Immagine dalla bacheca Facebook di
Alessandro Assiri.
Alessandro
Assiri – Claudio Di Scalzo
SULLA
BUONA O CATTIVA POESIA
(dalla
bacheca Facebook di Alessandro Assiri)
(AA) Io non so niente della buona poesia e non so più
nulla dei poeti, perchè non riesco più a starci dietro, perchè per giudicare
bisognerebbe perlomeno conoscere. Ma in questa espansione infinita della
necessità di parola emergono solo atteggiamenti che si possono in maniera
raffazzonata associare a un testo.
Ho sempre pensato che anche se non si era poeti una cazzata
scritta bene poteva anche capitare, e allora chiedimi come riconosco un poeta
perché della poesia oggi non è rimasto quasi niente.
Il problema del riconoscimento è troppo connesso alla forte
pressione di tutto ciò che vuole farsi leggere, al punto che la poesia oggi è
solo avvenimento senza conseguenze. Credo ci sia una fortissima responsabilità
culturale in quello che ha per decenni permesso il fatto che la spinta
dell’antipoetico facesse credere che tutto avrebbe potuto essere poesia. In
questa spinta alla negazione, in cui è stato trascinato tutto il mondo
dell’arte, si è preteso di trasformare tutto in estasi estetica, incrementando
una conseguenza di eccesso di vanità. Come tutte le altre cose, il gusto è
diventato un escrescenza, effetto di un proliferare di generi che
caratterizzavano l’impoetico e allontanavano il lettore che smarriva per strada
gli strumenti di giudizio, se di giudizio è sensato parlare, per orientarsi.
La pancia è rimasta come unico arbitro per stabilire delle
affinità: questa è la poesia del maalox, quella costretta a fidarsi del
disturbo. La poesia istintiva che si riconosce per educazione sentimentale mi
mette tristezza; questa nostalgia empatica che sembra diventato l’unico metro
di lettura mi avvilisce.
Come riconosco una buona poesia vuol dire sapere come si
riconosce un incontro; e anche se questo vale per tutta la letteratura, il
“vieni qui” a cui la poesia ci chiama meriterebbe di essere ascoltato
sinesteticamente. Sinestesia come contaminazione dei sensi, unico strumento per
una percezione dell’accadimento poesia, perchè questo occorre sempre tener
presente : una buona poesia è un accadimento, un incedere del presente.
La poesia dove non si scorge un Dio che nasce mi interessa
poco. Nella mia concezione di poesia esiste sempre un volto che irrompe verso
l’io; in questa irruenza scorgo anche epidermicamente quella che per me
potrebbe diventara buona poesia, perché un testo non è mai buono subito: si
forma nel riconoscimento, nella trasformazione di una iconologia del presente.
Basterebbe forse cercare di azzerrare la distanza tra il dispositivo e la
domanda, invece, spesso, la poesia contemporanea vorrebbe ridurre lo spazio tra
il volto e il nome.
Una buona poesia è uno spiazzamento comunicativo, non una
forzata risemantizzazione. Credo che sotto certi aspetti la poesia vada
istigata a rivelarsi, a darsi nei suoi sapori. E forse è arrivato il tempo di
smettere con questa lingua da centrifuga per tornare al punto zero
dell’immagine a parlare di scrittura.
(CDS) L’intervento di Alessandro Assiri sullo
stato della Poesia oggi on line mi suggerisce questo contributo. Sposto la
questione ad un ABC: A) Il “Mestiere della poesia” o il “Mestiere del poeta” B)
Chi dà l’accesso o riconosce il Mestiere di poeta e la poesia stessa? C) La
poesia e il sovvertimento non solo delle forme ma dello strumento editoriale
che pubblica poesia nel più generale mezzo di produzione capitalistico.
Sul Mestiere di poeta ho care tre indagini-libri-antologia con dichiarazioni
dei poeti: Maselli-Cibotto: Antologia popolare di poeti del 900 Vallecchi,
(anni cinquanta); “Chi è il poeta di Batisti-Bettarini (1980); “Il mestiere di
poeta”di Ferdinando Camon (1982). Di tutte le dichiarazioni ho sempre amato
quella di Montale. “Ho la terza media. La poesia è un quid, e se ce l’hai la
fai sennò amen”. Più o meno dice così. Ma lui era crudele anche con se stesso
sennò non avrebbe inventato le poesie sceme-stronze (idea di Flaubert) per la
Annalisa-Cima. Aveva capito che la poesia era destinata alla Betise, anche alla
stronzata.
Ognuno di queste dichiarazioni è superata dall’avvento del web. E ancora più
dai social poco più avanti. M anon la dichiarazione di Montale, si badi bene.
