Vedova Rina Rètis
COMUNISTI DI CASA MIA
Mi chiamo Rina Rètis.
Anch’io, metaforicamente, seppure
abiti a Marina di Vecchiano, in provincia di Pisa, ho conosciuto Polo Sud
gelido come Gordon Pym. Pertanto posso calcarne il celebre incipit. In questa landa gelata ho perduto, vi è
morto, il mio compagno Fosco Neri (8 dicembre 1952 - 10 febbraio 2017). Non ne ho
le prove: ma penso sia stato ucciso in un incidente costruito alla perfezione,
delitto perfetto, tutto ideologico in senso stretto, rima crudele, da chi da
tempo lo voleva eliminare come comunista in assoluto antagonismo sia al sistema
capitalistico sia a ogni comunismo staliniano di ritorno.
Io sono comunista trotskijsta. E
leninista. Con lui avevo iniziato una sorta di piccola enciclopedia di
comunisti di varia tendenza che rappresentano il Tragico e l’Epica della rivoluzione.
Dal 1848 al 1948. Soprattutto in Europa. Fosco li ha dipinti, ho centinaia di
carte e varie tele, e ci ripromettevamo di abbinarci biografie racconti date
aforismi frammenti.
Nel dedicarmi a questi “Comunisti
di casa mia”, che potrebbe rientrare in una attività estetica, ci tengo a
ribadire che la mia posizione è quella BOLSCEVICA della prima ora, formulata da
OL’MINSKIJ: “Di norma noi bolscevichi redigiamo la biografia di un compagno
di una compagna soltanto dopo la sua morte”. Pertanto a me non interessa,
in vita, che ci sia richiamo alla mia attività rivoluzionaria e a lato
estetica. Io faccio parte del COMUNISMO. Ciò che conta non è il singolo ma
l’insieme dei compagni dei proletari. Disprezzo ogni artifizio borghese e qualsivoglia
carriera tanto più se riferita alla letteratura alle arti. Se questa bandiera
bolscevica fosse stata seguita con coerenza qualche rivoluzione in più avrebbe
vinto nel novecento. Non intendo avere alcun rapporto con chi persegue la
propria carriera singola culturale pur dichiarandosi di sinistra. Se si
definisce comunista sputo sul suo ostentato nome e cognome.
Nessuno oggi ricorda più i
martiri delle rivoluzioni proletarie. Tutti gettati nelle fosse comuni
dell’oblio - dopo essersi opposti a nazifascismo e stalinismo e borghesie
feroci nazionali imperialiste - e sotto la lapide infamante di “assassini”
“canaglie” esattamente come presero a chiamare Louise Michel o Blanqui dopo la
Comune di Parigi. Chi ricorda questi assassinati torturati a migliaia. Con la
scusante dello stalinismo e del fallimento dei paesi del socialismo reale ogni
comunista ogni comunismo viene infangato delegittimato cancellato.
I tentativi spesso di tenerne in
vita echi è gestito da devoti inadeguati sia sul piano politico che su quello
estetico. Cioè non sono in grado di presentarne l’Epica il Tragico l’Avventura.
Perché il Comunismo è proprio tutto ciò.
Chi aderì al comunismo, al
marxismo, metti al cosiddetto “occidentale”, tutti hanno voltato bandiera. Il
capitolo più volgare e stupido, mediocre e patetico, è quello del ceto
intellettuale e artistico italiano fino ad oggi.
Nella più grande crisi del
capitalismo, causa Pandemia Covid-19, in assenza del benché minimo movimento di
opposizione che si chiami comunista, che si colleghi al comunismo, non trovano
che il tempo di discutere in rete su qualche rigo di ritenuti celebri
intellettuali. Pena.
Ma se giovani donne e uomini non
hanno più seco il COMUNISMO è perché intellettuali e varia génia artistica,
poetica o pittante, canta la messa ai Pavel Floresnskij e non ai Bucharin.
Ogni vittima dello stalinismo, a
pari dei compagni straziati mi commuove: ma prima, per il comunismo, vengono le
Louise Michel i Cafiero i Trotskij i Bucharin i Majakovskij i Durruti.
