sabato 8 marzo 2025

Cardellino e Accio: Esiste la Poesia non i poeti. Coppia mimosa nel bacio fruttuosa. 8 marzo 2019



Accio: "Coppia Mimosa in ogni bacio fruttuosa. All'amata Sara Cardellino








CARDELLINO E ACCIO

Coppia Mimosa nel bacio fruttuosa

8 Marzo 2019

ESISTE LA POESIA NON I POETI





-Accio!, questo mio pensiero te lo voglio regalare qui, in Campo Manin, per l’8 marzo.

-Cardellino siamo coppia mimosa che dev’essere gioiosa…. Spero non sia un regalo serio…

-Ti metterà allegria perché rifletterai con serietà ai pericoli che hai scampato, che io ho scampato, per come siamo fatti, insomma il regalo vale per te e per me…

-Mistero!…. Forza Sara spacchetta il dono!

-“ESISTE LA POESIA NON ESISTONO I POETI”, che te ne sembra?

-Questo frammento paradossale, è veritiero. Sottile umorismo… ma io che c’entro?

-Ciuco!... come che c’entri?!... segui il mio ragionamento-dono!... tu Accio appartieni alla poesia… ma non sei poeta… non appartieni al mondo dei poeti che seppure dicano di esistere poi non esistono… per 40 anni hai fatto poesia in decine di generi, compresa pittura e fotografia… e se hai scansato chi della poesia faceva mestiere, carriera, è perché per te vale la mia asserzione… i siti che hai inventato come L’OLANDESE VOLANTE, erano per la poesia la letteratura non per chi voleva in essi diventare autore o autrice… l’esatto contrario di quanto c’è in giro… su altri siti e blog, su Facebook… che ne dici Accio è un bel regalo che ti faccio che mi faccio?… e perché lo sia anche per me immagino tu lo sappia?…

-Certo,… intanto hai rinunciato dopo la nostra separazione nel novembre 2011, il 20 per la precisione, a scrivere poesia, a libri che ti avrebbe pubblicato un ottimo editore, e ti sei dedicata alla musica dove vale il compositore e poi l’interprete… perché anche tu, Cardellino, sei poesia senza essere poetessa… e ora diamoci il bacio mimosa che rende la scoperta fruttuosa… Ti amo Sara! E sarà per sempre.

-Anch’io Accio… tanto!… e sarà per sempre… amore affidato alla poesia… infischiandoci di firmarla io poetessa e tu poeta!... ma se ne ricavi per questo giorno una tavola a fumetto ne sarei felice. Il bacio Mimosa…










su

L'OLANDESE VOLANTE ANTOLOGIA

BARRA ROSSA









Karoline Knabberchen: Lidija. Il giglio bianco di Stalingrado. Aviatrici I. 1982 - Prose curate da Claudio Di Scalzo









Karoline Knabberchen - Aviatrici I

LIDIJA

il giglio bianco di Stalingrado 



Pavlonka, madre cara, è più di un nome: Pavlonka è un destino che si chiude, dopo aver scalpitato a lungo e tirato calci come un cavallo contro il cielo di Russia.

A Pavlonka è morto il mio Alexei.

Sono nata il 18 agosto. Si racconta che in questo punto esatto del calendario sgorghino per me le fonti del destino: è il giorno in cui la Russia festeggia la sua aereonautica, quindi si può dire che la patria mi ha messo le ali.

Così ho volato, ho difeso e attaccato, continuando a scalciare.

A Stalingrado il mio aereo era uno Yak-1, col numero 32 dipinto sulla fusoliera; con questo trabiccolo ho abbattuto l'asso dell'aviazione tedesca Erwin Meier.  In seguito a ciò egli fu fatto prigioniero, e volle donarmi il suo orologio d’oro - dono galante -, perché mai avrebbe pensato di venire abbattuto da una donna russa.

Però, cara madre, io mai e poi mai avrei tradito il mio destino: ho rifiutato il dono. I cavalli pazzi non si lasciano sedurre dalle lusinghe del morso, e tu sai che la tua Lidiya ha sempre scalciato forte!

Che farmene della stima d'un tedesco? Noi vogliamo la pace! Vogliamo tornare a vivere liberi. Noi vogliamo ricacciare l'invasore ingordo che arriva, bombarda, violenta e poi omaggia la giovane donna russa che l'ha soggiogato, trattandola ancora come fosse sua proprietà: la donna, l’onore, la Russia intera.

Il destino per me s'è deciso prima della mia morte. Questa è stata un fatto naturale perché, a Dio piacendo, è giunta in cielo.

