CDS: "Karoline ultimo sole"
Karoline Knabberchen
(Guarda, Engadina, 1959 - 1984 Norvegia, Lofoten,Austvågøy)
Karoline Knabberchen
(Guarda, Engadina, 1959 - 1984 Norvegia, Lofoten,Austvågøy)
Karoline Knabberchen
TRE POESIE: DUE PISANE E UNA LUCCHESE
(a Fabio Nardi, mio fidanzato)
(cura Claudio Di Scalzo)
SAN MARTINO IN LUCCA
Cuspidi d'insondata materia,
Coltri d'eterna memoria, senza scampo:
Su di voi vortica, elevata virtù,
La compassione:
Enunciata attende, al crocicchio,
Un suono di rinascita.
Varcherà allora le porte della città eterna,
Confiderà quanto in petto
Cancellò il tempo.
Attende lo squillo ampolloso,
Il corno che apre alla battaglia:
Su Lucca, splendente nella conchiglia
Della mano, San Martino veglia
E chiude le Mura
Il galoppo della sua legione.
Vento di dicembre, schianto
Di cristallo tra le costole dei basamenti:
Unico suono di natività questo mutare
Del cielo, questo incrinar leggero
Delle torri il capo.
Non so dirti quale dolcezza tutta
Ai piedi delle mura si rapprende e tace,
Mentre il Serchio in là curva e s'allontana.
Ho camminato per le vie dipinte,
Con zoccoli d'alce ho scovato l'eco
Simulata della tua natura.
Una selva indicibile brucia tra le campane
Delle cento chiese.
In quest'aria torta a forza come un turacciolo
Dal legno della croce, ecco:
Ho adorato lo spirito del Cristo.
Verrà il momento, mi son detta,
In cui il morbido infantile tormento,
L'assoluto tormento sopito
Dentro questa imperfezione,
Evaderà da quel varco minimo,
Affiorerà alla vita.
E tu con me, deposto fiore tra mille altre recisioni,
Cancellerai ogni sforzo nel ricordare:
E vanisce il segno, l'adolescenza di questa città
Fragile d'altre mille percosse
All'uomo.
Irriconoscibile, ho varcato la soglia:
Lo sguardo nudo del peccato
Si schiude nella cova del Cristo Nero.
Una madre s'invola:
Una madre e un padre con tutta la loro
Durezza di diamante ascendono
Al cielo dell'irreparabile distacco.
Dicono non sia umano il suo volto;
Che il saggio Niccodemo lasciò cadere
Lo strumento innanzi alla Sua Grazia,
E quanto in lui viveva nel ricordo
Prese forma
Senza ch'egli toccasse il legno.
Un altro occhio incontro,
Il tuo,
Pallido come d'abbandono.
S'abbatte alle fontane, infuoca
L'acqua battesimale:
Il suo abito è ricordo dissepolto
Sotto cumuli d'altra cenere.
Nulla è perduto!, gridi e mi sorridi.
La mia babele, tra queste quattro mura:
S'è destata perché affiori quanto ci riguarda.
Sei tu la mia spinta verso l'alto?
Tu la sorda devozione?
Le strade, leggere come petali, ci attendono;
Il tramonto ne consuma la voce,
Le invecchia e protegge l'oscurità
Che a me manca.
A San Martino mi portavi a sera:
Perché non m'inquietasse l'ombra
Sulle colonne chiare,
E tutta in me vibrasse l'eco dei passi
Tra il selciato e la soglia;
E ti chiedessi poi, sulle Mura,
Altra, piena confessione
E la mia totale assoluzione,
Per poi spegnermi devota
Nell'inconciliabile che mi porgevi.
Cuspidi d'insondata materia,
Coltri d'eterna memoria, senza scampo:
Su di voi vortica, elevata virtù,
La compassione:
Enunciata attende, al crocicchio,
Un suono di rinascita.
Varcherà allora le porte della città eterna,
Confiderà quanto in petto
Cancellò il tempo.
