ACCIO
LETTERA A SARA CARDELLINO DA VECCHIANO RICORDANDO VENEZIA
(giugno 2017)
(giugno 2017)
Sara mia… oggi giornata tra ambulatori
di medici e prenotazioni di visite per la “Signora Nada”. Ho ritrovato anche
compagne di scuola. In attesa per i propri mariti. Chi con l'Alzheimer chi con il
Parkinson. Drammi. Che nella complicità tosca vengono narrati. E poi tu sei
Accio e alle elementari eri il più dispettoso e tremendo. Eravamo innamorate di
te. Per me in quinta rubasti le nespole. E siccome non ti dissi nulla di carino
ma stetti zitta, l’ultima me la tirasti in capo. E scappasti. Dice la Fernanda.
Aggiunge la Rita, vicina di casa tua con
me ci giocavi e lasciavi da parte la Stefanella che era più invadente, ti garbavo
perché ero timida e non sguaiata come mia cugina. A me regalasti non le nespole
ma un biacco d’acqua che mi fece venì un mezzo svenimento.
Nel pomeriggio m’è venuto in
mente Agostini Evelina. Sono tornato nella corte dove c’era la sua casa. Non c’è
più. Buttata giù e ricostruita da chissà chi. Anche la palma è scomparsa. Ho
rammentato due donne e io piccino che ascoltava. Penso tu debba conoscere quei
giorni e quelli che rammento con te a Venezia. La foto l’ho ripresa dal web. C’è anche un “Fondamenta agli incurabili” di
Brodskij… con “Ponte agli incurabili”… ma con tutto il rispetto la vicenda
narrata vale per Puccini. Ne è un omaggio. Oggi a Lucca, in Corte del Biancone, dagli amici bancarellisti, ho acquistato un DVD e
CD su Madame Butterfly. Interpretata dalla Callas.
Leggo Puccini: “Con la
mia musica desidero esprimere passioni vere, amore e dolore, riso e lacrime, ed
è necessario che io stesso le provi, affinché mi possano emozionare e scuotere.
Posso scrivere musica soltanto in questo modo”.
Posso scrivere qualche volta ancora, Sara,
soltanto su passioni vere che durano. Nel tempo.
Tuo Claudio detto Accio
Cardellino bacia "Acciomolla" alle Zattere in Venezia
O CON TE O CON NESSUNO
a Sara Cardellino a Giacomo Puccini
Passeggiano alle Zattere. Venezia
nel maggio. L’uomo guarda la scritta “agli incurabili”. La indica col dito. Lei
sorride abbassando le palpebre. Lui, e chissà per quale cortocircuito dei loro
vissuti necessitanti di rivelarsi quel giorno, dice: “Dopo il novembre 2011,
separandoci a Villa Malcontenta sul Brenta, hai smesso di scrivere poesia,
perché Cardellino?”
Lei si ferma, gli posa una mano
sulla spalla, e poi aggiunge “O con te o con nessuno”. Lui tace e l’abbraccia e
il petto sembra un tamburo. Nello scoperto suo errore passato. Ascoltando
le parole in luce che lo curano rivelate. Sara lo carezza, gli passa le mani
nei ricci grigi, e per allentare la stretta che in Accio scopre prolungata nei
sussulti, dice: “Sono incurabile in amore?”.
Sara, prima che tu dorma, voglio
raccontarti perché le tue parole “O con te o con nessuno” m’hanno reso
“incurabile finalmente guarito”. Che idea è questa che devi auscultare il mio
cuore nei battiti regolari dopo stasera? Ah! come scusa per posare la testa sul mio
petto mi sembra ottima, ma stai fermina con le cosce che sai come passo dal
sentimentale sublime al predatorio in un baleno. Mi dici come nei fumetti.
Grazie, sei in vena di complimenti stanotte! E chi sarei in questo caso Sara?
Dai dimmelo! “Acciomolla” come Tiramolla. Dio benedetto ma come ti vengono in
mente queste analogie! Però ora stai bonina e ascoltami! Seria. Ubbidiente. Che
poi fai la nanna!! Ah no! Eccome…
Quand’ero bambino, forse nel 1960,
avevo otto anni, ah dici sette perché nato di sette mesi l’8 dicembre 1952 mi tolgo
un anno, grazie anagrafe Cardellina! Mia nonna Messinella Pardini mi portava in
visita da una sua amica: Evelina Agostini. La sua casina in una corte accosto
ad altre era linda, perennemente in penombra, tutta centrini e mobili che
sembravano usciti lucidi dal mobiliere. Mi offriva dei savoiardi e loro
mettevano sul gas la macchinetta del caffè.
