Cds. "La mimosa del pastore Lubigio". Collage e tecnica mista. 21 marzo 2011
LA MIMOSA DEL PASTORE LUBIGIO
A Karoline Knabberchen
che m’insegnò l’atto creativo e a nasconderlo.
Perché come per Lubigio e Don Ivano
l’importante è la dedizione all’intimità
con la poesia della fioritura
e non con la sua esposizione.
(Fabio Nardi, 8 marzo 2025)
Il giorno che cominciavano a fiorire le mimose
fu anche quello di un gregge tutto suo per Lubigio
e Don Ivano gli regalo un buccellato di Lucca
e gli contò l’età in nove anni. Poi gli fece incidere
una tacca sul bastone da pastore. Raccomandandogli,
ogni sera, posandoci sopra il pollice, di pregare Gesù.
Perché proteggesse lui e gli agnelli dai lupi e dal peccato.
“Tornerai in canonica, da me, quando il freddo finisce
e la mimosa spande il suo giallo. E con me farai un’altra tacca.
Insieme festeggeremo il tuo compleanno”. Lubigio ogni anno
andava a festeggiare la data della sua nascita che il pietoso
e buon parroco aveva inventato per lui. Quel giorno
per Lubigio rappresentava la gioia più grande dell’anno.
Il giallo delle mimose, il buccellato, le preghiere
da recitare assieme, e il libro dei santi da ammirare
con Don Ivano lo avrebbero accompagnato per tutti
i giorni a venire mentre sfiorava la nuova tacca
nel bastone. Un giorno tornando in canonica
non trovo più Don Ivano perché era morto,
ma il nuovo parroco fu comprensivo, e istruito
dal predecessore ne continuò la tradizione e l’impegno.
Cambio però dolce. Offri a Lubigio la crostata.
E ogni anno cambiava gusto. Di questo cambiamento
Lubigio fu felice. Tanto la mimosa sempre gialla restava
e la tacca in più stava a significare un altro anno di preghiere
da dedicare a Gesù Cristo che lo proteggeva dai lupi e dal peccato.
Lubigio riuscì a festeggiare tanti altri compleanni, fino ad ottanta
che fu l’ultimo. E prima di spirare disse che era giusto così
perché il bastone non poteva contenere più tacche.
Alcuni paesani s’inventarono la storia che era morto
di preoccupazione perché due uomini andando sulla luna
avrebbero guastato l’umore della stessa, incattivendola,
e a lui e alle pecore che la fissavano non avrebbe più strizzato
l’occhio. Gli anziani del paese conservarono il ricordo
di Lubigio, pastore e cristiano, affermando che seppur gracile,
malfatto e assente a volte di mente, capiva i suoi cani
e le sue pecore e loro capivano lui. Ed era chiaro
ad ogni occhio che la mimosa, in canonica,
dopo la sua morte, non era stata più gialla
come una volta lui vivo.
Karoline Knabberchen - Fabio Nardi
Dall’Epistolario. Libro Dodicesimo del Canzoniere
Otto marzo 1980.
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UN OTTO MARZO LONTANO, UN INSEGNAMENTO VICINO
Nel marzo del 1980, con inizio l’otto marzo, Karoline Knabberchen fu invitata a Pisa a degli incontri di poesia. Il femminismo che aveva fatto le sue prove negli anni Settanta e ancor più nel ‘77 bolognese - in quello che venne chiamato “riflusso” o “ritorno al privato" che coinvolse la sinistra un tempo extraparlamentare dopo l’omicidio di Aldo Moro nel ‘78” - scoprì con enfasi la poesia; e Pisa ne fu un centro. Come lo era stato per le ribellioni studentesche un intero decennio e più precedente. Non mi meravigliai che Karoline, avendo fatto leggere dei versi a un’assistente all’università, fosse invitata da quest’ultima rivelatasi la curatrice dell’evento. Nell’idea dell’organizzatrice, R.G., attiva nel gruppo del “Manifesto”, e di un editore astuto come Savelli, che dai libri dedicati a Trotzsky e alla Terza Internazionale era passato a pubblicare poesia crepuscolare, c’era la vocazione a “inventare” un libro accattivante.
Karoline m’informo dell’invito. Aveva ritrosia verso l’atto creativo ridotto a ninnolo per qualche cornice “culturale” collettiva somma di tante vanità. In questo caso il femminismo poetico - presenti anche poeti fuco - che incontrava decadenti eroine di fine Ottocento. Gli sembrò qualcosa di posticcio. Karoline si negò all’incontro. Dicendo, cortesemente, all’entusiasta curatrice di non aver scritto una sola poesia in più di quella che le aveva fatto leggere. E non fece più leggere qualcosa di suo a nessuno.
-Ti fa piacere questa scelta, Fabio!
-… m’insegna molto.
-… però inventiamo il nostro Otto marzo!, scriviamo la storia del pastore Lubigio che ci hanno raccontato… sei d’accordo?
-Sì. Io sono Lubigio
-Io la mimosa.