venerdì 8 marzo 2013

Claudio Di Scalzo: La mi' mamma Nada al cancello verde su Google Maps



GOOGLE MAPS: LA NADA AL CANCELLO VERDE DI VIA INDIPENDENZA 9
A VECCHIANO-PISA -  LA 'ASA DI ACCIO E LALO
 
 
 
 
 
 
GRAZIE A GOOGLE MAPS
 
L'otto marzo penso al mi' 'ancello
di 'asa a Vecchiano ch'el mi babbo pose
davanti a strade allor sassose
e riordo della Nada vien a ruscello
risento della Torre il campano
vorrei  lì far ritorno
allor Maps risolve il vicino e lontano
mi' mà appare in questo giorno
La tennia ameriana mi rende men soletto
mi 'ommovo sotto all'alpino tetto
torno l'Accio bambino che ero
alla Pardini che mi dié vita lancio bacio sincero
 
 
OTTO MARZO 2013
 
 
 
 
 
 
NOTA
 
Il Cancello Verde "costruito" da Libertario detto Lalo, mio padre, è entrato in molte mie narrazioni. Simbolo d'una concezione libertaria e anche ironica della vita. Qui di seguito alcuni link che rimandano a post sul weblog TELLUSFOGLIO
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


martedì 22 gennaio 2013

Claudio Di Scalzo: L'uomo che versi sbagliava. Lapide nel cimitero di Vecchiano





 Signora Morte





L'UOMO CHE VERSI SBAGLIAVA 
LAPIDE NEL CIMITERO DI VECCHIANO

Coniugavo i verbi a modo mio. Concordando i tempi verbali nelle frasi ipotetiche mi prendevo libertà da scritturale. La Signora questa vocazione l’ha resa errore immodificabile, con uno scherzo temporale senza rimedio. Come? Ve lo spiego con sintetica, non ridete, lapidarietà! Scrissi al mio confessore, severo confessore, in un giorno di insostenibile desiderio sessuale, un bigliettino dove mi concedevo quello che tanti credenti, per giunta non sposati fanno, con donne da strada fino alle prostitute che costano un mutuo per una notte d’amore. Lo trascrivo.
«Se dovessi cedere agli imperativi della carne e dell’eros sarà per una volta sola. Ma non metterò in cinta la transitoria amante. Garantito».
Cialtroneggiai con la grammatica come faceva Palazzeschi, il mio conterraneo, però io ero un dilettante non solo a scrivere ma anche nell’umorismo, per giunta diretto a un uomo castissimo che nel suo amore assoluto, dichiarato a ogni piè sospinto alla Madonna, mai avrebbe ceduto alla tentazione di un amplesso reale, tanto da sgocciolarsi la canna eretta. Non poteva, il buon prete, giustificarsi in confessione, come avrei fatto io dicendo: «Son giovane, ho trent’anni, ne avevo voglia…».
Il biglietto fu spedito per e-mail con effetto immediato, immagino, sotto agli occhi del mio confessore arcigno; con la stessa rapidità si materializzò una Signora discinta di nera lingerie vestita, con corpo talmente ben fatto e viso truccato nella seduzione più incontenibile, che il pennone del mio solitario navigare avvistò ogni piacere possibile.
«Bravo, bravino» sospirò ironica «rafforzi la tua convinzione, violando la concordanza con il condizionale sarebbe per il ‘certo’ futuro sarà del modo indicativo, modo della certezza degli eventi; bravuccio... molto astuto tanto consolante,… il parroco te ne sarà grato, se avrai tempo per confessarti».
Stentavo a seguirla, l’avevo già abbracciata carezzandole la schiena di onice, le natiche a mandolino. Lei proseguì il monologo porgendomi il seno a pera da succhiare. Ogni carezza l’accompagnavo con un dizionario da masturbatore cresciuto sui romanzetti per uomini soli, dove il corpo femminile è ridotto a frutto con richiami alla scultura. Di certo il mio sesso era alabastro priapesco.
«Ascolta biscottino vecchianese, amante focoso, con me la concordanza giusta troverai, e schizzerai al futuro senza schermi nel condizionale. La macchia dell’orgasmo più che bianca sarà rossa sul nero pecioso».
Trasalii. Pur preda dell’erotismo fuori controllo. Un semplice stringere l’ano, come si fa con l’occhiolino nei momenti di incertezza, fu l’increspatura del dubbio. La Signora vellicandomi lo scroto mi rabbonì a sua preda per mirabilìe su quel ciondolare su e giù di carezze e baci. Con quelle labbra sembrava capace di inghiottire tutti i falli eretti nei Kamasutra indiani stampati da cento anni. La sua voce era melodia accordata con lingua lunga morbida lunga morbida e dimenanti cosce. Altro che concordanza verbale! Questo era puro linguaggio non verbale! Ma gestuale! Gorgogliavo in me appeperonato e pepato al punto giusto.
«Ripeti con me Cristoforo Dal Santo, ma che bel nome e cognome!, proprio adatto, ripeti con me la concordanza corretta al luogo e al tempo del nostro incontro senza licenze da scrittore campagnolo. In assoluta certezza dell’esito in futuro godimento… Se poi cederò agli imperativi della carne e dell’eros, sarà per una volta sola con Signora Morte nell’ora della sorte. Ma non metterò in cinta la transitoria amante. Garantito perché ne sarò carpito».


