lunedì 26 marzo 2012

Claudio Di Scalzo: Antonio Tabucchi grande vecchianese è morto

               
                   
CDS. "Antonio Tabucchi" - 25.3.2012


                   


UN  GRANDE VECCHIANESE
 

Ieri è morto un grande vecchianese. Per me il figliolo di Adamo e della Riesa. Che ricordò mio padre Lalo in un suo scritto. Ha affrontato il male, un cancro, all'altezza dei suoi padri, da coraggioso. Era un uomo coraggioso, molto.
 Negli anni Novanta ho imparato tanto da lui quasi ogni giorno a Vecchiano, le migliori lezioni letterarie preparando fenomenali pastasciutte e litigando come si dice da noi  ”a torce nere”,  e poi in giro per la Toscana. Spesso a raggiungere in venti minuti lanciati sull’autostrada, dai Accio vediamo se sei all’altezza della fama d'uno che sfrisa i gardrail!, Livorno: per bere il Ponce alla livornese… o scollinare verso Arezzo per ammirare Piero della Francesca. E il giorno seguente leggere il racconto che ne era nato dal suo quadernetto. Stavo con lui anche in altre cene, non a Vecchiano, ma in Via Andegari, palazzo Feltrinelli, casa e bottega dell’editore. Pakistani in guanti bianchi servivano vini che valevano metà del mio stipendio d’insegnante. Me lo versai da solo togliendolo di mano al domestico. Fu un gesto troppo “ugualitarista”, non eravamo più ai tempi di Babeuf, tra tanti antiberlusconiani dentro una scelta scala sociale. Non fui più invitato. Non fu una grande perdita. C’erano scrittori a tavola che erano l’equivalente delle veline, ai miei occhi non erano credibili anche se il giorno dopo avrebbero scritto su Repubblica. Antonio Tabucchi lo sapeva. Però il mio “estremismo etico tra un francescano e un monello senza sterzo” lo irritava. Ma su questo avevo ragione io: Berlusconi è inciampato perché l’ha deciso un capitalismo più forte del suo non per le battaglie in TV da Santoro.  Nobili, certo, ma inutili. La TV, il sistema dello spettacolo, usa tutti. Anche chi ha scritto “Il gioco del rovescio”.
   
Un tempo scrissi a lui indirizzate un libro di lettere e fotografie. Un libro che ho caro: c’è la mia biografia e la sua biografia in un piccolo paese che va verso il mare: Vecchiano, dove siamo nati entrambi. I suoi libri di racconti e romanzi resteranno nella letteratura italiana ed europea perché in essi appare oltre a Pessoa e ogni scelta narratologica postmoderna... proprio quello che non amava rivelare, la crudeltà smagata sulla vita che gli veniva perché figlio di un fenomenale barista e di un’ostetrica che arrivava in bicicletta negli anni Cinquanta a far partorire le più "belle passere" del paese. Questo posso scriverlo perché sono uno strapaesano telematico. Lui questa linfa non la riconosceva adatta. Litigammo per questo. E la nostra amicizia, da vicino, finì.
Se ha scelto di riposare a Vecchiano, nel piccolo cimitero sulla strada che porta a via della Barra e al lago di Massaciuccoli-Puccini, gli porterò un garofano rosso. Lo faccio già per mio padre. Ne avrò tra le mani due.

Claudio Di Scalzo detto Accio