sabato 25 aprile 2020

Claudio Di Scalzo detto Accio: Due comunisti due antifascisti in famiglia comunista. Giuramento lontano lapide vicina. 25 Aprile 2019



“Accio e Lalo al Campo della Barra a Vecchiano il 25 aprile 2017"
 Body Art con pugno chiuso di due camionisti.
 Foto Sara Cardellino.





DUE COMUNISTI DUE ANTIFASCISTI

IN FAMIGLIA COMUNISTA.

GIURAMENTO LONTANO 
LAPIDE VICINA.

25 APRILE 2019

(Storiella urtima per chi vòle leggela e poi scordalla, perché non c’è letteratura qui col brillìo, ma picciola epica familiare di vite strizzate a vorte nel tragio altre nell’allegria soda come si dice in Val di Serchio)

Quando ir-mi’ babbo, Libertario detto Lalo che la Resistenza l’aveva fatta cor nome d’un musicista francese ascoltato da 'ompagni emigrati a Marsiglia, perché la musia non s’imprigiona, ch'avea avuto su’ pa’, Angelo, l’angelo dei braccianti, ir mi’ nonno, ammazzato dai fascisti sulla via di Pisa perché comunista a Livorno quando la farce e martello gliera fondata ner ’21; ch’avea un fratello, maggiore, Alvaro, mi’ zio, ito in Spagna contro Franco nelle Brigate internazionali tra le fila degli stalinisti, capace d'affrontallo in liti vicine allo sfracello, con la doppietta, perché Lalo era anarchio e s'intendeva coi trotskijsti; ch’avea un altro fratello, Lenino, ribattezzato a forza Beppino dai fascisti, che "dirazza" facendo i sordi col mercato nero a Livorno in Tombolo nel ’46 creando alberghi;... mi regalò la “Storia della Resistenza” di Pietro Secchia stampata dagli Editori Riuniti del PCI, mi disse: “Accio, per te questo volume, l’à scritto uno stalinista, ma lui la lotta l’à fatta per davvero, tu’ zio Alvaro lo ‘onosce di persona, se venisse ir momento tirerebbero fora ancora ir mitra: è la loro illusione. Tu dai importanza a chi nelle fotografie accanto ai capi non cianno nome e cognome. Ai morti fucilati e impiccati che cianno ir nome. Perché sono questi la vera anima della rivoluzione del comunismo possibile, della resistenza. E non entrà mai!, mai!, in relazione con chi ha ereditato le chiavi delle ‘arceri della polizia e de' tribunali, in relazione con chi lavora nella ‘ultura ar servizio, pagato e nutrito, dai padroni delle società per azioni, perché ‘esta ‘ultura non vale niente se vo’ trovà con artri ‘ompagni la rivoluzione nella politia ner privato; chi tiene in piedi lo stato democristiano con le su’ ‘arceri ir suo apparato di poliziotti ti sarà facile distingueli, invece chi fa il comunista ir compagno l’intellettuale di sinistra il colto per eduà le masse in politia e nelle arti ti sarà più difficile distingue le tante mele marce da quelle poe sane, ce ne sono già parecchie in giro, stampano il libro fanno la mostra sull’antifascismo la resistenza e poi vanno in culo ar popolo che diono di liberà o d’aiutà coi loro scritti e pitture. Con questi non ci dovrai traffià perché per la lotta totale contro ir capitalismo e ir fascismo non son boni a nulla, hanno paura di fassi male e ci mandano gli artri a rischià bastonate e pallottole, oppure ar momento giusto tradiscono per artri ideali o interessi. E t'infiacchiscono nella tu' purezza d'intenti: nun ci voglin parole per la rivoluzione ma fatti e poi parole per rendili assieme al popolo accettati!

M’intendi Accio?, lo intendevo anche se il calendario diceva dei miei sedici anni. "Piccola guardia rossa" mi chiamava Adriano Sofri. Era il 1968.

Proseguì, guidando il camion OM sulla via per Lucca, dove si portavano gli asparagi alle botteghe, era aprile, ir mi’ babbo era il mi’ libro e l’omo in ‘arne e ossa che diceva ‘omunismo possibile; dentro di me giurai, e del resto era un giuramento che mi pa’ chiedeva esplicito, e infatti sillabai con forza: farò ‘ome tu mi dici babbo, saprò distingue e non traffierò con la gente che dici, mai”.

Bravo Accio, aggiunse, ci vincono su tutto, e questo dal 1946, e pure di là nell’Este, armeno la soddisfazione di sceglisi con chi stare, dobbiamo tenella nostra, e non facci ‘omprà con tre bicci per avè posizione nello stato o per te, che disegni fin da piccino, per avé ir tu nome tra gli artisti. Siamo artisti anche a fa’ una barca per pescà, a guidà ir camio come lo guido io cantando “O bella Ciao!” o ad ascoltà le storie ar camino der tu zio Alvaro in Spagna dietro a Baffone che faceva sparà addosso agli anarchici ‘ome me. La nostra tragedia di ‘omunisti che dura tuttora. Ma riordati Accio, sortanto i comunisti, quelli che son pronti a dar tutto per il ‘omunismo, anche la loro possibile vanità, che poi è umana, d’esse più sapienti o più artisti nel gioo dell’arte, sono persone di cui potessi fidà nella politia e ne’ l'estetia che studi a scòla: gli unici che han diritto di ragionà di ‘omunismo e di proponne lo sviluppo!