Claudio Di Scalzo


domenica 11 novembre 2012

Claudio Di Scalzo: A Lucca Comics and Games 2012 con Vincenzo Sparagna di Frigidaire. Ricordi e foto e disegno




"Vincenzo Sparagna e Claudio Di scalzo a Lucca Comics and Games 2012"
 2 novembre 2012

 A LUCCA COMICS CON VINCENZO SPARAGNA
(Ricordi foto e disegno)

A Lucca Comics and games 2012 ho salutato un amico che conosco da tanti anni. Dai tempi in cui Frigidaire comparve. era il 1980, nel panorama del fumetto e della cultura italiana e prima c’era stato Cannibale. Con una nidiata di disegnatori geniali: Liberatore, Pazienza, Scozzari, Tamburini. Di cui conservo disegni. Ma ho anche un disegno di Vincenzo: uno dei pochi che credo abbia fatto. Dell'88, anno in cui morì Andrea Pazienza. Il "Leonardo da Vinci" del fumetto, come lo definì Sparagna, aveva dato in quell'anno il suo assenso a collaborare con la Rivista ZETA della Campanotto editore, di cui ero Redattore con Carlo Marcello Conti, per degli agili volumetti di riflessione sul fumetto ed il suo destino. 
Ci tenevo a salutare Vincenzo quest’anno, a trovarlo allo stand, per la presenza in edicola, trentaduesimo anno, di Frigidaire: mensile popolare d’élite di arte fumetti e racconti. Mi piace questo sottotitolo è quanto ho cercato in un decennio di combinare sul web e su Tellus-Tellusfolio e Tellusfoglio del resto. Ci tenevo a sorridergli, a Vincenzo, per l’intenso editoriale che ha scritto per Frigidaire, per il numero 244. Ci sono pochi uomini coerenti e indomiti e generosi come Sparagna. Non scrivo altro qui. Basta navigare sul web e sfogliare la riviste e informarsi sulle sue invenzioni editoriali e battaglie. E’ stato bello per me farmi fotografare con lui da un compagno dello stand ed avere in dono la dedica sul numero che festeggia il compleanno di Frigidaire, ricevendo l’invito a spedirgli qualche “trovata di Accio” per Frigidaire.


               
All’anno prossimo antico pirata
Claudio Di Scalzo detto Accio
In edicola




          

martedì 6 novembre 2012

Claudio Di Scalzo: Sopra la foto con i miei studenti di Ponsacco scattata a Buti nel ristorante L’Alloro



           
3 novembre 2012 - Buti - Ristorante L'Alloro
 
 
 
 
 
 
 
SOPRA LA FOTO CON I MIEI STUDENTI DI PONSACCO
SCATTATA A BUTI NEL RISTORANTE L'ALLORO
 
(Pontedera senza foto: Corso davanti al Comune e aperitivo): Qui saluto (e non potranno venire alla cena in quel di Buti, paese tra Bientina e Lucca, di collinare e antica tradizione) Chiara Macchi, la prima studentessa che incontrai nel 1992 arrivando all’ITC di Ponsacco, guidava una piccola bicicletta, mi sembrò una ragazzina delle medie; e poi Enrica Maggiorana dallo sguardo mite e dolce e poi Stefania Masi che andava ad una festa “gotica” e Ilenia che allora era la più “alternativa” e che nel suo rifiuto oggi di ogni legame via web scopro coerente e controcorrente ancora.
 