Attende lo squillo ampolloso,
Il corno che apre alla battaglia:
Su Lucca, splendente nella conchiglia
Della mano, San Martino veglia
E chiude le Mura
Il galoppo della sua legione.
Vento di dicembre, schianto
Di cristallo tra le costole dei basamenti:
Unico suono di natività questo mutare
Del cielo, questo incrinar leggero
Delle torri il capo.
Non so dirti quale dolcezza tutta
Ai piedi delle mura si rapprende e tace,
Mentre il Serchio in là curva e s'allontana.
Ho camminato per le vie dipinte,
Con zoccoli d'alce ho scovato l'eco
Simulata della tua natura.
Una selva indicibile brucia tra le campane
Delle cento chiese.
In quest'aria torta a forza come un turacciolo
Dal legno della croce, ecco:
Ho adorato lo spirito del Cristo.
Verrà il momento, mi son detta,
In cui il morbido infantile tormento,
L'assoluto tormento sopito
Dentro questa imperfezione,
Evaderà da quel varco minimo,
Affiorerà alla vita.
E tu con me, deposto fiore tra mille altre recisioni,
Cancellerai ogni sforzo nel ricordare:
E vanisce il segno, l'adolescenza di questa città
Fragile d'altre mille percosse
All'uomo.
Irriconoscibile, ho varcato la soglia:
Lo sguardo nudo del peccato
Si schiude nella cova del Cristo Nero.
Una madre s'invola:
Una madre e un padre con tutta la loro
Durezza di diamante ascendono
Al cielo dell'irreparabile distacco.
Dicono non sia umano il suo volto;
Che il saggio Niccodemo lasciò cadere
Lo strumento innanzi alla Sua Grazia,
E quanto in lui viveva nel ricordo
Prese forma
Senza ch'egli toccasse il legno.
Un altro occhio incontro,
Il tuo,
Pallido come d'abbandono.
S'abbatte alle fontane, infuoca
L'acqua battesimale:
Il suo abito è ricordo dissepolto
Sotto cumuli d'altra cenere.
Nulla è perduto!, gridi e mi sorridi.
La mia babele, tra queste quattro mura:
S'è destata perché affiori quanto ci riguarda.
Sei tu la mia spinta verso l'alto?
Tu la sorda devozione?
Le strade, leggere come petali, ci attendono;
Il tramonto ne consuma la voce,
Le invecchia e protegge l'oscurità
Che a me manca.
A San Martino mi portavi a sera:
Perché non m'inquietasse l'ombra
Sulle colonne chiare,
E tutta in me vibrasse l'eco dei passi
Tra il selciato e la soglia;
E ti chiedessi poi, sulle Mura,
Altra, piena confessione
E la mia totale assoluzione,
Per poi spegnermi devota
Nell'inconciliabile che mi porgevi.
(1979)
SERA A RIPAFRATTA
Sovrapporre nome ad altro nome,
Confondere le maniere in cui l'uno
Posa sull'altro, per pietà di se stessi:
Con questo peso che inganna
Perché privo di misura nel midollo,
Si accosta a noi la prossima stagione.
Nome che scalza altro nome,
Compleanni d'oro come piume della mitica chimera;
Cos'altro tra questi avanzi di quieta civiltà,
Tra questi sassi accatastati per la grazia
D'altri tempi?
Tra le tempie la prossima deposizione,
Tra le tempie tese come due colonne
Accedo al tempio d'ogni dissoluzione.
Freme sotto la febbre che ammanta
L'ultimo profilo, nero:
Ripafratta,
Una gola serrata in cui arretrano
Le ere a me sconosciute,
Una canzone che procede rovesciata
Lungo il corso della storia.
Confondere le maniere in cui l'uno
Posa sull'altro, per pietà di se stessi:
Con questo peso che inganna
Perché privo di misura nel midollo,
Si accosta a noi la prossima stagione.
