martedì 10 aprile 2018

Accio e Sara Cardellino: Non ne ho voglia con Quasimodo per ritrovare la voglia. Lettera verso Bratislava di Vecchiano. A cura di Claudio Di Scalzo


CDS: "Sara Cardellino a Bratislava" - cm 40 x 50 - acrilico e matita






Accio e Sara Cardellino

NON NE HO VOGLIA CON QUASIMODO PER RITROVARE LA VOGLIA

(esemplare dialogo dal mare allo slovacco loco)


-Perché non scrivi una poesia per me mentre sono a Bratislava?

-Non ne ho voglia

-Allora fammi un ritratto a fumetto

-Non ne ho voglia

-Almeno delle fotografie di Vecchiano

-Non ne ho voglia

-Stai dicendo la verità o ragioni a rovescio?

-Non lo so.

-Stare in coppia nel cuor della terra
Trafitto da un raggio di non ne ho voglia
Ed è subito sera per l’amore

-M’è tornata la voglia… Cardellino!












NOTA SCALZA

Con Sara Cardellino sono tornato alle origini della spensieratezza, del gioco, della leggerezza,… e ciò si rivela sia che lei esegua la Serenata n. 2 in La maggiore per piccola orchestra di Brahms a Bratislava, che io esegua un facile vagabondaggio a Vecchiano tra immagini e scritture, sospinto dall’imperativo richiamo a Quasimodo, dopo che per farla irritare ho proposto il gioco del "Ne ho voglia/Non ne ho voglia", e del rovescio, andando incontro all’amore da diritto.

Per noi due, quanto attiene, se vogliamo, all’estetica, per certo la Serenata n. 2 di Brahms vi appartiene e così la sua interprete; per quanto invento io ho dei dubbi… l’importante è l’intesa che in un giorno di aprile, l'8 per la precisione, sia simile a quella del bambino e della bambina che pattinano sui marmi del piazzale, che da qui vedo; a quella della sposa col marito che van discutendo se fare il risotto a pranzo coi carciofi acquistati o se friggerli; allo studente che scendendo dal bus e con la compagna di studi e di assenze in classe ride a qualche battuta che lui le lascia bisbigliante nell’orecchio.
Gente che ha voglia di vivere l’umanissima vicenda della quotidianità nel suo reale dispiegarsi. Io oggi l’ho fatto da lontano, ma poi il Cardellino torna, e il gioco riprenderà da vicino. A questa poesia siamo adatti. (Accio)





Metafisica vecchianese senza tante pretese, 4  (cds)





Accio

LETTERA VERSO BRATISLAVA DI VECCHIANO


Nell’intesa con l’aria di piazza Grassalkovich scrivo:
Non ho suonato Bach bensì Brahms.
Ero distratta l’altrieri con le B.

In qualche costellazione raddoppi, voci interne, canti, toni della partitura.
La musica è linguaggio innaturale. Non ti stupire. La sua disposizione
Confligge col respiro naturale ne spande iridescenze nell’amore che conobbe il tragico.

A Bratislava non porto alcuna attenzione alla forma con cui si rinchiudono le cose.
Labbra che sorseggiano da un bicchiere, cicatrici in occhi suadenti,
la democrazia del suono cola ovunque c’è lingua.

Rivelazione che a me, delle chiese dei gesuiti, dei cappuccini, niente m’importa:
vorrei suonare la Serenata n. 2 a Vecchiano nella Chiesa di Sant’Alessandro.

Brahm seduto sulla piccola sedia per le sue poderose natiche
Non è umano, non lo è mai stato, è, era, un bozzolo d’infelicità!
Che ne hai fatto della tua giovinezzza? gli chiedo.

Mi procuro collisioni con annate senza te, che chiamo delle locuste.
Anni nell’equilibro d’argilla polmonare spigolo
Di persi ritagli. Schiene braccia vesti scemenze risate.

Brahm non ha mai vissuto in coppia. Qui la sua disperazione verso Schumann maestro.
Altro che invidia per le cosce partorienti di Clara Wiek pianista eccelsa!
Schumann, mi rivela Brahms sulla seggioletta, incise il canto dell’usignolo nel Quarto Lied
Dei Dichterliebe, lì perse la sua mente. Io suo seguace mi caricai la carcassa di rivalità
Per la sua leggera follia. La musica per Schumann era facile per me complessa agguantarla.
Son calandra goffo pennuto non usignolo.

Fisso così il flauto traverso, ci inciampo.
Se farà bel tempo sul Teatro dell’Opera,
se i rigagnoli saranno l’ultima volta gelati,
se le lame nell’acqua taglieranno tempi allegri o andanti
non m’interessa. Vale che qualcosa sia accaduto, tra me e te:
accaduto una volta, per tutte, per sempre.
Due volte nel tuo cuore vissi. Vivo.
Nessuna facciata di Bratislava voce lati sbriciolati
Ponti in carico, piedi nudi nella stanza, ringhiere in diagonale, 
potranno imitare le pupille
Come accolgono il vibrato nel mattino stesso fruscìo d’erbe smemorate carezze. La musica mia per te l’unica arte possibile per salvare dalla morte quanto non vivemmo. Per dare nel basso continuo vicenda al tempo intero cosmo mentre m’addormento.
Sul guanciale accanto alla tua testa. A Bratislava di Vecchiano.






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