(Foto: Da sinistra per chi guarda) – Massimo Moretti che la palestra ha reso una specie di Hulk etrusco e che i suoi terranova – da premio – sicuramente temono anche nei morsi che potrebbe dar loro. A fine serata ha raccontato episodi uomo-donna che Cecco Angiolieri non avrebbe fatto meglio! E quando l’ironia è anche verso se stessi ciò merita un 10. Veronica Cacelli, occhiali e timidezza, era una molla anni fa lo è rimasta e intuisco coraggio e determinazione sul lavoro, nella vita di ogni giorno. Enrico Citi, dal fine umorismo che applica al culto degli Zeppelin ed al suo lavoro di grafico anche sul Web. DJ e bassista andrò ad ascoltarlo a Lucca a dicembre. Francesca Gradassi dai lunghi capelli neri e dagli occhi che scintillano allegria e bellezza; accanto Annalisa Cellamaro, elegante e solare e che essendo d’altezza lillipuziana permette ad Alessandro Macelloni, simpaticamente mio segretario in classe, di sfoggiare il suo miglior sorriso, quello che incanta i clienti e le clienti, nell’albergo dove lavora con responsabilità e competenza; Poi Lorenzo Rossi, misurato, dal portamento english collinare, formidabile commercialista, che avrei giurato avrebbe svolto il lavoro per cui studiava perché la partita doppia o ti prende da studente o mai più, a lui auguri per il matrimonio; accanto, alto, sguardo mistico, che sembra intagliato nel noce, uomo responsabile e dedito al nido pascoliano degli affetti come altri pochi, Rizzato Matteo; accosto Paolo Gasperini, che sa tutto, vendendole, di auto, cofani, cromature e anche, sembra, di ribaltabili. La sua casa andando verso Casciana Terme, sotto un sole furibondo, era l’unica con i gerani scintillanti. Un giorno mi fermai a chiedere a sua madre come riuscisse a tenerli in vita senza che seccassero: “semplice prof… son di plastica!”; dietro il Gasp appare Leonardo Rossi, fratello minore, ma tra loro ci corre un anno e qualcosa, di Lorenzo: due fratelli, due caratteri completamente diversi: scomodo la letteratura con Maupassant e Stevenson, anche se loro si vogliono un gran bene, ma Leonardo è estroverso, espressivo, e a volte scarta di lato: nei sentimenti d’amore come nel lavoro: niente scrivania, bensì trattore ed ettari di terreno da coltivare a vino e olio. Scelta di successo. “A volte in tutta la giornata non vedo che qualche allodola in volo, e rospi sui fossi, e guaiti d'animali lontani ascolto”. Ecco, questa descrizione, è tutta tosca e altamente evocativa, e per questo gli metto un voto alto: 10, come al Moretti. Voti che non hanno mai preso da studenti. La tradizione vive in loro. Il Moretti vende apparecchi per i duri d’orecchio. Da Leonardo già a dicembre vado a prender fiasco di vino e d’olio, dal Moretti, tra dieci anni, l’apparecchio per sentire cosa mi diranno attorno. In basso, piegati come calciatori e modelle, da sinistra: Francesca Ferretti, madre stupenda e fantasiosa, che ho ritrovato dietro lenti binocolo dai grandi occhi intelligenti come quando mi guardava dal banco  senza perdere una parola; Andrea Bianco, che allora straziava cuor di giovinette, col suo profilo da predatore, e che ora “legato corto” impazza su Facebook con qualche rimando malandrino. Restaura ogni edificio, e se avete una casupola, lui la trasforma in reggia. Al centro, Michela Bottai, dai capelli corti, cortissimi (che come a Francesca donano moltissimo) che esaltano l’ovale squisito del viso e lo sguardo da monella. L’unica che abbia letto l’Ulisse di Joyce dei miei studenti; una delle poche, pur nella timidezza dei diciotto anni, in cui intuivo determinazione, coraggio delle scelte, indipendenza. (So che si scambia con Chiara Catapano, e mi fa molto piacere, anche alla poetessa e scrittrice, stessa età di Michela, i capelli corti donano fascino, e di coraggio al femminile se ne intende). Accanto c’è Francesca Fornai. Certe madonne nei quadri del trecento fiorentino hanno il suo collo e la sua finezza. Ogni sfumatura del lessico che fu del Boccaccio e Petrarca le appartengono come se ne respirasse gli echi. Andrò ad ascoltare il suo corno  suonato nella Filarmonica di Peccioli, se sopravvivo al concerto del Citi a Lucca. Chiude la fila Matteo Arcenni. Ieri giovine misurato ed educato. Signorile sempre. Si è mantenuto in questa dimensione accrescendo doti ed eleganza.
Con tutti questi miei ex studenti ci ritroveremo. Ancora. Lo so. Perché anche questo è un racconto. Ed è corale.
 