Nome che scalza altro nome,
Compleanni d'oro come piume della mitica chimera;
Cos'altro tra questi avanzi di quieta civiltà,
Tra questi sassi accatastati per la grazia
D'altri tempi?
Tra le tempie la prossima deposizione,
Tra le tempie tese come due colonne
Accedo al tempio d'ogni dissoluzione.
Freme sotto la febbre che ammanta
L'ultimo profilo, nero:
Ripafratta,
Una gola serrata in cui arretrano
Le ere a me sconosciute,
Una canzone che procede rovesciata
Lungo il corso della storia.
(1979)
PIAZZA DEI MIRACOLI
Con quanta allegria gratta in cielo l'ultima stella!
Anche questo è un tramonto, penso;
Questa densità che piano respira
Anche questo è un tramonto, penso;
Questa densità che piano respira
- Vai sù -
E dilegua ogni perplesso limite
Sulla soglia.
Questo rincasare quando tutti i confini
Si sono infranti
E San Ranièri a tre angeli senza nome
E dilegua ogni perplesso limite
Sulla soglia.
Questo rincasare quando tutti i confini
Si sono infranti
E San Ranièri a tre angeli senza nome
(tuoi parenti? Te li sei inventati?
Sembrano bolscevichi ex pope ortodossi
Con quelle barbe lunghe)
ha spento l'ultima
candela.
Un verso più lungo, che attenda me
Sull'uscio, lo sguardo teso al rimprovero.
La famigliarità da volgo offeso
Della Torre,
Il rispetto ieratico del Padre che t'attende
- ormai fuori albeggia -
Alla porta istoriata del Battistero.
Rivedo le mie forme, le assolute,
Che compiono giri infiniti
Per ripiombare nel pieno tormento della vita.
Qui, ancora, l'Arno è il mio pericolo,
La natura inconciliabile che s'impenna
E disarciona opprimendo il cavaliere.
Un verso più lungo, che attenda me
Sull'uscio, lo sguardo teso al rimprovero.
La famigliarità da volgo offeso
Della Torre,
Il rispetto ieratico del Padre che t'attende
- ormai fuori albeggia -
Alla porta istoriata del Battistero.
Rivedo le mie forme, le assolute,
Che compiono giri infiniti
Per ripiombare nel pieno tormento della vita.
Qui, ancora, l'Arno è il mio pericolo,
La natura inconciliabile che s'impenna
E disarciona opprimendo il cavaliere.
(1979)
Karoline Knabberchen
Claudio Di Scalzo
IL CANZONIERE DI KAROLINE KNABBERCHEN
Il Canzoniere di Karoline Knabberchen, è un immaginario, per estensioni tematiche, che tiene in sé presupposti speculativi che sono anche carne e sangue, reale, di un’avventura poetologica e narrativa. Romanzo. Il personaggio di Karoline ha il cuore angelico oceanico, e può contenere anche altre firme, che ne dilatano il battito. Come per il fumetto e cinema e serie televisive auspico che altre firme ne scrivano un altro lemma, di questa partizione. Transmoderno.
Nel suo viaggio terrestre e da presenza oltre la morte Karoline ci dona il suo elenco di illusioni e allusioni perché noi si possa, io e Fabio Nardi, comporre l’atto consustanziale alla sua biografia con testi creativi che siano anche recita, preghiera, religione, alchimia. L’angolatura prospettica della storia di Karoline Knabberchen morta, taglia la parola personale perché accolga nella ferita un sistema di immaginario in dialogo con la prosodia, la cadenza, il respiro adatto ai nomi del reale e di quanto lo valica.
La presenza della "ranocchietta" saltellante Knabberchen, noi due, Claudio Di Scalzo e Fabio Nardi, la conduciamo nelle pieghe del mondo per danzare ogni rapporto di creazione linguistica come fuoco in-fatuato tra pagina stampata ed elettronica, sperando somigli a fuoco divoratore dei tempi a noi consentiti non spegnendosi. Scriviamo perché la voce di Karoline Knabberchen vinca ogni consumazione. E resti racconto per chi la vorrà incontrare.