La mia vita, madre adorata, è finita con quella del Kapitan Alexei Florovich Solomatin, il 21 maggio del '43. Perché in mezzo a questo grande orrore di guerra, ci si ricorda d'amare solo quando l'amore lo si perde.







Mi chiamo Lidija Vladimirovna Litvjak, il Giglio bianco di Stalingrado: sono nata il 18 agosto 1921 e, per quel che mi riguarda, sono morta il 21 maggio del 1943.









NOTA FABIO NARDI /CDS

Karoline Knabberchen per l'Otto Marzo 1982 scrisse "Aviatrici", una sorta di cruscotto mimosa in guerra. Ricordando Lidiya Vladimirovna Litvjak, Jacqueline Cochran, Hanna Reitsch: una russa, un'americana, una tedesca. Nelle loro diverse ideologie, biografie, motivazioni. Un trittico esemplare e originale tra molta retorica e ricerche di visibilità agitanti la festa della donna pure in ambito più che della mimosa del simil-lauro bacato. 








SULL'OLANDESE VOLANTE BARRA ROSSA/KAROLINE K



(1959 Guarda Svizzera - 1984 Lofoten Norvegia )






Claudio Di Scalzo: Perduta-mente giovani. Dittico. 1975






                                                          Cds "Perdutamente giovani nel prato mimosa", 1975




                                                                  Claudio Di Scalzo

PERDUTA-MENTE GIOVANI

Come certe mattinate primaverili della nostra adolescenza in cui, piuttosto che in un’aula di scuola, salivamo in collina sporgendoci da un’apertura tra i sassi a spiare il lago immobile e musicale in basso: di Massaciuccoli ma tutti qui, sulle sue sponde, lo chiamiamo lago di Puccini. Sebbene il maestro in barca sparasse schioppettate contro le folaghe componendo musica nella sua villetta all'asciutto tolti stivali e cacciatora.
 
Sulla cima del monte Legnaio, tra i castagni, in un piccolo slargo, sostavamo, pencolando, sul ciglio di un’acqua nera ch'era il lago del nostro cuore più che una cisterna. Corso il pericolo ci si sdraiava sull’erba verde a lato, in marzo, piante di mimosa "giallavano" il verde "lucentavano" i petti ansanti vincendo le oscurità cardiache. 

Dalla terra costellata di sassi filtravano segreti. 

Membro a membro si entrava in erettile consonanza con il serpente carico di certe strane lussurie riguardanti la pelle; con il cane sperduto pericoloso e terrorizzato a un tempo che passava latrando; con i corvi i cui gridi nei cieli si lasciavano dietro echi come di terra vuota: con  muschi con liane pendenti che pescavano nell’acqua stagnante nella cisterna. 

I nervi cedevano, e credevamo, così, per effetto di un tremito condiviso, di aver toccato il fondo della potenza. Era vero giusto il contrario: tutta quella sensibilità, tutto quel sussulto, comune alla banda ch'eravamo, se avessimo visto giusto, ci avrebbe chiarito quel ch'eravamo per davvero: e cioè: perdutamente giovani. 




                                                  Eroe da camera (perdutamente com'era)


Le carte sono state irrimediabilmente sparse lassù
In fondo al burrone dove sosto non senza rabbrividire dalla paura
D’incontrare il mio doppio cacciato tempo addietro per discordie
Su come scostare le tende della mia camera senza ferire di luce il cuore
Sensibilissimo ai miei mali scoperti per caso = nascondevo sotto il mantello
Le ali candide come gigli = non volevo sapessero del mio volo al rientro dal foglio
La mia anima accaldata lascia un labile trepestio scambiato più volte per fatica
Letteraria
Dalle vene romance.

da LETTERA, ottobre 1980, n. 21



DIREZIONE


CLAUDIO DI SCALZO
 

Karoline Knabberchen - Fabio Nardi: La mimosa del pastore Lubigio. 1980. Cura Claudio Di Scalzo 2025

    

Cds. "La mimosa del pastore Lubigio". Collage e tecnica mista. 21 marzo 2011



LA MIMOSA DEL PASTORE LUBIGIO

A Karoline Knabberchen
che m’insegnò l’atto creativo e a nasconderlo.
Perché come per Lubigio e Don Ivano
l’importante è la dedizione all’intimità
con la poesia della fioritura
e non con la sua esposizione.
(Fabio  Nardi, 8 marzo 2025)


Il giorno che cominciavano a fiorire le mimose
fu anche quello di un gregge tutto suo per Lubigio
e Don Ivano gli regalo un buccellato di Lucca
e gli contò l’età in nove anni. Poi gli fece incidere
una tacca sul bastone da pastore. Raccomandandogli,
ogni sera, posandoci sopra il pollice, di pregare Gesù.
Perché proteggesse lui e gli agnelli dai lupi e dal peccato.