Claudio Di Scalzo
 
Ps. Cari studenti girate foto e racconto descrittivo al proprietario dell’Alloro… varrà ampio sconto alla prossima cena… e, confido, almeno una foglia per la mia fronte: di scrittore tosco che da Buti  in foto con voi manda saluti. Anche aglia ssenti ed al tempo che verrà. Per tutti noi. CDS
 
 
 
           
 

sabato 16 giugno 2012

Accio: "Sara Esserino Surrealista beve alla fontana di Puccini". Illustrazione di Accio



Accio
 "Sara Esserino Surrealista beve alla fontana di Puccini" 
 Torre del Lago - Giugno 2011






ACCIO
 

ESSERINO SURREALISTA
                             
Oh quante nuvole! Nuvole nell'occhio
bello appollaiato sulla spalla
Questo mare che non ho - ma è dipinto
sulla pelle (allora ci credo!) lacrima fuori
il sale che c'imbianca i giorni, le ore
      








     
NOTA
                
"Sara Esserino beve alla fontana di Puccini" è una serie di illustrazioni-dipinti, 20, dedicati a Sara ricavati dalla foto che le ho scattato a Torre del Lago-Puccini il 16 giugno 2011 mentre beve alla fontana davanti alla villa del musicista. Le misi il mio cappello sulla capigliatura mora ed iniziai a scattare. Le foto virate in bianco e nero sono sgranate perché, già allora iconoclasta, dovetti riprenderla col teleobiettivo mentre si muoveva.

"Sara Esserino Surrealista" è la seconda illustrazione, dopo "Sara Esserino Cafè Chantant" ch'è la prima, ma ci sono anche "Sara Esserino simbolista", "Sara Esserino espressionista", "Sara Esserino dadaista", "Sara Esserino futurista", "Sara Esserino surrealista", "Sara Esserino Scuola Romana", Sara Esserino Pittura Segnica", "Sara Esserino Gutaj", "Sara Esserino Pop", "Sara Esserino Arte Povera" "Sara Esserino Transavanguardia", "Sara Esserino Support-Surface", "Sara Esserino Action painting"... ecc la serie fa parte del Racconto in prosafoto "Sara Esserino e Accio a Torre del Lago Puccini". Custodito in stage sull'Olandese Volante e con alcune parti in apparizione sul weblog Tellusfoglio.  




Accio: "Sara Esserino Café Chantant beve alla fontana di Puccini". Illustrazione di Accio




Accio: "Sara Café Chantant beve alla fontana di Puccini" 
 Torre del Lago - Giugno 2011





Sara Esserino è protagonista sull'Olandese Volante


Sara Esserino a Torre del Lago giugno 2011



ACCIO

SARA ESSERINO CAFÉ CHANTANT

 Pascola la fronte (celata) al Café 
Chantant della tua bocca:
Café au lait ai tavolini musicati - sul sentimental lago pucciniano
Poche note accendono baci d’albicocca
Ritagliando sagome d’amanti che si tengono per mano


giugno 2011



     





   
NOTA


"Sara Esserino beve alla fontana di Puccini" è una serie di illustrazioni-dipinti, 20, dedicati a Sara ricavati dalla foto che le ho scattato a Torre del Lago-Puccini il 2 giugno 2011 mentre beve alla fontana davanti alla villa del musicista. Le misi il mio cappello sulla capigliatura mora ed iniziai a scattare. Le foto virate in bianco e nero sono sgranate perché, già allora iconoclasta, dovetti riprenderla col teleobiettivo mentre si muoveva.