L’arditezza si confà a questa scommessa, nostra, con la delicatezza di una giovane donna svizzera, che sostò a Pisa, nei primi anni Ottanta, e nel paese di Vecchiano, e che molto viaggiò nella sua breve esistenza (Guarda.Engadina 17 IV 1959 - Lofoten.Norvegia 20 VIII 1984), a volerne raccontare, nei generi più diversi, ogni reale extratestuale per proliferazione di eventi e apparizioni.
Dai rami del bosco a Guarda, dove Karoline nacque, arriva il muschio del tronco che s’affida a un nord perenne, e la fragranza scaldata dal sole autunnale dei rami a Sud. Se immaginate chi scrive che questo tronco abbracciano avrete il rigore circolare costruttivo che ci anima.
Però il poema necessità che il bosco e il tronco e i rami da noi scelti guardino il mare, e noi con loro, l’oceano e il cielo stellato che di esso fa calco nel visibilio di certe notti, perché noi cerchiamo una semantica della forma che sia pura, e il Sacro s’accosta soltanto all’immensità. In questo processo, e ci sentiamo molto antichi, le nostre identità si mischiano negli spazi vissuti a quelli da vivere, all'intreccio del già scritto a quanto verrà versato nell’abisso concavo dell’immaginario. E le nostre psiche avranno la loro morfologia - spacchiamo il presente nel passato e futuro, invertiamo i tempi - nello sguardo della donna svizzera che ci guida.
Ogni procedimento artistico diventa, se sposato, un anello da portare al dito indice con cui si scrive; io e Fabio Nardi nel Canzoniere di Karoline Knabberchen ne accettiamo che esso distringa la mano e le ossa e la pelle nella crescita del procedimento artistico perché ogni lacerazione reale abbia legittimazione nella trama iridescente della fascinazione di quanto verrà letto e guardato nell’opera avendo al suo stesso interno la finzione della poesia: perché ogni anello ti consegna a una fede e insieme ti lacera le falangi se mai volessimo staccarlo dall’impegno preso. L’amore per Karoline Knabberchen è per sempre!
La tensione nell’immaginario per Karoline è unificante. Come la paglia tagliata conserva l’oro e la recisione della falce.
Ogni rappresentazione porta con sé l’eterogeneità e sta alla tensione unficante – useremo la dialettica? – estrarre dal caos del “racconto” quanto ha forza detto mito del sacro nella vita nella biografia poi morte e quanto vale meno di un’ombra di scodella rimossa vuota dal tavolo.
Karoline Knabberchen raggiunse con Fabio Nardi, nel Marzo 1981, la tomba di Giovanni Boine a Imperia/Porto Maurizio. (Da questo viaggio la raccolta: Clikka: Karoline Knabberchen: La Resurrezione di Giovanni Boine) Una tomba può rivelare che quanto sembrava noto nasconde l’gnoto in cerca d’altro nome. L’esperienza stratificata nell’oblio del poeta ligure rivela che il nostro immaginario è sempre affamato di alterità, verso quanto si rivela dedizione, custodia, cura, e anche un gorgo nell’oceano può somigliare ad un fiore che ancora fiorisce nel circolo dell’eternità da depositare dove la pietra parla.
PERSONAGGI PRINCIPALI
DEL "CANZONIERE DI KAROLINE KNABBERCHEN"
DEL "CANZONIERE DI KAROLINE KNABBERCHEN"
KAROLINE KNABBERCHEN
Poetessa svizzera che studia letteratura e filosofia all’università di Pisa
e che si suicida venticinquenne alle Lofoten, Austvågøy, il 20 agosto 1984
FABIO NARDI
Fidanzato vecchianese di KK e artista fotografo dalla vena eclettica
LIBERTARIO NARDI
Babbo sempre evocato senza tomba fissa
ELVIRA SPINELLI
Madre di Fabio, sarta in ogni luogo apprensiva
ETEOCLE SPINELLI
Nonna di Fabio
ANDRI KNABBERCHEN
Padre dei pomeriggi in barca
GERDA ZWEIFEL
Madre severa, signora degli incubi
RUT ZWEIFEL
Nonna dei garofani rosa
UGO SENTITO
Filosofo misteriosofico
PIANO DELL'OPERA
KAROLINE KNABBERCHEN. CANZONIERE D’AMORE IN VITA
KAROLINE KNABBERCHEN. CANZONIERE D’AMORE IN VITA
Libro-Introduzione
"Le età dell'angelo svizzero Karoline Knabberchen - Diario Bagnato"
La freccia di sabbia. Libro Primo. Due tomi.