Il capitalismo schizoide-web ha fatto saltare ogni gerarchia
editoriale-critica-accademica che dava l’accesso al “Mestiere di poeta”
accogliendolo in una Gerarchia Vassallatica Imperiale. Che fosse Fortini o
Pasolini o Porta o Sanguineti o Cucchi. Punto. Storia finita ed è un bene sia
finita. Quanto volevano ribaltare le avanguardie sovversive novecentesche lo
realizza il capitalismo. Sorta di capita-comunismo dove tutti sono poeti e
scrittori e artisti. Ma non come lavoro culturale liberato, quindi non merce,
non feticizzato, come auspicava il Marx dei Manoscritti-economico filosofici” o
il Situazionismo di Debord, bensì come lavoro-merce poesia-cultura per
sostenere la pubblicità nel social della multinazionale. Vincere il Premio
Viareggio o il Premio Sagra delle Anguille di Fucecchio è lo stesso. Han
bisogno del web-social per farsi notare, nell'affidarsi ad esso scompaiono.
Punto.
I social come Facebook o Instagram… hanno spazzato via anche l’utopia in cui ho
creduto dal 2000, dal 2000 sono in rete con siti e blog, della creazione di
siti e spazi elettronici Cyber-Soviet-Comunità di poeti e artisti che
sfruttando la rete creavano zone libere. Fallimento. Anche perché la poesia in
rivoluzione vive se c’è la rivoluzione. E l’ultimo episodio è stato il 1977.
Personalmente credo nella Poesia come Rivoluzione non solo nei segni ma anche
nel sociale. Se un soggetto rifiuta qualsiasi carriera letteraria, tra l'altro
impossibile, ha realizzato il suo soviet personale. La sua presa del Palazzo
d'Inverno. E' arduo, ma si può fare.
Personalmente penso che la poesia possa tornare in un’epoca di rivoluzionamento
che però non passerà più dall’Europa ma chissà dove. Poesia intrecciata ai
generi più vari e altri. Tanto da non essere più poesia come è stata
conosciuta: bensì altra forma commista a fumetto teatro musica pittura scienza
designer. Un’opera totale adatta al duemila di cui s’intravedono frammenti qua
e là. E dove l’autore non c’è più. C’è la Firma anche anonima. Come in opere di
Street Art anarchiche. Oppure c’è il Personaggio. Questa prassi io la chiamo
transmoderna. Il Transmoderno e sull’Olandese Volante ho cercato, fallendo, di
organizzarlo come appunto romanzo in vari linguaggi. Ma a questo tendo.
Escludo che si possa creare ancora accesso al “Mestiere di Poeta” con nuove
gerarchie che propongono il ritorno alla sapienza poetica anche metrica. Qui si
creano enfiati poemi mitologici senza capo né coda. Pesanti come mattoni
leggeri come merda di piccione. Ci vuole l’enciclopedia Treccani per decifrarne
un rigo. C’è già stato Onofri mi sembra. E, in ogni caso, una poesia breve di Penna
o di Govoni o di Saba ma anche del poeta recentemente scomparso come Cappello,
vale queste metrature farcite di filosofia e letterarietà che appunto non è
poesia. Le gerarchie, per mia formazione anarchica, le trovo sempre un po’
fasciste e reazionarie. Ed anche mediocri perché nelle Gerarchie Imperiali di
un tempo c’erano i Baldacci i Bo i Contini i Mengaldo come critici con poeti
come Montale Caproni Bertolucci Pagliarani Rosselli ecc, ed ora le gerarchie,
in siti o blog, sono del tutto sottoproletarie, cultura da lumpenproletariat
piccolo borghese frustrata in cerca di rivincite o di un posticino-librino al
sole di un click mi piace o nel premino che si dà anche al più cretino.
Vedo invece con favore embrioni attivi di comunità poetiche amicali che tentano
anche un’editoria volta con autori stranieri oppure volta all’estero in lingua
inglese. Oppure di poeti che in coppia d’amore e con amici propongono una sorta
di nuova predicazione cristiana. E poi c’è sempre l’esempio di Serse
Cardellini. Uno smette di far poesia. Pubblica quanto gli interessava. E va in
Cina studiare la cucina di quei popoli. Per quanto mi riguarda in estate pesco
orate a Bocca di Serchio nella Repubblica di pescatori Kronstadt-Durruti e
nelle altre stagioni studio musica e con essa entro nell’estetica anche
letteraria e fotografica. I personaggi che inventai vanno poi dove vogliono.
Saluti. E, ovviamente, non siete tenuti a leggermi, ogni contributo su
Facebook, forse anche altrove in siti di settore, è cenere verso il nulla del tutto
che si nomina virtuale per chi ci sta (noi) e concreta realtà per chi il
capitale sa amministrà.
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