Sara Esserino
Giugno 2011 Torre del Lago-Puccini






"Sara Esserino Cafè chantant" è la prima illustrazione, ma ci sono anche "Sara Esserino simbolista", "Sara Esserino espressionista", "Sara Esserino dadaista", "Sara Esserino futurista", "Sara Esserino surrealista", "Sara Esserino Scuola Romana", Sara Esserino Pittura Segnica", "Sara Esserino Gutaj", "Sara Esserino Pop", "Sara Esserino Arte Povera" "Sara Esserino Transavanguardia", "Sara Esserino Support-Surface", "Sara Esserino Action painting"... ecc la serie fa parte del Racconto in prosafoto "Sara Esserino e Accio a Torre del Lago Puccini". 




mercoledì 25 aprile 2012

Claudio Di Scalzo: Lo straccetto rosso di Lalo e Accio. Resistenza ieri e oggi 25 Aprile 2012


                                                                         
 CDS: "Accio e Lalo nel Padule di Massaciuccoli-Web il 25 Aprile 2012"






LO STRACCETTO ROSSO DI LALO E ACCIO
Resistenza ieri e oggi
25 Aprile

                 
Agita fra le canne del padule il suo straccetto rosso verso il camion dei fascisti che transita sulla strada sterrata. Cantano a squarciagola Faccetta Nera e imprese di bastonate e pistolettate a socialisti e comunisti. Si levano sopra lo stridio dei freni maledizioni bercianti, colpi di moschetto. Ma nessuno degli "eroici" camerati insegue Libertario Di Scalzo nel lago di Massaciuccoli, quello che un giorno verrà ricordato come pucciniano per turisti in cerca di brividi melodici. Hanno paura gli sgherri. Lì, fra le folaghe in cielo e i lucci nel chiaro, sta il suo regno. Conosce ogni calatino, ogni nascondiglio, ogni baracca. I fascisti temono abbia una doppietta e un coltello e sanno che l’anarchico li aspetta. I fascisti restano in gruppo e sulla strada e poi se ne vanno scornati bestemmiando minacce e sputando per terra. Lo chiapperemo col nostro sistema, dice il capo manipolo della Milizia Nera. E sarà un miracolo se non finisce come su’ pà Angelo che gli abbiamo fatto fumà la pipa in gola! 
Raggiungo mio padre con una barca nel Tempo in secca. Mi passa un lembo dello straccetto rosso. Siamo inteneriti.
                    
-“E' ancora Resistenza, Accio”, dice usando il soprannome che avrò una volta suo figlio quando il 25 aprile verrà festeggiato con le camionette di Scelba per le strade di Pisa.
-“E' Resistenza compagno! Qui non ci prenderanno”, rispondo al mi' babbo che poi sceglierà il nome di Lalo. E tutti penseranno fosse un soprannome invece sarà nome scelto da antifascista.
-“Il gruppo vedo che s’è infittito, non è sminuito.
-“C’è anche chi pratica fascismo e totalitarismo sul Web.
-Che cos’è il Web? Accio.
-Dopo te lo spiego, ma ora ho fame.
-Ho pescato dei lucci. Per noi basteranno. Se eravamo di più non ci si cenava.



