sabato 27 agosto 2011

Libertario Di Scalzo detto Lalo e Figlio detto Accio: La filosofia del cancello verde. II

    

Libertario detto Lalo e Claudio detto Accio - 17 luglio 2011



CARI LADRI QUI SOLDI NON CI SONO…


Cari ladri… in questa casa di soldi non ce ne sono. La porta è aperta. Come lo è il cancello verde fatto a scala. Se avete fame nella dispensa c’è pane fresco e salame. Se siete mussulmani c’è una forma di pecorino. Il vino bianco è in frigorifero e sul tavolo quello rosso. La frutta sulla tovaglia, senza veleni, è del mio campo alla Barra. Nella stanza accanto ci sono i libri del mio figliolo, Accio. Se vi piace leggere prendete quelli che volete tanto lui li ha già letti. E’ un compagno come me e quanto prendete potete tenerlo.
Non mi svegliate andando via perché domattina presto vado col camion a caricare la paglia in San Rossore. Col fresco si lavora meglio. Saluti”.

Questo cartello sulla porta di casa lo mise mio padre Lalo. La versione che so io. Altre me ne hanno raccontate. Prendeva in giro la paura negli anni novanta dei ladri, tutti albanesi o slavi o zingari secondo la vulgata del sospetto contro i diversi. Ma scherzava anche con la Nada per niente rassicurata da un cancello verde così facile da scalare. Mi ricordava con affetto per i libri letti e come compagno. Questo vale molto per me. E’ una prosa umoristica che traspare il suo anarchismo umanista. Oggi, diciassette luglio 2011, una storia orale incontra la mia trascrizione scritta on line. Per questo siamo assieme davanti al cancello in camicia bianca e lineamenti consegnati all’ombra dell’essere, io e lui, due sconfitti. Nei tempi che corrono. Nelle avventure che ci riguardarono. Dove molto perdemmo inventando la “filosofia del cancello verde”.


Libertario Di Scalzo detto Lalo e Figlio Claudio detto Accio

17 luglio 2011





Libertario Di Scalzo detto Lalo e Figlio Claudio detto Accio: La filosofia del cancello verde. I

       

                                        Libertario detto Lalo e Claudio detto Accio - 17 luglio 2011




LA FILOSOFIA DEL CANCELLO VERDE, I


Le filosofie di vita sono tante. Da quelle esistenzialistiche alla Sartre a quelle del fornaio del giorno per giorno lievitate la notte. La mia è “La filosofia del cancello verde”. E l’ho elaborata in un racconto con foto, di mio padre Libertario Di Scalzo detto Lalo, il 17 luglio 2011. Come sia possibile che mio padre morto il 12 giugno 1995, possa stare in questa estate in posa davanti al suo cancello, non so dirlo, ma essendo un’ombra forse ciò è possibile con le risorse dell’avanti e indietro della letteratura.

Mio padre dopo le ripetute insistenze della Nada - che in questi giorni mi ha dato la sua versione sul cancello, ricavandone lietezza per il suo cuore medicalizzato in visite mediche che tanta ansia le danno - si decise a mettere un cancello davanti a casa. Per dare alla moglie una maggiore sicurezza con la chiave la sera sul mobiletto d’ingresso. Visto che lui, giocatore di carte, tornava parecchio tardi. “Ma lo faccio io il cancello e a modo mio”, esclamò Lalo. Mia madre era perplessa, paventò un disastro nelle saldature, però mio padre fu irremovibile. S’inventava saldatore e fabbro. “Un camionista come me sa fare tutto”, disse. “E muro anche le colonnine su cui poggiarlo”. Aggiunse spavaldo. Mia madre lo lasciò combinare quello che voleva. “Il cavallo matto di razza va fatto correre come vuole”. Proverbio che poi mi è stato trasmesso in eredità. Dalla Nada: dal marito al figlio. In più la larghezza da coprire con un cancello era ampia. Perché lì ci passava il camion OM 42 che veniva parcheggiato nel fienile sul fondo della viottola. Dove ora, nella foto, si vede un ombrellone e una porta dopo il pino il noce e la magnolia. La casa abitabile un tempo era più piccola essendoci a lato il fienile dove il camion riposava i carburatori. E la mia licenza elementare non fu, a dieci anni, prendere un foglio di carta, ma saper parcheggiare dalla strada, entrando, il camion OM 42, al volante. Con Lalo che si divertiva a guidarmi lungo le ruote, dicendomi: spostati a mare, Accio, spostati a monte, per dirmi vai a destra vai a sinistra. Se è così che si diventa anche artisti so chi ringraziare.

Lalo lavorò tanti giorni con grande lena, saldò anche senza occhiali scuri un paio di volte, facendosi diventare gli occhi rossi come una bestia sotto il sole estivo. E colorandolo verde perché “l’erba a primavera rinasce di questo colore e non muore mai” completò il cancello, e la sua teoria di fabbro e camionista libertario. Creando naturalmente malumore e litigi con la Nada per niente rassicurata.

“Il cancello ha barre orizzontali. Come una scala. Il verticale non mi piace. Se anche il cancello è chiuso chi vuol venire a trovarmi, ci sale con facilità, e salta dall’altra parte. Mi chiama ed entra. La tavola è apparecchiata. Io stesso se torno tardi dal bar della piazza, se è chiuso, perché te Nada vuoi stare serrata, ci monto sopra, abbacco, e vado di là. Dei ladri non preoccuparti, un cancello così gli fa capire che trippa per i gatti in casa non ce n’è”. Il mi’ babbo, aveva inventato il “cancello che cancello non era”. Per questo sta fotografato con me in nera ombra sabbiosa e camicia bianca davanti alla sua opera che è anche la mia. Siamo fotografati il 17 luglio 2011. In un giorno che ricorderemo, perché quel giorno è accaduto qualcosa che va contro la nostra “filosofia del cancello”. Non mi ci dilungo: è un mistero difficile da spiegare, essendoci di mezzo l’amore diventato odio. Diciamo che una presenza, varcato il cancello verde, ha raggiunto la tavola imbandita rovesciando pietanze e stoviglie e a certi scritti ha “comandato”, imposto, il Nulla. La distruzione. E’ un altro racconto. Ne accenno la trama in rapporto al cancello tramandato di padre in figlio. Un gesto da Medea, Medea T. Vir, verso Giasone-Accio.

Il mio aggiornamento della “Filosofia del cancello” è la seguente. Da un decennio e più sto sul Web. Qui pubblico e disegno. Ho un weblog  come Tellusfoglio, e una rivista come L'Olandese Volante. Qui come con il “Cancello verde” di mio padre, si può entrare in qualsiasi momento e sono in casa ad accogliere chi viene. Dando loro tutto quello che ho. Anche se è poco. E come i ladri non avrebbero trovato soldi e i gatti trippa entrando, così nei miei Weblog e nella nave dell’Olandese Volante, non ci sono titoli per far carriera o galloni per qualsiasi gerarchia di miserando potere. Per comandare. C’è la tavola imbandita, quella sì, sempre, per gli amici per le amiche, per i passeggeri, per chi vuole stare in compagnia, e qui vige il motto, che mio padre, Libertario detto Lalo, voleva scrivere sul cancello, e che poi la Nada la vinse, facendolo desistere, perché un cancello non è un manifesto politico. Aveva ragione. Era ed è, una filosofia di vita. Che io, Accio, ho ereditato. “Né comandare, né essere comandati. Anarchia”.

Libertario Di Scalzo detto Lalo e Figlio Claudio detto Accio
17 luglio 2011