“Accio e Lalo al Campo della Barra a Vecchiano il 25 aprile 2017"
Body Art con pugno chiuso di due camionisti.
Foto Sara Cardellino.
DUE COMUNISTI DUE ANTIFASCISTI
IN
FAMIGLIA COMUNISTA.
GIURAMENTO LONTANO
LAPIDE VICINA.
25 APRILE 2019
(Storiella urtima per chi vòle leggela e poi scordalla, perché non c’è
letteratura qui col brillìo, ma picciola epica familiare di vite strizzate a
vorte nel tragio altre nell’allegria soda come si dice in Val di Serchio)
Quando ir-mi’ babbo, Libertario
detto Lalo che la Resistenza l’aveva fatta cor nome d’un musicista francese
ascoltato da 'ompagni emigrati a Marsiglia, perché la musia non s’imprigiona, ch'avea
avuto su’ pa’, Angelo, l’angelo dei braccianti, ir mi’ nonno, ammazzato dai
fascisti sulla via di Pisa perché comunista a Livorno quando la farce e
martello gliera fondata ner ’21; ch’avea un fratello, maggiore, Alvaro, mi’ zio, ito in
Spagna contro Franco nelle Brigate internazionali tra le fila degli stalinisti,
capace d'affrontallo in liti vicine allo sfracello, con la doppietta, perché
Lalo era anarchio e s'intendeva coi trotskijsti; ch’avea un altro
fratello, Lenino, ribattezzato a forza Beppino dai fascisti, che
"dirazza" facendo i sordi col mercato nero a Livorno in Tombolo nel
’46 creando alberghi;... mi regalò la “Storia della Resistenza” di Pietro
Secchia stampata dagli Editori Riuniti del PCI, mi disse: “Accio, per te questo
volume, l’à scritto uno stalinista, ma lui la lotta l’à fatta per davvero, tu’
zio Alvaro lo ‘onosce di persona, se venisse ir momento tirerebbero fora ancora
ir mitra: è la loro illusione. Tu dai importanza a chi nelle fotografie accanto
ai capi non cianno nome e cognome. Ai morti fucilati e impiccati che cianno ir
nome. Perché sono questi la vera anima della rivoluzione del comunismo
possibile, della resistenza. E non entrà mai!, mai!, in relazione con chi ha
ereditato le chiavi delle ‘arceri della polizia e de' tribunali, in relazione
con chi lavora nella ‘ultura ar servizio, pagato e nutrito, dai padroni delle
società per azioni, perché ‘esta ‘ultura non vale niente se vo’ trovà con artri
‘ompagni la rivoluzione nella politia ner privato; chi tiene in piedi lo stato
democristiano con le su’ ‘arceri ir suo apparato di poliziotti ti sarà facile
distingueli, invece chi fa il comunista ir compagno l’intellettuale di sinistra
il colto per eduà le masse in politia e nelle arti ti sarà più difficile
distingue le tante mele marce da quelle poe sane, ce ne sono già parecchie in
giro, stampano il libro fanno la mostra sull’antifascismo la resistenza e poi
vanno in culo ar popolo che diono di liberà o d’aiutà coi loro scritti e
pitture. Con questi non ci dovrai traffià perché per la lotta totale contro ir
capitalismo e ir fascismo non son boni a nulla, hanno paura di fassi male e ci
mandano gli artri a rischià bastonate e pallottole, oppure ar momento giusto
tradiscono per artri ideali o interessi. E t'infiacchiscono nella tu' purezza
d'intenti: nun ci voglin parole per la rivoluzione ma fatti e poi parole per
rendili assieme al popolo accettati!
M’intendi Accio?, lo intendevo
anche se il calendario diceva dei miei sedici anni. "Piccola guardia
rossa" mi chiamava Adriano Sofri. Era il 1968.
Proseguì, guidando il camion OM
sulla via per Lucca, dove si portavano gli asparagi alle botteghe, era aprile,
ir mi’ babbo era il mi’ libro e l’omo in ‘arne e ossa che diceva ‘omunismo
possibile; dentro di me giurai, e del resto era un giuramento che mi pa’ chiedeva
esplicito, e infatti sillabai con forza: farò ‘ome tu mi dici babbo, saprò
distingue e non traffierò con la gente che dici, mai”.
Bravo Accio, aggiunse, ci vincono
su tutto, e questo dal 1946, e pure di là nell’Este, armeno la soddisfazione di
sceglisi con chi stare, dobbiamo tenella nostra, e non facci ‘omprà con tre
bicci per avè posizione nello stato o per te, che disegni fin da piccino, per
avé ir tu nome tra gli artisti. Siamo artisti anche a fa’ una barca per pescà,
a guidà ir camio come lo guido io cantando “O bella Ciao!” o ad ascoltà le
storie ar camino der tu zio Alvaro in Spagna dietro a Baffone che faceva sparà
addosso agli anarchici ‘ome me. La nostra tragedia di ‘omunisti che dura
tuttora. Ma riordati Accio, sortanto i comunisti, quelli che son pronti a dar
tutto per il ‘omunismo, anche la loro possibile vanità, che poi è umana, d’esse
più sapienti o più artisti nel gioo dell’arte, sono persone di cui potessi fidà
nella politia e ne’ l'estetia che studi a scòla: gli unici che han diritto di
ragionà di ‘omunismo e di proponne lo sviluppo!
Se venisse ir momento adatto ir
tu’ zio Alvaro ci sarebbe con me e te, lo zio Beppino che à un albergo a
Tirrenia e uno a Parigi no di certo! Gliè diventato socialista. M’intendi?