°°°
      
        

Così l’epica rossa di mio padre come mi venne raccontata. In tante versioni. Dagli antifascisti vecchianesi e pisani. Lo presero con il ricatto. Se non si fosse presentato alla Casa del Fascio avrebbero massacrato di botte e torturato i familiari. Un decennio prima i fascisti avevano assassinato mio nonno Angelo Di Scalzo seguace di Serrati e sindacalista sulla via di Pisa, mentre tornava a casa col calesse, sfondandogli il palato con il cannello della pipa che teneva tra i denti. Mio padre si consegnò ai carabinieri. All’anagrafe risultava con un frego sul suo nome di battesimo Libertario che ora si chiamava Lalo. Nome scelto perché di un musicista, di chi aveva scritto la "Sinfonia Spagnola". Bella musica, che aveva ascoltato da parenti immigrati in Francia. E la musica non si può bastonare o imprigionare. Lalo lo spedirono sul fronte albanese con tutte le benedizioni religiose del caso in un battaglione destinato al macello. Ma si salverà. E tornerà a Vecchiano per la sua personale Resistenza. Fatta nascosto in un loculo del cimitero di giorno, per uscire la notte. Questa vicenda sta anche in un libro scritto negli anni Settanta da un mio amico che di libri e di antifascismo se ne intendeva.
                                        
Il 25 aprile 2012 scelgo di raccontare questa storia di Resistenza. Io sono figlio di quest’uomo e nipote di Angelo, L’Angelo dei braccianti. Sto sul web anche per una forma di Resistenza ad ogni totalitarismo, quando ne ravviso la necessità, per “resistere” ad ogni forma di censura e d'imbavagliamento della libertà d’espressione non solo politica ma anche artistica e letteraria. Il mio Padule di Massaciuccoli-Web, dove sono imprendibile! come Lalo Libertario, sono gli spazi telematici che ho on line, weblog e siti.



Claudio Di Scalzo detto Accio
25 aprile 2012




              

lunedì 16 aprile 2012

Claudio Di Scalzo: La Nada l’han ferita, l’han portata all’Ospedaletto. Feuilleton paesano 6

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                
CDS: "L'Ospedaletto di Vecchiano sotto al Monte Castello" - Alla Nada - 16.IV.2012



   
LA NADA L'HAN FERITA, L'HAN PORTATA ALL'OSPEDALETTO



   "Non ce la faccio a guardarla, sento di nuovo la fitta alla gamba", dice mia madre se le mostro questa foto (L'Ospedaletto di Vecchiano, 1944. Foto in bianco e nero, cm 6 x 9), scattata da un nostro parente nei giorni precedenti la liberazione di Vecchiano.
   Il rettangolino di carta con l'immagine sbiadita e rugginosa di un edificio basso e scrostato - che somiglia più a una falegnameria che a un ospedale - fa rimbombare alle orecchie di mia madre un colpo di cannone con il sibilo delle schegge che schizzano ovunque dopo aver colpito la torre campanaria, e le fa riudire l'acuto urlo, disperato di bambina, che lanciò quando un proiettile d'acciaio le trapassò la coscia sinistra. Subito dopo, stesa su di un carretto scricchiolante, con il sangue che usciva a fiotti e le zuppava la logora gonnelletta, fra i gridi delle vicine e il volto sfatto dalla paura di mamma Messinella, la condussero all'Ospedaletto.
   Ospedaletto, piccoletto piccoletto, quattro mura in croce, senza vetri alle finestre, ospedaletto zeppo zeppo di feriti, tutti più feriti degli altri nelle carni, ospedaletto che respingi fuori la povera Messinella, ahinoi moglie di un fascista, sotto il tettuccio da sempre usato per riparare barrocci. "Dove si sarà nascosto suo marito Vittorio, quel fascistone!". E le cure tardano ada rrivare e il sangue si è raggrumato fra glia ssi del carretto e la bambina, di nome Nada, è come svenuta e ripete con un filo di voce: mamma... mammaa... mammina... fa che non mi taglino la gamba. E dentro le mura altri feriti strepitano, le donne poi hanno i loro mariti a proteggerle, a intercedere; invece le due donne sotto al tettuccio, la donnina ferita sul carretto e quella più anziana, hanno l'uomo rimpiattato da qualche parte. "Gli americani i fascisti li fucileranno tutti!". Il medico arriva, ma sarà poi un medico?, o sarà un infermiere? L'uomo estrae la scheggia, suda abbondantemente, consola con parole risapute, sutura, cuce, ti è andata bene bimbina, la scheggia non ha tagliato vene, guarirai, su su è tutto finito. Sarà anche tutto finito, ma la ragazzina resta sopra un giaciglio approntato sul carretto, sotto al tettuccio, e la Messinella porta qualche coperta e dice: "Non aver paura, dentro c'è puzza, qualcuno muore, che grida, qui l'aria è pulita e si vedono le stelle". La ragazzina Nada annuisce, annuisce come ora che guarda la foto per un attimo e poi la respinge via da sé. "Mammina ma le stelle come faccio  avederle sotto a queste tavole?". La Messinella le carezza la testa ricciuta. "Te le faccio vedere, poi però cercherai di dormire". E la madre la spinge fuori col carrettino e le dice: "Lo vedi', è lo stellato e se la cannonata la sparavano ora, uan stella spariva". "Perché spariva mamma?", chiede la Nada. "Perché le stelle sono buone ma hanno paura delle cannonate sparate dai soldati, figurati sono tanto lontane eppure temono di essere colpite e così si nascondono", risponde la madre. La ragazzina, nei mesi seguenti, alal sera, starà attenta al cielo e farà il conto delle cannonate che fanno sparire i bottoncini lucenti; crede che simile al buco che ha nella gamba, un altro ce ne sia in cielo dove una stella è scomparsa per la cattiveria degli uomini.
   La ragazza che poi diventerà mia madre, quando sarò ammalato con l'influenza, mi racconterà tante storie e fra le tante la sua: e io mentre mi assopisco avvoltolato fra le coperte, odo il carretto scricchiolare... scricchiolare: e non posso far niente per difenderla dal dolore.
   La Nada non riceverà nessuna pensione, non è stata registrata come degente, era sotto al tettuccio, sopra al carrettino. Il medico si è dimenticato della ragazzina ferita alla gamba sinistra da una scheggia. "Capirete, tutti i feriti e gli infermieri e le suore mi cercavano in quei giorni, una baraonda, un caos, non è facile per me ricordare... e poi non me la sento di firmare fogli se non c'è una testimonianza scritta del ricovero".