Due piante nel nocciolo. Libro Secondo.
Bave. Viaggiatori da Biblioteca.
Ornitologia vecchianese ed engadinese per KK. Libro Terzo. Due tomi
Quaderno illustrato vecchianese. Libro Quarto.
Viaggio intorno a un volto. Libro Quinto. Due tomi.
Spuma sulla carrucola in risalita. Libro Sesto.
Anello Rovente. Libro settimo.
KAROLINE KNABBERCHEN. CANZONIERE D’AMORE IN MORTE
Il verso annuale della ranocchia. Fiabe del camino.
Telegrammi sott’acqua. Candele spente.
Come apparve la morte a Karoline Knabberchen. Libro ottavo
Karoline disegna. Libro Nono.
Filosofia da baita. Proiezioni musicali. Libro Decimo.
Tavolozza per Gaudio e Requiem. Cardiodramma. Libro Undicesimo
Fabio Nardi - Karoline Knabberchen. Epistolario. Lettere. Biglietti postali. Cartoline. Libro Dodicesimo
La Resurrezione di Giovanni Boine. Libro Tredicesimo
La freccia di sabbia. Libro Primo. Due tomi.
Due piante nel nocciolo. Libro Secondo.
Bave. Viaggiatori da Biblioteca.
Ornitologia vecchianese ed engadinese per KK. Libro Terzo. Due tomi
Quaderno illustrato vecchianese. Libro Quarto.
Viaggio intorno a un volto. Libro Quinto. Due tomi.
Spuma sulla carrucola in risalita. Libro Sesto.
Anello Rovente. Libro settimo.
KAROLINE KNABBERCHEN. CANZONIERE D’AMORE IN MORTE
Il verso annuale della ranocchia. Fiabe del camino.
Telegrammi sott’acqua. Candele spente.
Come apparve la morte a Karoline Knabberchen. Libro ottavo
Karoline disegna. Libro Nono.
Filosofia da baita. Proiezioni musicali. Libro Decimo.
Tavolozza per Gaudio e Requiem. Cardiodramma. Libro Undicesimo
Fabio Nardi - Karoline Knabberchen. Epistolario. Lettere. Biglietti postali. Cartoline. Libro Dodicesimo
La Resurrezione di Giovanni Boine. Libro Tredicesimo
Del “Canzoniere di Karoline Knabberchen” in trentasette anni sono stati pubblicati pochi estratti da “La freccia di sabbia”,
“Quaderno illustrato vecchianese”, “Viaggio intorno a un volto”,
“Cardiodramma”, soprattutto sulla rivista poi annuario Tellus, e sporadicamente in mostre collettive di poesia visuale negli anni Ottanta.
CDS cura il racconto illustrato in versi e prosa e fotografia: "Karoline e il fotografo"
SULL’OLANDESE VOLANTE - Barra Rossa - ALCUNI CAPITOLI
DEL CANZONIERE DI KAROLINE KNABBERCHEN
CLIKKA
Karoline Knabberchen
Karoline Knabberchen ammalata
Karoline Knabberchen - Innocenza tua e mia
Libro perduto di KK
CLIKKA
Karoline Knabberchen
Karoline Knabberchen ammalata
Karoline Knabberchen - Innocenza tua e mia
Libro perduto di KK
Nessun commento:
Posta un commento