ma poi Virgilio se ne va – ha da ire via!
Qui, Sara Cardellino, penso a Lalo al mi’ babbo. Che m’ha
guidato nella vita accidentata per fammi intende il Male e una possibile
salvezza. Salvezza che, per quanto sono
corpo e anima, può venire soltanto da una donna. E allora mi concentro sul
dolore di Virgilio che torna indietro e lascia Dante solo. Solo a un passo
dalla felicità che, Virgilio, lo sa e ne è squassato, non è per lui. Consegna Dante
alla salvezza, e ritorna sui suoi passi. Torna induve gliè venuto. Facendo
intravedere a chi legge l’emozione del suo distacco dal discepolo.
La solitudine di Virgilio diventa epica. Immensa. Viaggio e
attesa della gioia non era per lui. Lui torna indietro alla condizione d’una infelicità
senza slanci senza sogno di poterne modificare gli echi terrestri. Che non
siano rimpianto.
Virgilio esce di scena. Dante eleva lamento e nelle lacrime
che scendono in un paio di versi c’è tutta quanta l’umanità del poema.
La salvezza costa cara, salata, per il vivente per il personaggio
Dante. Anche a un metro dal Paradiso.
La presenza del padre, della guida, di ogni padre, non è
così forte come nel momento del congedo della separazione.
Come ritrovare il padre terreno il padre metafisico
spirituale che mi guidò, accostando l’Eterno
Padre di tutti noi? A questo penso stasera Sara Cardellino. Amata mia.
Che questo scritto a te
dedico.
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