                


Caro Antonio
   Ora conosci una storia che ha vorticato nella mia fantasia e che mi ha mosso a sentimenti di pena. La foto poi... quante volte l'ho tirata fuori, di nascosto, dall'album!
   Scrivere, salvare dall'oblio parti della vita dei genitori, piccole parti, è un po' come viverle, di nuovo, al loro posto; ma quanta vita degli altri, foss'anche quella di una madre o di un padre si può vivere con la letteratura? Queste domande mi fanno provare un'agitazione enorme che sono sicuro confina con la paura, ma ora è meglio cercare di dormire. Ti abbraccio.
                      
                                Tuo Claudio


La foto dell'Ospedaletto che ti mando è una copia. Sono troppo attaccato all'originale.



°°°
  

 NOTA

La mi’ mamma Nada che racconto  in questi giorni con Feuilleton paesano, e in passato con altre pubblicazioni su Tellusfoglio (“Musica per il cuore della Nada”; “Album per mia madre”; “Cardiodramma campagnolo”; anche inserita nelle Avventure del Golem e dei Mara Zap, in “Vele musicate per l’Altro”, ne “Il colore della foto dice tutto” ), sta anche in un libro di Feltrinelli (1997) dove scrivo ad uno scrittore che non c’è più, qui, sulla Terra, ma secondo me da cristiano, anche se lui non ci credeva, sta altrove. In una delle storie con fotografia raccontate e dirette a questo amico, c’è quella della Nada ferita da una scheggia nel 1944 prima della Liberazione del paese. La ripubblico. Per questo libro ho ricevuto offerte di ristampa da editori tra i più importanti in Italia. Non ho accettato. Il mio libro e lettere e ricordi stanno custoditi nel mio paese. Vecchiano. E lì resteranno. Nelle stanze dove s’aggira la Nada. Per chi lo merita la mia amicizia è per sempre. Applico ciò anche all’amore. Questo implica la custodia, la cura, il "racconto" ma quando è il momento adatto. CDS





         

domenica 15 aprile 2012

Claudio Di Scalzo - Nada Pardini: Cancello verde, ghiaino bianco. Feuilleton paesano 5

