lunedì 16 aprile 2012

Claudio Di Scalzo: La Nada l’han ferita, l’han portata all’Ospedaletto. Feuilleton paesano 6

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                
CDS: "L'Ospedaletto di Vecchiano sotto al Monte Castello" - Alla Nada - 16.IV.2012



   
LA NADA L'HAN FERITA, L'HAN PORTATA ALL'OSPEDALETTO



   "Non ce la faccio a guardarla, sento di nuovo la fitta alla gamba", dice mia madre se le mostro questa foto (L'Ospedaletto di Vecchiano, 1944. Foto in bianco e nero, cm 6 x 9), scattata da un nostro parente nei giorni precedenti la liberazione di Vecchiano.
   Il rettangolino di carta con l'immagine sbiadita e rugginosa di un edificio basso e scrostato - che somiglia più a una falegnameria che a un ospedale - fa rimbombare alle orecchie di mia madre un colpo di cannone con il sibilo delle schegge che schizzano ovunque dopo aver colpito la torre campanaria, e le fa riudire l'acuto urlo, disperato di bambina, che lanciò quando un proiettile d'acciaio le trapassò la coscia sinistra. Subito dopo, stesa su di un carretto scricchiolante, con il sangue che usciva a fiotti e le zuppava la logora gonnelletta, fra i gridi delle vicine e il volto sfatto dalla paura di mamma Messinella, la condussero all'Ospedaletto.
   Ospedaletto, piccoletto piccoletto, quattro mura in croce, senza vetri alle finestre, ospedaletto zeppo zeppo di feriti, tutti più feriti degli altri nelle carni, ospedaletto che respingi fuori la povera Messinella, ahinoi moglie di un fascista, sotto il tettuccio da sempre usato per riparare barrocci. "Dove si sarà nascosto suo marito Vittorio, quel fascistone!". E le cure tardano ada rrivare e il sangue si è raggrumato fra glia ssi del carretto e la bambina, di nome Nada, è come svenuta e ripete con un filo di voce: mamma... mammaa... mammina... fa che non mi taglino la gamba. E dentro le mura altri feriti strepitano, le donne poi hanno i loro mariti a proteggerle, a intercedere; invece le due donne sotto al tettuccio, la donnina ferita sul carretto e quella più anziana, hanno l'uomo rimpiattato da qualche parte. "Gli americani i fascisti li fucileranno tutti!". Il medico arriva, ma sarà poi un medico?, o sarà un infermiere? L'uomo estrae la scheggia, suda abbondantemente, consola con parole risapute, sutura, cuce, ti è andata bene bimbina, la scheggia non ha tagliato vene, guarirai, su su è tutto finito. Sarà anche tutto finito, ma la ragazzina resta sopra un giaciglio approntato sul carretto, sotto al tettuccio, e la Messinella porta qualche coperta e dice: "Non aver paura, dentro c'è puzza, qualcuno muore, che grida, qui l'aria è pulita e si vedono le stelle". La ragazzina Nada annuisce, annuisce come ora che guarda la foto per un attimo e poi la respinge via da sé. "Mammina ma le stelle come faccio  avederle sotto a queste tavole?". La Messinella le carezza la testa ricciuta. "Te le faccio vedere, poi però cercherai di dormire". E la madre la spinge fuori col carrettino e le dice: "Lo vedi', è lo stellato e se la cannonata la sparavano ora, uan stella spariva". "Perché spariva mamma?", chiede la Nada. "Perché le stelle sono buone ma hanno paura delle cannonate sparate dai soldati, figurati sono tanto lontane eppure temono di essere colpite e così si nascondono", risponde la madre. La ragazzina, nei mesi seguenti, alal sera, starà attenta al cielo e farà il conto delle cannonate che fanno sparire i bottoncini lucenti; crede che simile al buco che ha nella gamba, un altro ce ne sia in cielo dove una stella è scomparsa per la cattiveria degli uomini.
   La ragazza che poi diventerà mia madre, quando sarò ammalato con l'influenza, mi racconterà tante storie e fra le tante la sua: e io mentre mi assopisco avvoltolato fra le coperte, odo il carretto scricchiolare... scricchiolare: e non posso far niente per difenderla dal dolore.
   La Nada non riceverà nessuna pensione, non è stata registrata come degente, era sotto al tettuccio, sopra al carrettino. Il medico si è dimenticato della ragazzina ferita alla gamba sinistra da una scheggia. "Capirete, tutti i feriti e gli infermieri e le suore mi cercavano in quei giorni, una baraonda, un caos, non è facile per me ricordare... e poi non me la sento di firmare fogli se non c'è una testimonianza scritta del ricovero".

                


Caro Antonio
   Ora conosci una storia che ha vorticato nella mia fantasia e che mi ha mosso a sentimenti di pena. La foto poi... quante volte l'ho tirata fuori, di nascosto, dall'album!
   Scrivere, salvare dall'oblio parti della vita dei genitori, piccole parti, è un po' come viverle, di nuovo, al loro posto; ma quanta vita degli altri, foss'anche quella di una madre o di un padre si può vivere con la letteratura? Queste domande mi fanno provare un'agitazione enorme che sono sicuro confina con la paura, ma ora è meglio cercare di dormire. Ti abbraccio.
                      
                                Tuo Claudio


La foto dell'Ospedaletto che ti mando è una copia. Sono troppo attaccato all'originale.



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 NOTA

La mi’ mamma Nada che racconto  in questi giorni con Feuilleton paesano, e in passato con altre pubblicazioni su Tellusfoglio (“Musica per il cuore della Nada”; “Album per mia madre”; “Cardiodramma campagnolo”; anche inserita nelle Avventure del Golem e dei Mara Zap, in “Vele musicate per l’Altro”, ne “Il colore della foto dice tutto” ), sta anche in un libro di Feltrinelli (1997) dove scrivo ad uno scrittore che non c’è più, qui, sulla Terra, ma secondo me da cristiano, anche se lui non ci credeva, sta altrove. In una delle storie con fotografia raccontate e dirette a questo amico, c’è quella della Nada ferita da una scheggia nel 1944 prima della Liberazione del paese. La ripubblico. Per questo libro ho ricevuto offerte di ristampa da editori tra i più importanti in Italia. Non ho accettato. Il mio libro e lettere e ricordi stanno custoditi nel mio paese. Vecchiano. E lì resteranno. Nelle stanze dove s’aggira la Nada. Per chi lo merita la mia amicizia è per sempre. Applico ciò anche all’amore. Questo implica la custodia, la cura, il "racconto" ma quando è il momento adatto. CDS