Eppure è bono e generoso, ma à dirazzato. C’è che nella vita bisogna sceglie, e
se si sta dove t’à ficcato il destino e la storia della tu’ stirpe questo deve
valé per sempre.
È un po’ come nell’amore, se è
grande, se non scade come il latte. Io tu ma’, la mi’ bella Nada, l’atomia di
Vecchiano per ir seno la chiamavino, era figliola del capo de’ fascisti di
Vecchiano, ir tu’ nonno Pardini Vittorio, che all’arrivo dei partigiani e degli
ameriani ner ’44, ebbe l’idea giusta di morì di crepaore!, eppure era
innamorata di me, di Lalo, e m’aspettò che tornassi dalla guerra d’Albania, e,
poi, era l’unia a sapé che stavo nel loculo ner cimitero, la tomba della mi
sorellina morta a due anni, e che di lì uscivo a notte per fa’ ir partigiano e
picchià a bombe e pallottole i nazifascisti. A notte, a costo di fammi ammazzà
mettevo un fiore sulla su' finestra mentre dormiva. Se m’avessero scoperto si
sarebbe fatta ammazzà con me. E quando finita la guerra come figliola di
fascista volevino umilialla i finti partigiani che se n’erino stati in casa al
riparo da tutti, io imbracciai ir mitra e dissi: chi tocca la mi’ ompagna, la
mi’ Nada, l’ammazzo, ‘omunisti dell’urtim’ora e partigiani finti! Andatevine
prima che mi venga ir nervoso senza rimedio per voi. E riordatevi che la Nada è
la ‘ompagna di Lalo! che vi garbi o meno è ‘osì!
Non me l’anno perdonata, e m’ànno
‘ancellato dalle storie ufficiali della resistenza, dove i finti vanno a fa’ la
parata al posto di elli veri. Ma non avevo tessera e bollino di rionoscimento.
Si son sistemati i finti in politia, io ò ‘ontinuato a fa’ ir semplice
camionista. E a tenemmi la Nada, sarta mirabile gran cuoca bella donna.
Libertario Di Scalzo detto Lalo
E poi sei nato te, Accio, di
sette mesi, l’otto dicembre 1952, dissi a tu-mà che sembravi un conigliolo
spellato, ma che saresti diventato un bravo ‘ompagno. Per il comunismo che
prima o poi sarebbe arrivato.
Non è arrivato nessun Comunismo,
la Resistenza addirittura è finita in mano, oggi, nemmeno ai socialdemocratici,
bensì a vaghi liberali di sinistra, come nell’ANPI, che immiseriscono la Resistenza
come lotta di classe, anzi la espungono, dalla Storia rivoluzionaria italiana
mentre incalza ogni revisionismo para-fascista con adepti se non di massa
quantomeno da rendere vera la profezia di Brecht che il ventre del mostro
ancora è partoriente! E dopo capolavori come quelli di Fenoglio Calvino
Vittorini Bassani Sereni, ora siamo in mano a stenterelli stenterelle mediocri
che vanno in giro sul web, e in misere parate antifasciste festivaliere per
vendere i loro libretti le loro teorie vaghe calcate su uomini ed opere che per
viverle e scriverle spesero la vita vissero l’esilio il carcere l’umiliazione.
Facile oggi fare gli eterodossi
nel marxismo o nell’anarchismo e farsi gazzettieri delle avanguardie comuniste
del ‘900 con lo spolvero di qualche spezia orientale o ecologista o vagamente
universalistica; di questa gente non mi fido né la frequento. Aspirano alla
residua (patetica e umoristica insieme) carriera borghese e qualunquista nel
mestiere delle lettere e dell’estetica. Sul quale mio padre mi aveva messo in
guardia. E che non sono serviti a nulla lo dimostra oggi la difficoltà
dell’antifascismo e dell’anticapitalismo comunista che ad esso deve essere
collegato. Sennò l’antifascismo è funzionale al capitalismo schizoide
spettacolarizzato. I disgraziati in giro a fare gli antifascisti col librettino
allestiscono uno, rima, spettacolino!
Chi aspira alla lotta
antifascista e anticapitalista deve rinunciare a qualsiasi ruolo d’esteta
d’intellettuale di produttore di merci estetiche a lato di Shoah Antifascismo Anticapitalismo
Lotte libertarie in ogni campo e ovunque nel mondo accese. Operare in SIGLA
comunitaria, soviet, consigli (gramsciani), restare anonimi come autori e
autrici, affidandosi all’esclusiva militanza. Anche per eventuali prodotti
artistici o letterari o poetici o musicali. Venduti in SIGLA per finanziare la
Resistenza e le lotte. E, come nel periodo eroico del 1968 e del 1977, a
qualsiasi soggetto dietro scrivania con targhetta, palco, microfono...
opportuno ieri e oggi... lanciare sfottò verdura sassi sedie!
Io la penso ‘osì, e a questo
pensà son rimasto fedele. La mi’ ‘ompagna, che chiamo ‘Ardellina, gliè
parecchio lontana dalle mi’ idee in politia, però gli garbo da dieci anni,
stacco ‘ompreso perché letiammo, e in dialetto veneziano mi dice, non lo so
scrive, perciò lo traduo in vernaholo, che gli sembro un Leonida della Val di
Serchio che giura ar su babbo di ‘ombatte sempre, fino all’estremo, i persiani.
Due camionisti che vissero per sempre comunisti. La rima è adatta. Per ballata
a fumetto per melodramma paesano per racconto accanto al focolare esistessero
ancora i camini! Perché quelli sul web son sempre spenti anche se sembrano
accesi.
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