Claudio Di Scalzo
IL CERCHIO NELL'ACQUA E LA MACCHIA ROSSA
(il sogno rivelatore, omaggio a Edgar Allan Poe)
(dalla raccolta di racconti: "Amori a bassa quota")
Sognava e aveva freddo. Gennaio
imperversava tra le canne del laghetto o forse era una palude rilucente
ghiaccioli. Sulla riva sassi e fanghiglia con brina sciolta sopra nidi
disertati dai migratori. Prese un sassolino e lo getto sulla bruna superficie
increspata. Disse ad alta voce: “La tua poesia è come un sasso nell’acqua che
allarga cerchi e porta linfa, il verbo?, nelle periferie del corpo poetico da
cento anni stagnante”.
A quel punto da una delle
impronte di piedi scalzi, dove l’acqua batteva la sabbia ricovero di rane, udì la voce
irridente che diceva: “L’hai già scritta questa interpretazione per un altro
poeta. Enfatica, melensa, recitazione da scolaretta che lecca la
cattedra”.
Lo spavento fu enorme, scappò
perdendo l’orientamento, s’addentrò tra gli alberi che pescavano fronde nell’acqua,
batté musata in un ramo fino a stordirsi, travolse nidi di averle schiacciando
uova e tuorli. Si muoveva come automa con dolori alle gambe. Si
svegliò e la finestra s’era aperta sotto una burrasca di vento. La mano che
aveva stretto il sasso gettato in acqua lanciava fitte. Si guardò il palmo.
Scoprì che su di esso s’era disegnata una macchia bruciante come rosso tuorlo. Vide la carne viva sotto la
pelle scomparsa.
È rimasta nell’acqua?, si chiese. Provò a reggere la penna per scrivere versi imitanti quelli calcati sulla sua fronte dall’urto nel ramo. Udì dall’impronta del piede sabbioso apparso sulla mattonella della camera ancora la voce scherzosa che diceva: “Anche questo l’hai già fatto! Sei stucchevolmente servile nella mimesi nelle dediche”.
S’alzò con rabbia fremente dal letto, prese da sotto il guanciale la lettera che definì calorosa, dove la sua mano il sasso l’acqua i cerchi il verbo, venivano istruiti con una teoria strabiliante, e prese a strofinare l’impronta fino a cancellarla. Il palmo della mano spellato lanciava fitte, sanguinava in alcune parti. “Queste parole sono fenomenali”, si disse, “meglio di Ava come Lava!, mi guariranno anche la ferita”. Si voltò su di un fianco. E smise di sognare.
È rimasta nell’acqua?, si chiese. Provò a reggere la penna per scrivere versi imitanti quelli calcati sulla sua fronte dall’urto nel ramo. Udì dall’impronta del piede sabbioso apparso sulla mattonella della camera ancora la voce scherzosa che diceva: “Anche questo l’hai già fatto! Sei stucchevolmente servile nella mimesi nelle dediche”.
S’alzò con rabbia fremente dal letto, prese da sotto il guanciale la lettera che definì calorosa, dove la sua mano il sasso l’acqua i cerchi il verbo, venivano istruiti con una teoria strabiliante, e prese a strofinare l’impronta fino a cancellarla. Il palmo della mano spellato lanciava fitte, sanguinava in alcune parti. “Queste parole sono fenomenali”, si disse, “meglio di Ava come Lava!, mi guariranno anche la ferita”. Si voltò su di un fianco. E smise di sognare.
Nessun commento:
Posta un commento