In CASA MIA il primo comunista
che ricordo con illustrazione di Fosco, è Nikolaj Ivanovič Bucharin, Mosca 9
ottobre 1888 – 13 marzo 1938 fucilato in luogo non conosciuto.
Il dipinto di Fosco è un buon
viatico per avvicinarsi alla tomba di Bucharin.
Ebbe sempre un viso giovanile.
Speranzoso pure nelle rughe ultime. Dopo i pestaggi staliniani psicologici e lo
strangolamento nel processo infame di Mosca del 1938. La sua natura era spesso
oscillante. E Lenin che gli voleva bene lo ricorda nei suoi ultimi scritti. Anche
le sue teorie economiche e sull’imperialismo a volte andavano su e giù con
troppa evidente facilità pur essendo utili al movimento operaio. Ecco che ha
nel ritratto un orecchio attaccato pisano e uno a sventola lucchese. Anche gli
occhi sono uno più in alto e uno più in basso. Pertanto non riuscirà a mettere
a fuoco come sarebbe stato necessario la figura di Stalin. Che lo usò nelle sue
battaglie contro Trotskij e poi lo
martirizzò.
Fosco Neri
"Bucharin con un orecchio pisano e uno lucchese"
"Bucharin con un orecchio pisano e uno lucchese"
Con Fosco ho letto questi libri
di Bucharin. Penso siano utili leggerli. A partire dall’ABC del Comunismo
scritto con Preobrazenskij: “L’economia mondiale e l’imperialismo”;
“L’imperialismo e l’accumulazione del capitale”; “Economia del periodo di
trasformazione”.
Di Bucharin, più dei libri
che scrisse, quanto tengo caro attiene ai suoi viaggi avventurosi di agitatore
comunista prima della Rivoluzione del 1917.
Bucharin sta in Austria fino allo
scoppio della guerra. Vienna. È già un attivo militante bolscevico. Viene
espulso dopo l’arresto. Raggiunge la Svizzera. Studio economia a Losanna ma il
lavoro rivoluzionario lo assorbe di più. Alla Conferenza di Berna del Partito
Socialdemocratico russo, 27 febbraio e 4 marzo 1915, si scontra con Lenin che
definisce le sue posizioni sulla guerra “semi-anarchiche”. Bucharin ha un rapporto
filiale con Lenin ma non esita a contrapporsi duramente. In questo periodo si
interessa al capitalismo diventato imperialista. Scrive “Economia mondiale e
imperialismo” al quale Lenin dedica la prefazione. Testimonianza che nel
gruppo bolscevico si discuteva anche fortemente però il rispetto restava. Così
agivano i comunisti.
Bucharin lascia la Svizzera
nell’autunno del 1915. Soggiorna in Svezia e in Norvegia. Circa un anno.
Nell’ottobre 1916 parte per gli stati Uniti. Abita a New York. Qui rimane fino
allo scoppio della rivoluzione di Febraio nel 1917. In America collabora alla
vita del Socialist Labour Party. Scrive con Trotskij e la Kollontay dirige Novy
Mir.
Il ritorno di Bucharin in Russia
appartiene all’epica avventurosa.
Attraversa gli Stati Uniti.
Arriva in Giappone. Traversa la Siberia e giunge a Pietrogrado nell’estate del
1917. Pronto per la Rivoluzione d’Ottobre.
Basterebbe questo a far sì che
ogni comunista, sovversivo, anticapitalista, lo tenga con sé. Ne custodisca il
nome il ruolo.
La sua fine tragica fino alla
fucilazione organizzata da Stalin è Tragedia e nodo ancora da sciogliere per il
comunismo. Senza "sgrovigliare" il nodo dello stalinismo durante e dopo la sua morte rimane come corda che strangola la rinascita d’ogni possibile Comunismo.
Ah, un ultimo appunto, sul mio
Fosco. Lui era sempre scherzoso e mentre disegnava Bucharin per dispetto
facendomi il ritratto pure a me fece un orecchio pisano attaccato e uno a sventola
lucchese.
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