“Tornerai in canonica, da me, quando il freddo finisce
e la mimosa spande il suo giallo. E con me farai un’altra tacca.
Insieme festeggeremo il tuo compleanno”. Lubigio ogni anno
andava a festeggiare la data della sua nascita che il pietoso
e buon parroco aveva inventato per lui. Quel giorno
per Lubigio rappresentava la gioia più grande dell’anno.
Il giallo delle mimose, il buccellato, le preghiere
da recitare assieme, e il libro dei santi da ammirare
con Don Ivano lo avrebbero accompagnato per tutti
i giorni a venire mentre sfiorava la nuova tacca
nel bastone. Un giorno tornando in canonica
non trovo più Don Ivano perché era morto,
ma il nuovo parroco fu comprensivo, e istruito
dal predecessore ne continuò la tradizione e l’impegno.
Cambio però dolce. Offri a Lubigio la crostata.
E ogni anno cambiava gusto. Di questo cambiamento
Lubigio fu felice. Tanto la mimosa sempre gialla restava
e la tacca in più stava a significare un altro anno di preghiere
da dedicare a Gesù Cristo che lo proteggeva dai lupi e dal peccato.

Lubigio riuscì a festeggiare tanti altri compleanni, fino ad ottanta
che fu l’ultimo. E prima di spirare disse che era giusto così
perché il bastone non poteva contenere più tacche.
 
Alcuni paesani s’inventarono la storia che era morto
di preoccupazione perché due uomini andando sulla luna
avrebbero guastato l’umore della stessa, incattivendola,
e a lui e alle pecore che la fissavano non avrebbe più strizzato
l’occhio. Gli anziani del paese conservarono il ricordo
di Lubigio, pastore e cristiano, affermando che seppur gracile,
malfatto e assente a volte di mente, capiva i suoi cani
e le sue pecore e loro capivano lui. Ed era chiaro
ad ogni occhio che la mimosa, in canonica,
dopo la sua morte, non era stata più gialla
come una volta lui vivo.

Karoline Knabberchen - Fabio Nardi
Dall’Epistolario. Libro Dodicesimo del Canzoniere
Otto marzo 1980.



°°°



UN OTTO MARZO LONTANO, UN INSEGNAMENTO VICINO

Nel marzo del 1980, con inizio l’otto marzo, Karoline Knabberchen fu invitata a Pisa a degli incontri di poesia. Il femminismo che aveva fatto le sue prove negli anni Settanta e ancor più nel ‘77 bolognese - in quello che venne chiamato “riflusso” o “ritorno al privato" che coinvolse la sinistra un tempo extraparlamentare dopo l’omicidio di Aldo Moro nel ‘78” - scoprì con enfasi la poesia; e Pisa ne fu un centro. Come lo era stato per le ribellioni studentesche un intero decennio e più precedente. Non mi meravigliai che Karoline, avendo fatto leggere dei versi a un’assistente all’università, fosse invitata da quest’ultima rivelatasi la curatrice dell’evento. Nell’idea dell’organizzatrice, R.G., attiva nel gruppo del “Manifesto”, e di un editore astuto come Savelli, che dai libri dedicati a Trotzsky e alla Terza Internazionale era passato a pubblicare poesia crepuscolare, c’era la vocazione a “inventare” un libro accattivante.
Karoline m’informo dell’invito. Aveva ritrosia verso l’atto creativo ridotto a ninnolo per qualche cornice “culturale” collettiva somma di tante vanità. In questo caso il femminismo poetico - presenti anche poeti fuco - che incontrava decadenti eroine di fine Ottocento. Gli sembrò qualcosa di posticcio. Karoline si negò all’incontro. Dicendo, cortesemente, all’entusiasta curatrice di non aver scritto una sola poesia in più di quella che le aveva fatto leggere. E non fece più leggere qualcosa di suo a nessuno.

-Ti fa piacere questa scelta, Fabio!
-… m’insegna molto.
-… però inventiamo il nostro Otto marzo!, scriviamo la storia del pastore Lubigio che ci hanno raccontato… sei d’accordo?
-Sì. Io sono Lubigio
-Io la mimosa.