                                                                                                                                                                                                                                                                                                     
CDS: "Cancello verde, ghiaino bianco" - Alla Nada - 15.IV.2010

 
CANCELLO VERDE, GHIAINO BIANCO

Ti saluto qui al cancello che inventò Lalo fatto a scala che cancello non è nemmeno. Nel vialetto c’è il ghiano bianco. La Nada ha il dono dell’ironia… lo senti come scricchiola il ghiaino sotto ai piedi? E’ lo stesso che sta al cimitero. Se qualche volta torni e non mi trovi qui sul cancello… vieni laggiù… c’è lo stesso ghiaino. Ci si saluterà lo stesso in qualche modo. Pensa al pino laggiù tra i monti alti lì un ci sono a ombrello perché un cè il mare... pensa al pino e al futuro (riferimento al post precedente a questo: "La magnolia, il noce, il pino, la torre. Feuilleton paesano 4 “, NdC)... torna a fine maggio ho piantato la rosa che rampia... se il seme è adatto la troverai fiorita così ne senti il profumo se t’affacci alla finestra quando sei a disegnà nello stanzone... il dipinto ti verrà meglio… e poi me lo vendi e ti do i soldi per il parafango... ora vai Accio… figliolaccio… e non mi salutà a pugno chiuso… mi pà era una camicia nera e devo tenè di ‘onto anche di questo riordo oltre a quello di Lalo ch'era un Rosso… come te.
Claudio Di Scalzo - Nada Pardini



                         
°°°



             
Sabato 27 agosto 2011

Libertario Di Scalzo detto Lalo e figlio Claudio detto Accio - La filosofia del Cancello verde . I, II





 
                

sabato 14 aprile 2012

Claudio Di Scalzo - Nada Pardini: La magnolia, il noce, il pino, la torre. Feuilleton paesano 4

                   
                           
CDS: "Magnolia, Noce, Pino per la Nada" - 14.IV.2010




          

LA MAGNOLIA, IL NOCE, IL PINO, LA TORRE 

Parto da Vecchiano. Abbraccio la Nada. Nel vialetto di ghiaino bianco dove dalla porta di casa, in fila, stanno la magnolia, il noce, il pino.
   
Guardiamo in alto assieme il noce che sta rimettendo le foglie. Arabescano l’aurora.
 
-Te lò mai detto Claudio cosa sono questi tre alberi per me... no? forse lò pensato di dittelo a volte vado  sopra nello stanzone metto a posto qualche foglio che ài lasciato in giro e che non intendo se lo leggo allora guardo i colori dei disegni che hai fatto quelli li 'apisco ci vedo quello che mi pare a me se tu ne vendessi almeno uno potresti cambià il parafango crepato alla macchina  ma so chi somigli e un lo farai poi mi metto alla finestra da dove ti guardo in questi giorni da sotto che guardi l’alberi mi ci son messa e anchio ho tirato a me dei pensieri: due sempreverdi e uno che le foglie le perde nel mezzo. La magnolia è la ‘asa. Anche di chi c’è stato prima e ci starà dopo. Il noce siamo noi che si more. Che s’invecchia e si more. Si perde le foglie come l’anni. Il pino è il futuro: i miei nipoti i tu figlioli e quelli che avranno. Il verde non si perde. Le foglie son fini resistono al vento alla burrasca. Là in fondo cè la Torre del ducento. Quella è  la Storia che tu hai studiato nei libri e anche di chi ha scritto in essa belle parole che poi insegni. La storia anche delle parole dette che valgono conservalle. Anche quelle d’Antonino il tu amio di quand’eravate insieme  a Vecchiano e che è morto in una città lontana verranno ‘onservate e la su mamma mia amia la Riesa che mi fece partorì sarà contenta.
       
Lo vedi che non ciai una mamma zuccona perché anchio ho fatto uno scrittore che insegna ai giovani le parole importanti da tenere nella Torre.

                   
Tre alberi in un vialetto di casa... che a volte ho ricordato in altri scritti. Li disegnerò per ricordare questo colloquio con la Nada. Un tempo c’erano artisti che cercavano il segno anche ripetendolo fino a farlo diventare il loro segno. Ecco i tre alberi sono per me quello che per Fontana e Licini erano il taglio e la farfalla. Li ripeterò ancora. 

Claudio Di Scalzo - Nada Pardini



°°°