Chiacchieravano su eventi del
paese sui vicini, e quando abbassavano la voce, ed Evelina tirava fuori dalla
gonna un fazzoletto capivo che il momento era vicino. Quello commovente per
loro e che mi incuriosiva e che chiamavo “l’ombra dei mariti”.
Evelina vestiva di nero da capo
ai piedi come mia nonna Messinella. Evelina aspettava il ritorno, dal 1946,
dalla Russia di suo marito che in quei posti lontani era andato a combattere.
Non era più tornato. Il comando militare italiano l’aveva nominato, suo marito,
Eugenio, come “disperso”. Evelina pensava fosse ancora vivo e che prima o poi
l’avrebbe riabbracciato. Ma se sulla terra ciò non fosse stato possibile, io,
Messinella, quando partì gli dissi baciandolo e stringendolo a me: “Tu torna.
Se puoi. Perché o con te o con nessuno starà Evelina”. A quel punto mia nonna
proseguiva, e la sua aggiunta la sapevo a memoria, perché se la ripetevano
quasi ad ogni incontro, quando il mi’ Vittorio moriva di creapacuore
nell’agosto 1944, ebbe la forza di dirmi, Messinella, sei giovane e bella,
porta per un po’ il lutto, ma se trovi un brav’uomo risposati e vivi con
qualcuno accanto e che ti può aiutare nei lavori al Campo della Barra. Lo guardai, lo abbracciai nel letto,
sollevandolo dal guanciale, e quasi urlai: “O con te o con nessuno!”. E poche
ore dopo mi spirò tra le braccia. Gli americani avevano varcato il Serchio e
stavano entrando in Vecchiano, e lui, ardito e fascista della Marcia su Roma ne
moriva, non per paura, ma perché il suo mondo era crollato.
Le due donne versavano delle lacrime.
Un giorno capirai Accio, cos’è l’amore. A volte mi diceva Evelina a volte mia
nonna. Le parole me le indirizzava chi piangeva meno.
Ci ho messo tanto a capirlo, Sara.
Ma l’ho inteso. La prima volta lo intesi in una notte drammatica del 20 agosto
1984 in un luogo che sai con l’immensità dell’oceano attorno a rocce precipitanti;
l’altra passeggiando alle Zattere dopo che tu hai detto. “O con te o con nessuno”.
Evelina e Messinella erano due figure
che non scrivevano poesia o intellettuali, però la loro fedeltà all’amore “o
con te o con nessuno” subito intuii che era da romanzo da poema era
letteratura. Vissuta realmente da due donne che vedevo, nei loro quaranta anni,
nella loro bellezza un po’ sfiorita come una rosa in autunno nel giardino di
casa. In seguito avrei letto Shakespeare e Petrarca e Emily Bronte e la
Dickinson e scoperto le vite di Modigliani e Jeanne Hèbuterne. Loro avevano
scritto e dipinto opere indimenticabili ma “O con te o con nessuno” che avevano
pronunciato era uguale a quello di mia nonna Messinella e di Evelina. E questo per me, Cardellino,
contava. Prima venivano le due donne della mia infanzia e dopo i grandi poeti e
pittori.
“O con te o con nessuno” me l’hai
detto in Venezia e l’hai realizzato sei anni fa a Villa Malcontenta. Senza che io ne
sapessi nulla. Non scrivendo più poesia. O scriverla con me o con nessuno. Dedicandoti
soltanto alla musica. A ciò sei rimasta fedele. Mentre io, che ti perdevo
perché avevo reso solo estetica la nostra vita, cosa che tu paventavi
disastrosa e foriera di dolore per te per me, la continuavo. Ho gettato via
parole e vissuto per nulla in questi anni ultimi. E per fortuna sei tornata “Donna
che visse due volte nel petto di Accio”. Scoprirlo e valicando i tempi di date diverse,
bambino allora e ora nel mio autunno, mi ha scosso al tremito che hai accolto.
Porgimi l’orecchio Sara, ascolta… ascolta… cosa dice il mio cuore: “o con te o
con nessuna!” E' un melodramma il nostro, siamo parecchio pucciniani!
°°°
Sara
Cardellino e Accio
La Riviera del Brenta ieri e oggi
con Villa malcontenta.
2011 e 2018
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