Se venisse ir momento adatto ir tu’ zio Alvaro ci sarebbe con me e te, lo zio Beppino che à un albergo a Tirrenia e uno a Parigi no di certo! Gliè diventato socialista. M’intendi? Eppure è bono e generoso, ma à dirazzato. C’è che nella vita bisogna sceglie, e se si sta dove t’à ficcato il destino e la storia della tu’ stirpe questo deve valé per sempre.

È un po’ come nell’amore, se è grande, se non scade come il latte. Io tu ma’, la mi’ bella Nada, l’atomia di Vecchiano per ir seno la chiamavino, era figliola del capo de’ fascisti di Vecchiano, ir tu’ nonno Pardini Vittorio, che all’arrivo dei partigiani e degli ameriani ner ’44, ebbe l’idea giusta di morì di crepaore!, eppure era innamorata di me, di Lalo, e m’aspettò che tornassi dalla guerra d’Albania, e, poi, era l’unia a sapé che stavo nel loculo ner cimitero, la tomba della mi sorellina morta a due anni, e che di lì uscivo a notte per fa’ ir partigiano e picchià a bombe e pallottole i nazifascisti. A notte, a costo di fammi ammazzà mettevo un fiore sulla su' finestra mentre dormiva. Se m’avessero scoperto si sarebbe fatta ammazzà con me. E quando finita la guerra come figliola di fascista volevino umilialla i finti partigiani che se n’erino stati in casa al riparo da tutti, io imbracciai ir mitra e dissi: chi tocca la mi’ ompagna, la mi’ Nada, l’ammazzo, ‘omunisti dell’urtim’ora e partigiani finti! Andatevine prima che mi venga ir nervoso senza rimedio per voi. E riordatevi che la Nada è la ‘ompagna di Lalo! che vi garbi o meno è ‘osì!

Non me l’anno perdonata, e m’ànno ‘ancellato dalle storie ufficiali della resistenza, dove i finti vanno a fa’ la parata al posto di elli veri. Ma non avevo tessera e bollino di rionoscimento. Si son sistemati i finti in politia, io ò ‘ontinuato a fa’ ir semplice camionista. E a tenemmi la Nada, sarta mirabile gran cuoca bella donna.


Libertario Di Scalzo detto Lalo





E poi sei nato te, Accio, di sette mesi, l’otto dicembre 1952, dissi a tu-mà che sembravi un conigliolo spellato, ma che saresti diventato un bravo ‘ompagno. Per il comunismo che prima o poi sarebbe arrivato.

Non è arrivato nessun Comunismo, la Resistenza addirittura è finita in mano, oggi, nemmeno ai socialdemocratici, bensì a vaghi liberali di sinistra, come nell’ANPI, che immiseriscono la Resistenza come lotta di classe, anzi la espungono, dalla Storia rivoluzionaria italiana mentre incalza ogni revisionismo para-fascista con adepti se non di massa quantomeno da rendere vera la profezia di Brecht che il ventre del mostro ancora è partoriente! E dopo capolavori come quelli di Fenoglio Calvino Vittorini Bassani Sereni, ora siamo in mano a stenterelli stenterelle mediocri che vanno in giro sul web, e in misere parate antifasciste festivaliere per vendere i loro libretti le loro teorie vaghe calcate su uomini ed opere che per viverle e scriverle spesero la vita vissero l’esilio il carcere l’umiliazione.

Facile oggi fare gli eterodossi nel marxismo o nell’anarchismo e farsi gazzettieri delle avanguardie comuniste del ‘900 con lo spolvero di qualche spezia orientale o ecologista o vagamente universalistica; di questa gente non mi fido né la frequento. Aspirano alla residua (patetica e umoristica insieme) carriera borghese e qualunquista nel mestiere delle lettere e dell’estetica. Sul quale mio padre mi aveva messo in guardia. E che non sono serviti a nulla lo dimostra oggi la difficoltà dell’antifascismo e dell’anticapitalismo comunista che ad esso deve essere collegato. Sennò l’antifascismo è funzionale al capitalismo schizoide spettacolarizzato. I disgraziati in giro a fare gli antifascisti col librettino allestiscono uno, rima, spettacolino!

Chi aspira alla lotta antifascista e anticapitalista deve rinunciare a qualsiasi ruolo d’esteta d’intellettuale di produttore di merci estetiche a lato di Shoah Antifascismo Anticapitalismo Lotte libertarie in ogni campo e ovunque nel mondo accese. Operare in SIGLA comunitaria, soviet, consigli (gramsciani), restare anonimi come autori e autrici, affidandosi all’esclusiva militanza. Anche per eventuali prodotti artistici o letterari o poetici o musicali. Venduti in SIGLA per finanziare la Resistenza e le lotte. E, come nel periodo eroico del 1968 e del 1977, a qualsiasi soggetto dietro scrivania con targhetta, palco, microfono... opportuno ieri e oggi... lanciare sfottò verdura sassi sedie!

Io la penso ‘osì, e a questo pensà son rimasto fedele. La mi’ ‘ompagna, che chiamo ‘Ardellina, gliè parecchio lontana dalle mi’ idee in politia, però gli garbo da dieci anni, stacco ‘ompreso perché letiammo, e in dialetto veneziano mi dice, non lo so scrive, perciò lo traduo in vernaholo, che gli sembro un Leonida della Val di Serchio che giura ar su babbo di ‘ombatte sempre, fino all’estremo, i persiani. Due camionisti che vissero per sempre comunisti. La rima è adatta. Per ballata a fumetto per melodramma paesano per racconto accanto al focolare esistessero ancora i camini! Perché quelli sul web son sempre spenti anche se sembrano accesi.






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